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giovedì 10 giugno 2010

10 giugno 1940



Era un caldo pomeriggio quasi agostano, come oggi e io ero stata vestita col solito ed unico vestitino da mezza stagione di vellutino rosso a quadrature nere, irregolari; il sole mi bruciava e m'ingombravano anche le trecce pendenti sulle spalle. Ero stata affidata ad una donna del vicinato, sicura, onesta, ma lei e i suoi tanti figlioli erano solo conoscenti e diversi da me per vita e abitudini; erano felici, loro, della passeggiata inasperata sulle Mura cittadine, fra il verde, liberi di scorrazzare e gridare a gran voce; io no, non riuscivo ad essere spensierata, pensavo alla Piazza Grande dall'altra parte della città dove una folla immensa era stata chiamata per...l'adunata.
Sentivo dentro una strana ansia, come se qualcunio stesse per portarmi via la famiglia o qualcosa si inframettesse per separarmene, a un tratto mi parve che il tempo si fermasse e un senso d'angoscia mi fece sgorgare dagli occhi lacrime roventi quanto silenziose. Stavo "buona", seduta da una parte, e nessuno mi prestava attenzione pur non perdendomi d'occhio. Poi il vocio e il chiasso si smorzò, alzai gli occhi e sentii la voce di quel ciclista che diceva: tornate a casa, è scoppiata la guerra.

martedì 4 agosto 2009

Ricordo di Giovanni Spadolini, il riformista per tutte le Repubbliche (click)


A 15 anni dalla scomparsa
4 Agosto 2009

Questo articolo apparve su “il Riformista” il 4 agosto 2004, a dieci anni dalla scomparsa di Giovanni Spadolini. Ripubblicarlo oggi vuole essere un omaggio allo statista e alla sua sensibilità per i temi istituzionali, che ancora oggi discutiamo e proponiamo.

Spadolini riformista? Il quesito rampolla da un dubbio, si potrebbe dire da una riluttanza, che è quella di collocare il suo nome e la sua politica oltre la mediazione, il compromesso, la ricerca di un equilibrio. Oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, si può e si deve provare a leggere lo Spadolini uomo e uomo di governo come colui che volle e seppe gettare le basi per una politica di riforme, in materia istituzionale specialmente. Lo Spadolini mediatore, invece, appartiene ad un modo di pensarlo condizionato dal suo modo di essere bonario e ragionevole, e dal fatto che divenne leader di un partito che aveva intorno al 3 per cento di consensi elettorali (ma con lui superò il 5 per cento), e quindi privo di una concreta forza propositiva e riformistica ma piuttosto avviluppato nel bisogno di compromesso. E’ questo un modo di pensare Spadolini – e con lui la politica del partito repubblicano – non solo inesatto, ma che stride e confligge con quello che è stato l’impegno politico e istituzionale. Anche i richiami, talvolta un po’ abusati, che si fanno alle sue parole d’ordine, che sono poi titoli di alcuni dei suoi numerosissimi libri, quale “L’Italia della ragione” e “L’Italia di minoranza”, lasciano immaginare, nella vulgata, un modo di essere e di pensare non tanto riformistico quanto tradizionale, elitario e risorgimentale. Se adesso proviamo a tirare fuori lo Spadolini riformista, non è per svolgere un esercizio di revisionismo storico ma piuttosto per spolverare un pezzetto di storia istituzionale restituendole così il giusto colore. Con una precisazione. Qui si parlerà soltanto di Spadolini riformista delle (e nelle) istituzioni, in particolare della sua visione del ruolo dell’istituzione governo nella democrazia italiana. “Riformismo, il riformismo dei riformatori – scrive Spadolini nel libro intervista di Laterza – significa interpretare lo spirito profondo delle istituzioni, quale ci è stato consegnato dai padri fondatori della Costituzione, e renderlo esplicito nella storia del nostro tempo, al confronto con le esigenze nuove della società civile”.

