In considerazione della "caduta della frontiera" fra Italia e Slovenia, con la voluta e consapevole dimenticanza del massacro e la cacciata degli Italiani dalla Dalmazia, l'Istria e quasi tutta la Venezia-Giulio, può essere utile portare qualche considerazione sull'italianità del territorio giuliano.
A) Alcuni hanno preteso negare l’italianità della Venezia Giulia, compresa fra l’Isonzo e lo spartiacque alpino, considerando come, nel 1918, tale regione avesse una maggioranza di lingua slovena ed una minoranza italiana.
La questione proposta è interessante, ma, per la sua considerazione, richiede un approccio duplice. Da una parte, si deve naturalmente considerare la storia, la quale, sebbene non sia certo una scienza esatta, pure può pervenire a risultati di ragionevole certezza e sostanziale obiettività. Dall’altra, all’esame propriamente storico si deve aggiungere, inevitabilmente, visto il quesito posto, un altro di natura politica, il quale per sua natura non può che essere soggettivo.
B) La storia dell’italianità della Venezia Giulia si può dire avere origine con l’insediamento dei Veneti, una delle numerose stirpe che poi confluirono nel crogiuolo di Roma, attorno al 2000-1500 a.C. Volando a grandi tappe, la sua conquista da parte dei Romani avviene nel II secolo a.C. I Romani fondarono numerose città tra cui Tergeste (Trieste), Tarsatica (Fiume), Pietas Julia (Pola), ed altre ancora. Nel 27 a.C. l’Italia fu divisa in undici regioni e la Venezia Giulia venne a far parte della “Decima Regio – Venetia et Histria”, fino al fiume Arsa. La Dalmazia invece divenne provincia senatoriale. Tale distinzione, che comportava non solo la divisione amministrativa, ma altresì la concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Italia continentale, attesta in modo indubbio come anche la Venetia-Histria fosse latinizzata, stante il fatto che i Romani erano soliti concedere la cittadinanza solo a coloro che avessero assorbito la cultura latina, il mos maiorum e si sentissero membri di Roma. Trattare anche solo per sommi capi un simile argomento è qui davvero impossibile, e d’altronde del tutto superfluo, poiché sfonderebbe, come si suol dire, una porta aperta. Perciò è preferibile tralasciare di parlare della latinizzazione dell’Italia (certo, fenomeno complesso e che non preclude la sopravvivenza delle culture anteriori a quella romana), di Cicerone incola Urbi, di Catullo, Virgilio, Tacito probabili discendenti diretti od indiretti dei Galli cisalpini, della patavinitas di Livio, del discorso di Claudio sulla concessione della cittadinanza ai Galli provenzali, dell’editto di Caracalla, dell “cosmopolismo universale romano” di cui parlava Ernesto Sestan, degli studi d’uno storico del calibro di Santo Mazzarino sull’assimilazione delle diversissime e molteplici popolazioni dell’impero alla romanità, i problemi posti da due altri giganti della storiografia come Rostovzev e Toynbee, della sentenza di Rutilio Namaziano riferita a Roma: orbis totius fecit urbs. Resta un punto fermo, ovvero che, già sotto Virgilio, si può parlare d’una Italia che si sente “romana” e “latina”, fermo restando le diversità regionali, tanto che a tutti i suoi abitatori è riconosciuta la condizione di cives Romani. I confini dell’Italia augustea coincidono in pratica con quelli geografici della penisola continentale, comprendendo quindi anche la Venetia-Histria.
Si noti inoltre come la regione illirica conobbe nei secoli seguenti ad Ottaviano una profonda romanizzazione, non diversamente da altre regioni dell’impero, tanto da essere culla d’origine della dinastia detta degli imperatori appunto illirici, nonché da risultare contesa, al momento della separazione della pars Occidentis dalla pars Orientis di Roma, fra le corti di Ravenna e Costantinopoli, venendo rivendicata dalla prima proprio per la sua profonda latinizzazione, ciò che la differenziava dalle terre governate dalla seconda, le quali, pur eredi anch’esse della civiltà dell’Urbe, anzitutto sotto l’aspetto giuridico e statale, pure si presentavano con ben maggior forza che non quelle occidentali continuatrici della grecità e dell’ellenismo.
Insomma, la Venetia-Histria romana, ovvero la Venezia-Giulia italiana, era sotto il dominio politico di Roma sin dal II a.C., e risultava ormai latinizzata sotto Augusto. Inoltre, al momento del declino delle sorti del grande impero, anche l’Illiria antistante ad oriente l’Italia risultava profondamente romanizzata.
