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martedì 15 dicembre 2009

Lettere deliranti contro Berlusconi

Da alcuni mesi mi sono iscritto su “Facebook”, avendomi richiesto alcuni amici di aiutarli nella loro attività politica svolta all’interno di tale spazio virtuale. Quale loro collaboratore, sono co-amministratore di alcuni siti, tutti politicamente schierati ed anti-comunisti.
Anche se lettere vagamente minatorie ed offensive mi erano pervenute già in passato, speditemi direttamente al mio indirizzo impiegato su Facebook od a quello dei siti a cui partecipo, dopo l’attentato a Berlusconi mi sono giunte una pletora di missive intrise di collera ed odio.
Ne riporto stralci di alcune, tanto per dare un’idea del contenuto
Un tale, che si firma “Renato Curcio” (si è scelto un bel pseudonimo!), scrive:
“Questo [l’attentato a Berlusconi] è solo l’inizio […] torneranno le Brigate Rosse, torneranno i partigiani. Finirete tutti appesi a piazzale Loreto, sporchi fascisti razzisti borghesi. Ricordatevi dei fratelli Cervi che avete ammazzato.”
Un altro, che si firma “Tito”, dichiara:
“Berlusconi, Bossi, La Russa, Tremonti, Brunetta: tutti dentro alle foibe con una bandiera tricolore infilata nel ****”
Una lettera, la più violenta di tutte, non può essere riportata, perché contiene una filastrocca di oscenità davvero turpi. L’autrice mi pare una donna con seri problemi mentali, poiché non riesco ad immaginare un essere umano psichicamente sano, seppure in preda all’odio, che possa scrivere cose simili. La sua missiva contiene scurrilità e volgarità contro Berlusconi, Carfagna, Gelmini e Brambilla, con un linguaggio irripetibile, oltre ad auspicare una morte lenta e dolorosa del Presidente del Consiglio. Chi ha steso la lettera pare avere scarsa dimestichezza con la lingua italiana, causa i numerosi e grossolani errori grammaticali (ad esempio, scrive diverse volte “un’uomo” con l’apostrofo) ed alcune espressioni dialettali inserite nel testo.
Non manca chi, senza inneggiare all’aggressione ed al tentato omicidio, tende subdolamente a giustificarli.
Un signore (adopero questo termine nella sua accezione più estensiva), afferma, meno aggressivo e più mellifluo di altri, dichiara:
“Hai saputo dell’attacco a Berlusconi? Sei triste, eh? Hai versato qualche lacrimuccia? Io invece ho trascorso una serata [il giorno dell’attentato] stupenda. Ero felice, tanto felice, ed ho fatto sesso con la mia compagna con vera goduria, pensando alla faccia sanguinante e pesta del Cavaliere”
Una signorina piuttosto giovane (ammesso che la fotografia che appare su Facebook sia realmente la sua) mi scrive sulla posta privata dicendomi che parlare di opporsi alla violenza degli estremisti di sinistra costituisce di per sé un atto di violenza, e sostiene tale posizione con un ragionamento a dir poco contorto e sofistico.
Non mi risulta che nessun presidente del Consiglio di sinistra sia mai stato aggredito fisicamente da nessun estremista di destra qui in Italia, ed ignoro perché invitare ad opporsi alla violenza comunista rappresenti ipso facto un “atto di violenza”.
Il breve spaccato che queste lettere, e molte altre che non riporto, offrono della mentalità diffusa presso numerosi militanti di sinistra mi conduce a chiedermi quanto grande sia l'intensità dell'odio, irrazionale e talora patologico, verso l'attuale governo ed i suoi rappresentanti diffuso presso gli estremisti comunisti d'Italia.
Marco De Turris

lunedì 7 dicembre 2009

COSI' SI DIFENDE LA PROPRIA PATRIA...

...e il Popolo cui si appartiene :

Perche' il mondo ci odia?

Siamo stufi di imbrogli, siamo stufi di essere diffamati. Stufi marci.

Per fortuna piano piano anche gli israeliani, sempre un po' fatalisti e troppo tolleranti, incominciano a protestare, a denunciare, a voler chiarire i fatti.

Per anni il leit motiv , inventato tanto tempo fa, da Shimon Peres, e' stato "lasciamoli dire tanto parleranno sempre male di noi".

Per anni e ancora oggi, esiste una grande riluttanza a combattere la stampa straniera che dipinge gli israeliani come "i cattivi" e nessuno ha mai capito il motivo di questo atteggiamento, nemmeno molti israeliani.

Esiste, infatti, un grande dibattito interno, da anni ormai, da quando e' iniziata la seconda intifada nel 2000 e Israele, colpito da decine di attentati terroristici al giorno, veniva comunque descritto dai media internazionali come il colpevole.

I media israeliani protestano contro questo atteggiamento masochista dei governi israeliani. Perche'? perche'? perche'? Questa e' la domanda che tutti si pongono.