A rileggere il mandato di Spadolini quale presidente del Consiglio (da giugno 1981 a novembre 1982, con la crisi di 16 giorni d’agosto dell’82, superati i quali si ebbe lo Spadolini bis), non si può non rimarcare l’esperimento che egli volle fare per costruire, sebbene a Costituzione invariata, un “regime del primo ministro”: un’anticipazione di modello di premierato, oggi possiamo dire, che esalti il ruolo guida del governo e del suo presidente in un sistema parlamentare parimenti forte. Capovolgendo così l’illusione ottocentesca, che la forza dei parlamenti fosse nella debolezza dei governi e viceversa. Come diceva Spadolini presidente del Consiglio: “A un governo istituzionalmente forte corrisponde un parlamento forte, a un governo debole corrisponde un parlamento debole”. I passaggi del “premierato” spadoliniano emergono chiaramente nelle scelte che vennero fatte e nelle proposte che furono avanzate durante il governo Spadolini. E non mi riferisco solo al famoso decalogo istituzionale. Innanzitutto, la convinzione che il governo debba essere sostenuto dai partiti senza essere dei partiti e neppure delle delegazioni dei partiti; quando si forma un governo si esce dall’articolo 49 della costituzione e si entra nell’articolo 94, cioè in un’area istituzionale più vasta estranea alla partitocrazia. Quindi, l’obiettivo è quello di creare la zona di distacco tra governo e partiti nel coagulo dei poteri di scelta, di direzione unitaria e di coordinamento attivo, per capacità di impulso proprio, del presidente del consiglio. Mettere al centro il presidente del consiglio vuol dire creare nell’istituzione governo il luogo delle responsabilità ministeriali; vuole altresì dire dotare la presidenza di istituti e procedure volte a dare sostanza ai poteri da esercitare: come avvenne con i decreti del 12 settembre 1981 e 29 aprile 1982 con i quali si crearono una serie di strutture di supporto alla presidenza. E poi, si sottolinea un altro proposito tipico del modello di premierato, che venne pubblicamente manifestato in un discorso in Parlamento: “Reputo necessario che si formi una prassi costituzionale tale per cui il presidente del Consiglio possa proporre al presidente della repubblica la revoca dei ministri e dei sottosegretari”. Ancora, la proposta di avocare al Consiglio dei ministri affari deferiti a comitati interministeriali, così come l’assunzione di diretta responsabilità del presidente per il settore dei servizi segreti. E poi c’è il decalogo istituzionale.

Dieci punti di revisione istituzionale sui quali venne data investitura ad un governo, fatto questo non solo inedito ma assai significativo. Non li elenco, ma li sintetizzo nella formula del “governo in parlamento”: e quindi riforme dei regolamenti parlamentari sul voto segreto, sulla legge finanziaria, e per garantire al governo “i tempi della decisione parlamentare sulle proprie iniziative programmatiche” (evitando così l’abuso dei decreti legge); e poi, riforma della presidenza del consiglio e dell’organizzazione ministeriale “su modelli europei”, riforma delle autonomie locali in grado di dare una nuova configurazione ai poteri locali. Insomma, un decalogo istituzionale certo non timido per allora, ma che portava in sé una grande riforma: quella dell’autonomia dei poteri di direzione e di promozione del premier, che rappresentava una novità dopo il tentativo De Gasperi, e che offrirà le condizioni politico-istituzionali, pochi anni dopo, a Bettino Craxi per poter governare a lungo e con piglio decisionista.

Spadolini riformista delle istituzioni? La risposta è si. Avvalorata da una specificazione tutta spadoliniana: in democrazia non si va al potere ma al governo. E con le valigie pronte.

mercoledì 12 novembre 2008

IL SACRIFICIO DEGLI EROI DI NASSIRYA


Roma - Erano le 10 e quaranta del mattino (le 8.40 in Italia) quando un camion imbottito di esplosivo scoppiò davanti alla base italiana di Nassiriya (Iraq), facendo saltare in aria il deposito munizioni e causando la morte di diverse persone tra militari e civili. Cinque anni dopo il ricordo della strage è sempre vivo nel cuore degli italiani. Il sacrificio di quelle diciannove persone viene ricordato dalle forze politiche che si uniscono nel ricordo e ribadiscono l’impegno a non dimenticare quelle vite.

Cerimonia al Senato Palazzo Madama ha dedicato alla memoria dei 19 caduti la sala delle conferenze stampa, al piano terra. Alla cerimonia erano presenti i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, i familiari dei militari morti cinque anni fa in Iraq, il comandante generale dei Carabinieri, Gianfrancesco Siazzu, e il capo di Stato maggiore dell’Esercito, Fabrizio Castagnetti.

Schifani: "Eroi di pace" "Quei diciannove caduti, dei quali 17 erano uomini in armi e soldati di grande valore, non saranno mai celebrati come eroi di guerra per la semplice ragione che non combatterono alcuna guerra: qualunque altra lettura della loro presenza in Iraq sarebbe un torto alla loro memoria". Il presidente del Senato, Renato Schifani, invita a definirli come "eroi di pace" visto il carattere umanitario della missione Antica Babilonia che impegnò i nostri soldati in Iraq dal 2003 al 2006. La memoria di chi ha dato la vita per il nostro Paese non appartiene alle forze armate né alle istituzioni né ad una parte politica ma è patrimonio indissolubile dell’intera collettività - sottolinea Schifani - che per avvalorare il concetto degli uomini in divisa caduti in missione come eroi di pace, richiama le parole dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che quando fu raggiunto dalla notizia della strage, disse: 'L’Italia è andata in Iraq non per partecipare ad una guerra ma per contribuire alla ricostruzione del paese: questa è l’identità della Repubblica italiana, costruire la pace'. Il vile attacco ai danni dei nostri soldati - ricorda ancora il presidente del Senato - non venne, nonostante la simpatia e la riconoscenza nutrite verso di loro dalla popolazione irachena, ma proprio a causa di questi sentimenti".

