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sabato 9 aprile 2011

QUESTO FA L'ITALIA (click)


Sviluppo, crescita e collaborazione tra Italia e Afghanistan

9/4/2011
HERAT - Sviluppo, crescita e collaborazione tra Italia e Afghanistan. Per quattro giorni il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, sarà in Afghanistan per "portare occasioni concrete di sviluppo e di crescita e rafforzare le opportunità di collaborazione con l’Italia". E’ questo lo scopo principale della missione, che si svolgerà tra Herat e Kabul fino a martedì 12 aprile. Herat sta mostrando i risultati degli sforzi di Isaf, nel portare tra la popolazione la speranza di una possibile vita "normale". Ne siamo stati testimoni, in due giorni di visita "turistica" nella città, accolti dalla gente con sorrisi, strette di mano e parole di apprezzamento per gli Italiani.
Siamo stati in giro ovunque, nella città vecchia e in quella più moderna, tra negozi, musei, ristoranti, feste tradizionali.
Con una guida che parlava italiano e senza scorta. Come qualsiasi turista... continua la lettura su www.cybernaua.it

mercoledì 6 aprile 2011

DA UN SOLDATO AI NOSTRI SOLDATI (click)

Petraeus ringrazia la Julia e accoglie la Folgore

Il generale americano sottolinea l’impegno dei soldati italiani in Afghanistan

Articolo pubblicato il: 2011-04-05

HERAT - «Grazie mille» dice in italiano il generale David Petraeus, numero uno della missione Isaf in Afghanistan, rivolto ai militari schierati nella grande base assolata di Camp Arena, ad Herat.
Ieri è giorno di passaggio di consegne: dopo sei mesi tornano a casa gli alpini della Julia, arrivano i parà della Folgore e Petraeus non è voluto mancare (una presenza non dovuta, la sua) per dire «mille grazie», appunto, «al popolo italiano e soprattutto a questi soldati che hanno svolto con serenità un grandissimo e ottimo lavoro. È grazie al loro sforzo che è stato possibile includere la città di Herat fra le sette aree che dal mese di luglio verranno formalmente riconsegnate alle autorità afghane». Il ministro della Difesa, Ignazio la Russa, seduto a fianco del generalissimo Usa, gongola. La “transizione” della responsabilità dalla Nato alle autorità afghane parte proprio da Herat «e questo - dice, girando i complimenti ai diretti destinatari - è un tangibile riconoscimento delle capacità del nostro contingente e della qualità del lavoro svolto dalla coalizione a comando italiano nell’ovest del Paese». Herat agli afghani è dunque «un importantissimo risultato», ma è anche «solo l’inizio di una nuova fase. Che non sarà semplice», avverte La Russa (ieri in maglione e pantaloni sportivi, «senza mimetica, sennò dicono che sono un guerrafondaio»). «Sappiamo che potranno esservi pericoli nuovi e crescenti, perfino maggiori degli anni precedenti, perché per la prima volta abbiamo preso e andremo a mantenere posizioni dove solo pochi mesi fa c’erano soltanto “insurgent”, terroristi e talebani. Tuttavia sappiamo che è un compito che dobbiamo svolgere per poter avere la certezza, o almeno la fondata speranza, di completare nei tempi previsti la missione cui siamo chiamati, per poter avere la coscienza a posto». Di sicuro, «la transizione richiederà ancora impegno e sforzi». Per quanto tempo? «Dipende dai risultati conseguiti sul campo», risponde La Russa, che però azzarda: «Se si continua con il ritmo attuale è realistico che la riconsegna di tutto l’Afghanistan agli afghani possa avvenire entro il 2014, quando il contingente internazionale potrebbe occuparsi solo di addestramento». Ci sarà anche l’Italia in quest’ultima fase? «Certo, ritengo di sì, anche perché in questo campo siamo i migliori - osserva il ministro - ma si tratterebbe di un impegno molto minore di quello attuale: 2-300 uomini non rappresentano un peso» se si considera che oggi il contingente è a quota 4.200, il livello massimo mai raggiunto.

giovedì 17 marzo 2011

PER I NOSTRI EROI

Una preghiera per i morti, affinché proteggano i vivi.

venerdì 11 marzo 2011

CHE DIO SIA CON TE E LA TUA FAMIGLIA. (click)



È scampato alla guerra, lo salvi l’Italia

In Afghanistan il caporale Luca Barisonzi fu centrato da una raffica alla schiena, un suo commilitone morì. Adesso è ricoverato al Niguarda di Milano. Resterà paralizzato e ha bisogno di aiuti concreti per vivere

martedì 1 marzo 2011

IN MEMORIA DEI NOSTRI EROI

lunedì 28 febbraio 2011

ANCORA DOLORE E MORTE (click)