C) In seguito al tracollo dell’impero romano d’Occidente, anche la Venezia-Giulia, come le altre regioni italiane, si trova coinvolta nelle complesse vicende del periodo, cadendo prima sotto il dominio ostrogoto, poi ritornando a Roma, seppure la Roma d’Oriente, poi passando sotto il dominio longobardo, quindi franco. Tuttavia, simili invasioni non modificano, nel complesso, il sempre prevalente substrato italico e latino della penisola, né quello della Venezia-Giulia.[1]
La prima comparsa di slavi nelle terre orientali d’Italia data alla fine del secolo VI, inizio del VII, in sostanza quando per la prima volta questo popolo compare nella zona danubiana e balcanica. Tuttavia, le terre al di qua dello spartiacque alpino orientale conservano ancora una maggioranza italica. D’altronde, cessato il dominio franco, la zona della Venezia-Giulia si costituisce in dominio autonomo (948), dapprima sotto la sovranità del vescovo di Trieste, italiano e presule d’una città italiana, poi, dal secolo XII, in comune autonomo triestino, che esercita sovranità anche sull’entroterra. Il fatto stesso che la diocesi triestina rientri nel novero di quelle d’Italia è molto significativo, in quanto la chiesa cattolica, ovvero la chiesa latina, è importantissimo veicolo di conservazione e trasmissione della romanità e latinità per tutto il Medioevo, tanto che, fatto ben noto agli storici del Medioevo, la competizione fra Europa occidentale e “Bisanzio”, ovvero impero romano detto d’Oriente, s’esercita anche nello sforzo d’estendere la propria influenza culturale per il tramite delle istituzioni ecclesiastiche in territori contesi, ciò che ha fatto parlare, per esempio, ad Ostrokorski di “Commonwealth bizantino delle nazioni”. In altri termini, dalla caduta di Roma sino al secolo XIV, come si vedrà fra poco, la Venezia-Giulia è a maggioranza italiana come popolazione, ed è altresì culturalmente italiana, mentre politicamente condivide le sorti dell’Italia settentrionale, non certo della Pannonia.
D) Questo stato di cose si modifica soltanto in epoca relativamente recente. Le grandi epidemie di peste di metà Trecento sterminano la popolazione dell’Istria e della Venezia giuliana, il che favorisce nelle campagne l’immissione di Slavi che fuggivano all’interno della penisola balcanica di fronte alla minaccia turca. Per la prima volta, la presenza slava diviene davvero significativa ed anzi, in alcune regioni, maggioritaria. Insomma, la slavizzazione di questa regione incomincia realmente soltanto dopo il 1348-1349. Inoltre, nel 1382 il comune di Trieste si sottomette agli Asburgo.
Le città rimangono però popolate soprattutto da italiani, prevalenti anche nell’Istria costiera (dominio veneziano) e presenti anche nell’entroterra. Inoltre, l’economia e la cultura della regione sono anzitutto italiane.
E) Quanto detto sopra risulta decisamente semplicistico e grossolano, ma, suppongo, nelle sue grandi linee corrispondente al vero. Ciò premesso, si può ora cercare di rispondere alla domanda sulla italianità della Venezia Giulia nel 1918, tralasciando il lungo contenzioso con l’Austria, i decreti anti-italiani Hohenhole, le deportazioni e violenze avvenute contro civili italiani durante la Grande Guerra ecc.. Se s’intende per appartenenza all’Italia la prevalenza numerica di popolazione di lingua e cultura italiane, la risposta deve essere negativa, ma si noti come la superiorità quantitativa degli slavi era, nel 1918, di stretta misura. Se invece si pone il quesito in una prospettiva storica più ampia, risalta come il popolamento slavo inizi solo nel VII secolo, per divenire poi maggioritario (ma solo nelle zone rurali) attorno al secolo XIV, laddove la presenza dei Veneti e dei loro discendenti risulta ininterrotta dal II millennio avanti Cristo, mentre la romanità è presente dal II secolo a.C. In altri termini, il popolamento slavo della regione risulta, rispetto a quello italico e romano, ovvero poi propriamente italiano, assai più recente. Inoltre, anche se a partire dalla grande epidemia del 1348-1349 i territori giuliani sono divenuti in prevalenza sloveni, si deve ribadire come le città sono rimaste, per lo più, sempre a maggioranza italiana, cosicché la Venezia-Giulia, dal secolo XIV sino al 1918, è stata regione retta politicamente da Vienna, popolata soprattutto da slavi, ma economicamente e culturalmente anzitutto italiana. Ad esempio, le popolazioni del contado, slovene, conoscevano l’italiano come seconda lingua, mentre tale bilinguismo, in generale, non si ritrovava nelle zone urbane, di solito italiane. L’intellettualità di questa regione si è nel complesso sentita italiana ovvero si è mossa nell’alveo della cultura italiana: basti ricordare il celebre esempio di Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitt, e del più grande germanista italiano, decisamente patriota, Ladislao Mittner.
Inoltre, considerando il fatto che in tutta l’area non esisteva una linea di demarcazione precisa fra italiani e sloveni, largamente mescolati fra loro già prima del 1918 (con minoranze slovene in Italia, e minoranze italiane in piena Slovenia e Croazia, al di là della Alpi), mentre si dava una lunga storia comune della Venezia-Giulia, che dalla fine della presenza romano-orientale sino alla conquista asburgica fu indipendente e retta dal governo del vescovo di Trieste, sarebbe stato irragionevole volerla spezzare in due.