Fini: "Stabilità e diritti calpestati" "Non possono esserci né stabilità né prosperità se i diritti umani sono calpestati e se la libertà è minacciata dal terrorismo. È con questa consapevolezza che dobbiamo oggi onorare il sacrificio di quei martiri, unendo nel ricordo tutti gli italiani che in questi anni hanno offerto la loro vita per garantire la pace". Il presidente della Camera Gianfranco Fini ricorda che "l’Italia sperimentò direttamente l’inumana ferocia che anima l’attacco terroristico alla pacifica convivenza di culture, nazioni e popoli. Quel giorno lo sgomento, lo smarrimento, la sofferenza del Paese furono enormi. Ma furono grandi anche la solidarietà, la partecipazione, la coesione tra il nostro popolo e le istituzioni. L’Italia si raccolse unita intorno a quei diciannove eroi che avevano sacrificato la loro vita per costruire un mondo più giusto e più libero".


La Russa: "Sacrificio non sarà dimenticato" "La richiesta delle famiglie dei caduti a Nassiriya ai parlamentari di tutti gli schieramenti è che la giornata di oggi sia ricordata in forma stabile nella memoria di tutti i caduti per la pace. Credo si tratti di una richiesta bella". Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, rilancia l’idea di trasformare la ricorrenza dell’attentato in Iraq in memoria di quanti sacrificano la propria vita nelle missioni di pace. La Russa ha ringraziato a nome dei familiari il Senato per la decisione di intitolare la sala dove si svolgono gli incontri con la stampa ai caduti di Nassiriya sottolineando che "quello che chiedono i familiari e di non dimenticare il sacrificio dei loro congiunti, il loro modo di servire la patria, che ha dato significato profondo alla loro vita proprio nel momento della loro morte".

Da Il Giornale

sabato 25 ottobre 2008

giovedì 11 settembre 2008

SENZA COMMENTO, SOLO PER TESTIMONIANZA

Inviato da dagoberto - 10/09/2007 21:20

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Domani ricorre il sesto anniversario dell'attentato al World Trade Center. Quel giorno ha segnato la vita di tutte le

persone abitanti della Terra. Conosco personalmente una di queste persone direttamente coinvolte. Ogni tanto, quando

la stanchezza gli fa abbassare la guardia, durante il sonno, ricorda quel giorno, lo rivive. Solo ultimamente ha

incominciato a parlarne.

Ogni anno, come un'ossessione, ritorna la voglia di leggere una lettera pubblicata alcuni giorni dopo l'attentato. Una

dichiarazione di orgoglio dell'identità in cui l'occidente dovrebbe riconoscersi. Non sono stato in grado di trovarla. Da come

se la ricorda, piùo meno recitava sul tipo: "puoi colpire il Wct puoi colpire Miss Liberty, puoi colpire La casa bianca, ma

non potrai mai colpire l'America." Se fosse possibile, mi dareste una mano a ritrovarla?

BATTISTAD – Luca – Afghanistan

battistad

 
Non leggo tutti i post, dag me ne ha fatto un riassunto.

Questa è la mia storia.

l'11 settembre 2001 ero negli States per un corso di aggiornamento. Scambio culturale, mettiamola in questo modo. Mi avevano dato due giorni di libertà. Quindi, con mia moglie mi sono trasferito a NY. Dopo aver trascorso la prima giornata visitando la Grande Mela, io e mia moglie ci mettemmo daccordo. Avevo un Briefing con Roma. L'avrei raggiunta alle Twin Tower verso le 9 am ora locale. Lei era arrivata assieme ad una sua amica alle 8.30 am. La sua amica aveva un ufficio all' 80° piano. Stavo raggiungendo le torri quando vidi il primo aereo infilarsi nella prima torre... Purtroppo sono riuscito a raggiungere il 30° piano...Da quel momento il mio ricordo è tutto al rallentatore... Le persone che scendevano, calpestando chi inciampava, i pompieri che stavano salendo. Ogni piano si fermavano per fermare il più calmo per aiutare gli altri. Ho visto un paio di persone che cadevano dai piani alti. Sembravano delle foglie spinte con le punte che si dibattevano incontrollate...

Sono stato uno degli ultimi ad uscire prima del collasso. Di mia moglie ho solo una parola: "Missing".

Da quel momento il mio unico compito è quello di beccare questi bastardi... non mi interessa se chinano il culo in qualsiasi direzione... il loro posto è "six feet under"
 

mercoledì 25 giugno 2008

Nuova pagina 1 (click)


Nuova pagina 1
Qui troverete il sito per vedere le foto della commemorazione del Caduti del Battaglione Alpini Tirano. Navigate liberamente, potrete vedere il nostro amico Gioacchino alle foto 0067 e 0068, alla 160 il Gruppo alla sfilata.

lunedì 2 giugno 2008

2 GIUGNO 2008


W l'Italia, sempre e comunque.

venerdì 2 maggio 2008

Centenario di Guareschi 1908-2008

Giovannino Guareschi è nato il 1° maggio 1908, a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma.
Autore di libri spassosissimi, ci ha lasciato soprattutto dei personaggi indimenticabili come don Camillo e Peppone, magistralmente interpretati da Fernandel e Gino Cervi.

Mi dispiace solo che i miei problemi personali abbiano fatto slittare questo post al giorno due
passata la festa gabbato lo santo ? Non sia mai