Una prece per il Tenente Massimo Ranzani e tanti amorosi auguri per i quattro Commilitoni feriti.

sabato 26 febbraio 2011

CHE DIO VI ACCOMPAGNI (click)



AFGHANISTAN
Livorno, nuova missione 'Folgore'

lunedì 14 febbraio 2011

AFGHANISTAN: INAUGURATA CON GLI ALPINI SCUOLA FEMMINILE NEL GULISTAN (click)

La vita dei nostri Soldati è stata sacrificata anche per queszto.

martedì 18 gennaio 2011

"Ucciso da un terrorista in divisa"(click)



Caporalmaggiore Luca Sanna.
Una preghiera per Te.

domenica 2 gennaio 2011

Hai visto nonno? Anch’io adesso sono diventato un alpino Proprio come te

Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattutto a nome di tutti noi militari in missione, chi ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pensiero solo in tristi occasioni come quando il tricolore avvolge quattro alpini morti facendo il loro dovere.
Corrono giorni in cui identità e valori sembrano superati, soffocati da una realtà che ci nega il tempo per pensare a cosa siamo, da dove veniamo, a cosa apparteniamo...
Questi popoli di terre sventurate, dove spadroneggia la corruzione, dove a comandare non sono solo i governanti ma anche ancora i capi clan, questi popoli hanno saputo conservare le loro radici dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case: invano. L'essenza del popolo afghano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora riesci a capire che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi.
Come ogni giorno partiamo per una pattuglia. Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito scaramantico, segni della croce... Nel mezzo blindo, all'interno, non una parola. Solo la radio che ci aggiorna su possibili insurgents avvistati, su possibili zone per imboscate, nient'altro nell'aria... Consapevoli che il suolo afghano è cosparso di ordigni artigianali pronti ad esplodere al passaggio delle sei tonnellate del nostro Lince.
Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio...
Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame...
Li guardi: sono scalzi, con addosso qualche straccio che a occhio ha già vestito più di qualche fratello o sorella... Dei loro padri e delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio, il nostro villaggio, è un via vai di bambini che hanno tutta l'aria di non essere li per giocare...
Non sono li a caso, hanno quattro, cinque anni, i più grandi massimo dieci e con loro un mucchio di sterpaglie. Poi guardi bene, sotto le sterpaglie c'è un asinello, stracarico, porta con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fratelli maggiori , si intenda non più che quattordicenni, con un gregge che lascia sbigottiti anche i nostri alpini sardi, gente che di capre e pecore ne sa qualcosa...
Dietro le finestre delle capanne di fango e fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli daresti sessanta settanta anni poi scopri che ne ha massimo trenta... Delle donne neanche l'ombra, quelle poche che tardano a rientrare al nostro arrivo al villaggio indossano il burqa integrale: ci saranno quaranta gradi all'ombra...
Quel poco che abbiamo con noi lo lasciamo qui. Ognuno prima di uscire per una pattuglia sa che deve riempire bene le proprie tasche e il mezzo con acqua e viveri: non serviranno certo a noi... Che dicano poi che noi alpini siamo cambiati...
Mi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerra: “brutta cosa bocia, beato ti che non te la vedarè mai...” Ed eccomi qua, valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi, ti direi “visto ,nonno, che te te si sbaià...”
Caporal Maggiore - Valle del Gulistan, novembre 2010

sabato 1 gennaio 2011

Caporal Maggiiore Matteo Miotto - Alpino


Ciao ragazzo, saluta per me i fratelli che ti hanno preceduto e continua con loro a proteggerci anche di lassù. Ambra

venerdì 17 settembre 2010

PER TE ALESSANDRO ROMANI DAL FRATELLO DAGOBERTO



Ambra vi ricorda e vi ricorderà sempre

sabato 11 settembre 2010

11 SETTEMBRE 2010



Ciao Battistad, in nome tuo un ricordo e una preghera per tutti. Ambra

martedì 7 settembre 2010

Sorpresa, l’Italia sta vincendo in Afghanistan (click)


I soldati italiani applicano la strategia americana e la dottrina Petraeus con un pizzico di fantasia nostrana. Nella provincia di Farah, dove un tempo era rischioso circolare, ora gli alpini dormono nei villaggi con i locali

giovedì 19 agosto 2010

Sonata al chiaro di luna per Fracesco Cossiga



Che dici, Dago, possiamo dedicarla a Cossiga questa tua musica, vero ?