A voler tirar le somme, si può dire che:
1) la Venezia-Giulia appartiene geograficamente all’Italia
2) i Veneti, ovvero i loro discendenti, vivono nella zona dal II millennio a.C.
3) era regione romanizzata già sotto Augusto, e rimase tale in modo quasi omogeneo almeno sino al VII secolo d.C.
4) dal secolo IX sino al XIII Trieste e l’entroterra sono autonomi, posti sotto la sovranità del vescovo triestino, italiano e di città italiana ab imo sino ad oggi.
5) la popolazione del contado inizia a divenire maggioritaria nelle campagne solo dopo il 1348-1349, ma le zone urbane rimangono a prevalenza italiana. E’ però quasi impossibile trovare parti della regione che non vedano vivere assieme slavi ed italiani, mentre la superiorità numerica slovena è di scarsa misura.
6) l’economia e la cultura della regione sono sempre state dominate dagli italiani
Come si può evincere, eccezion fatto per la superiorità numerica slava, d’altronde non estesa all’intera regione e complessivamente di scarso rilievo, tutte gli altri metri di giudizio qui adoperati testimoniano a favore dell’italianità della Venezia-Giulia nel 1918, prima del massacro e della cacciata degli italiani dalla Dalmazia e dalla Venezia-Giulia stessa, in cui vivevano si può dire da oltre 2000 anni.[2]
Il sottoscritto ha intenzionalmente evitato di trattare dei contrasti politici e militari fra italiani e slavi a partire dal 1918 e proseguiti sino alle foibe ed al tradimento del PCI, che favorì in ogni modo la conquista titina, sia perché sono ben conosciuti, sia perché, in ogni caso, non inficiano (a parer mio) i diritti storici dell’Italia su quelle terre. Mi limiterò ad osservare come la politica fascista verso i cittadini italiani d’etnia slava non ha mai ricercato la loro cacciata, ed ancor meno il loro sterminio. Inoltre, chi scrive non ha voluto considerare l'italianità della Dalmazia, su cui, magari, si potrà tornare in seguito.
Riassumendo ciò che si è scritto in precedenza, credo si possa concludere con ragionevole certezza sull'italianità della quasi totalmente perduta regione della Venezia-Giulia.
[1] Anche qui, è superfluo voler fornire una bibliografia. Se si vuole avere conferma di ciò, basti consultare S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni fra Antichità e Medioevo, Roma 1997, e bibliografia annessa.
[2] Quando bisognò fissare le frontiere fra Jugoslavia ed Austria, gli abitanti della Carinzia slovena, in prevalenza slavi, votarono a favore dell’unione con Vienna. Il principio di non spezzare l’unità storica d’una regione, mutatis mutandis, avrebbe dovuto essere applicato al caso della Venezia Giulia, su cui l’Italia aveva ben altri diritti storici che l’Austria sulle perdute terre carinziane.
martedì 1 gennaio 2008
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6 commenti:
Ho messo a sinistra il link del Legno, perché tu abbia a portata di mano i commenti al pezzo che hai postato anche qui.
Spero che Pierluigi arrivi presto con noi.
Buon proseguimento d'anno.
Ambra
Cara Ambra,
grazie di cuore, Tu sei sempre d'una gentilezza squisita.
Anch'io spero che Pierluigi arrivi presto su questo salotto informatico: sarà un'acquisizione sicuramente migliore del sottoscritto!
Buon proseguimento d'anno
Marco Giulio
Garo Marco, sei troppo modesto. Io sono fiera di averti qui e ti cerco altra compagnia all'altezza.
Con affetto Ambra
Dunque a suo dire, il signor De Turris ci viene a raccontare che "i Veneti, ovvero i loro discendenti vivono nella zona (Venezia Giulia) dal 2° millennio a.Ch.".
Potrebbe chiarire meglio quello stanziamento fatto risalire al 2° millennio a.Ch.? Grazie. Adalberto cittadino del mondo.
..e per meglio indirizzarla a quanto amichevolmente le contesto ripeto qui integralmente quanto ha sostenuto in testata:
"La storia della ITALIANITA' della Venezia Giulia si può dire AVERE ORIGINE con l'insediamento dei VENETI una delle numerose stirpi che poi CONFLUIRONO NEL CROGIUOLO DI ROMA, attorno al 2000-1500 a. Ch:".
E' sicuro che questa da lei asserita ..."ITALIANITA'" possa essere ascritta a quelle tribù HENETE risalite nella V.G. circa 2000 anni a.Ch. dalla Paflagonia, una regione della odierna Turchia che si affaccia sul Mar Nero non lontano dall'antica Trebisonda?
O a quali....veneti vuol riferirsi con precisi dati alla mano?
Un cordiale saluto da Adalberto
In merito a questo argomento introdotto dal signor De Turris, mi si consenta di indirizzare l'eventuale interesse dei lettori
al link avente lo stesso titolo e segnalato qui a margine come "importante", il quale riproduce gentilmente "il seguito" desunto dal sito "Legno Storto"
Adalberto
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