martedì 10 agosto 2010

Silvia Guberti, il tenente con il velo che parla con le donne afghane (click)


Un team di donne, tutto italiano, lavora a Herat tra botteghe artigiane e mercatini. L'ufficiale, 28 anni, ha scelto di indossare il copricapo per facilitare il rapporto con la popolazione femminile locale. Una mossa che è risultata vincente

venerdì 30 luglio 2010

ALTRI EROI PER CUI PREGARE. (click)




L'esplosione Il primo maresciallo Mauro Gigli, del 32° reggimento Genio Guastatori di Torino, e il caporal maggiore capo Pier Davide De Cillis, del 21° reggimento Genio Guastatori di Caserta, hanno perso la vita mercoledì quando un ordigno è esploso dopo che ne avevano appena neutralizzato un altro, la cui presenza in un villaggio a pochi chilometri da Herat era stata segnalata dalla polizia afghana. Nell’esplosione sono rimasti feriti anche un poliziotto afghano e un capitano italiano, Federica Luciani, le cui condizioni non destano preoccupazione e che ha chiesto espressamente di non fare rientro in Italia.

venerdì 25 giugno 2010

Un Giglio nei cieli di Herat (click)



NOLA - Si può pensare alla festa anche a migliaia di chilometri ad est della penisola. Tra deserti, coltivazioni d’oppio e talebani. Herat, Afghanistan: un nolano in missione di pace racconta il difficile incontro tra un paese in guerra ed una città in festa. Un incontro che avviene però solo nel suo cuore, perché in questi giorni, mentre si avvicina la data della ballata, Enzo Spampanato è ancora ad Herat a svolgere la propria missione. Spampanato fa parte del task group dell’aeronautica militare italiana, i Black Cats. I “gatti neri” sono i piloti degli aerei Amx, chiamati a portare a termine numerose missioni operative sulla porzione di territorio sotto competenza italiana. Il personale navigante e specialista proviene dai Gruppi di volo dell’Aeronautica Militare che hanno in dotazione il velivolo AM-X: il 132° e 103° Gruppo del 51° Stormo di Istrana (Treviso) ed il 13° e 101° Gruppo del 32° Stormo di Amendola (Foggia). Tra loro il nolano Enzo Spampanato, impegnato coi colleghi in una pericolosa missione di pace, ma con un pensiero sempre fisso per Nola e per l’appuntamento del 27 giugno. “Mentre gli aerei si involano- racconta Spampanato- i miei pensieri vanno a Nola, penso alla festa che è iniziata e impazza per la città, sento le musiche, le voci dei miei amici e i ricordi ritornano alla mente; lo sparo dei fuochi d’artificio all’alzata della borda, la prima alzata del giglio spogliato per assestarlo, la vestizione, il comitato, la ballata dei gigli in piazza, girata delle carceri, vico Piciocchi”. Mentre a terra la guerriglia non dà pace alle forze di pace, mentre le mine anti-uomo funestano di perdite i convogli di “portatori” di pace, e la democrazia invocata sembra fare ancora a pugni con la capillare presenza talebana, sui cieli di Herat, nei sogni di Enzo, svettano obelischi in cartapesta.”Rivivo tutto ciò con immensa emozione- dice il pilota nolano- fino a quando il rumore assordante degli aerei che rientrano mi riporta alla realtà e mi rendo conto che è solo un sogno, un meraviglioso sogno”. Per Spampanato è durissima lasciare a casa la famiglia, i figli, le abitudini, ma quelle sono nostalgie quotidiane ed inattaccabili. Ora vuole raccontarci un punto di vista particolare, quello del nolano che vive la sua festa da un altro paese, un po’ da un altro mondo: “Sono qui a 4.200 Km di distanza e per noi nolani stare lontani per la festa è durissimo; ma i volti tristi dei bambini e le fatiche degli uomini Afghani, che incontro ogni giorno, mi danno la forza e l’orgoglio di essere presente, con il mio contributo, alla ricostruzione della pace in questa terra martoriata”. Alla festa ci pensa, e ne augura una “felicissima a tutti i miei concittadini, ai quali do appuntamento per quella del 2011”. “W Nola, W la Festa dei Gigli e W San Paolino” conclude Enzo. Al quale verrebbe da rispondere: W tutti voi lì ad Herat. Nolani e non.
di Bianca Bianco 25/06/2010
Anno III Numero 175

domenica 30 maggio 2010

sabato 29 maggio 2010