Eppure anche con l'ultima guerra a Gaza, l'operazione Piombo Fuso, sia il governo che l'Esercito hanno commesso gli stessi errori, esattamente come durante la seconda guerra in Libano contro Hezbollah.

Noi, in Israele, venivamo informati ora per ora su quello che accadeva e sapevamo tutto quello che i nostri soldati facevano per salvare la popolazione civile palestinese.

Sapevamo che loro, i palestinesi, usavano i civili come scudi umani, gli ospedali e le scuole come depositi di armi, lo sapevamo noi ma queste informazioni non uscivano.

Sapevamo che, per la prima volta nella storia, un esercito avvisava con milioni di telefonate e di biglietti gettati dagli aerei la popolazione civile a entrare nei rifugi.

Sapevamo anche che hamas impediva ai civili di farlo.

Ma queste informazioni non uscivano da Israele e il mondo ci odiava per i poveri palestinesi che morivano, Internet era invasa da maledizioni contro di noi e chi poteva cercava di arginare tutto questo odio, senza troppi risultati in verita'. L'odio e' troppo radicato per poterlo scalfire.

Poi e' arrivato Goldstone, ma che strano! con tutti i giudici che esistono e' stato scelto proprio un ebreo....che coincidenza! Ogni sua parola contro Israele doveva pesare doppio, triplo:

"e' un ebreo che condanna! Israele assassini di bambini".

Questo si leggeva su internet e noi venivamo colti da travasi di bile!

Goldstone, come previsto, per essere piu' realista del re ha ascoltato hamas e in base alle testimonianze di hamas ha redatto il suo rapporto di condanna a Israele che si era rifiutato di collaborare.

Perche' il rifiuto? Perche' il rapporto sarebbe stato una farsa, una scusa in piu' per condannare e demonizzare Israele.

Ma allora gridatelo al mondo, caspita!

No, siamo stati in silenzio ad ascoltare l'odio che ci si riversava contro.

E' intervenuto un soldato straniero, un colonnello inglese, Richard Kemp, per dire che

" L'IDF ha fatto , per salvare la popolazione civile di Gaza, piu' di qualsiasi altro esercito nella storia".

Dobbiamo smettere di essere masochisti, dobbiamo difenderci e parlare se no saremo complici dell'odio che il mondo intero prova per noi.

Basta col lasciamoli dire!

Incominciamo a urlare la verita'.

Da sempre il signor mondo ascolta compiaciuto tutte le menzogne e diffamazioni che i palestinesi e i loro finanziatori dicono contro Israele.

Il mondo ascolta le ONG, soprattutto quelle israeliane che, ohibo', guarda caso, ma che sfortunata coincidenza, sono tutte finanziate dalla Comunita' Europea.

Ohibo' ohibo'.

B'tselem ha ricevuto nel 2007/8 qualcosina come 151.000 euro.

E lo stesso per Adalah, Break the silence e tutte le altre.

Ohibo', ohibo', ohibo' come si puo' pretendere che non dicano tutto quello che l'Europa antisemita vuole?

Il mondo ascolta e gode, gode e condanna, condanna e perseguita, perseguita e boicotta.

Basta.

E' doveroso dire che non e' sempre colpa nostra perche' anche quando l'IDF organizza conferenze stampa per i giornalisti stranieri quello che esce sui media e' quasi sempre solo diffamazione e menzogna.

Allora aveva ragione Shimon Peres che , nella sua immensa saggezza, diceva "inutile fare la fatica di difenderci, tanto parleranno sempre male di noi".

Arafat ha passato 40 anni a diffamare Israele, il mondo ai suoi piedi.

Si sperava che con la sua morte sarebbe finita l'era dell'amore per i terroristi da parte del mondo occidentale e invece no, tutto continua come prima: Ahmadinejad viene fatto parlare alle Nazioni Unite e nelle universita' ( le stesse che impediscono ai premier israeliani di parlare), si permette che quotidianamente minacci la scomparsa di Israele e se Israele protesta viene accusato di essere visionario.

In Svizzera hanno detto no ai minareti e tutti a strapparsi i capelli "ahhhh impediscono la liberta' di cultooooo, vergogna, vergogna marciaaaaa" . Bene, peccato che nessuno di questi difensori della liberta' di culto abbia mai detto una parola perche' agli ebrei e' vietato salire a pregare sul Monte del Tempio dove esiste il Santo dei Santi , il luogo piu' sacro per l'ebraismo.

Strano altresi' che gli stessi critici del referendum svizzero abbia approvato la legge che aboliva il crocefisso dagli uffici pubblici e scuole italiani.

Strano.

Questo essere islam dipendenti e' molto strano e si spiega solo colla paura e il desiderio di compiacere i prossimi padroni d'Europa.

Forse e' per questo che Hamas e Hezbollah sono rispettati e riveriti e nessuno protesta per il ricatto cui e' sottoposto Israele per la liberazione di Gilad Shalit.

E' odioso parlare di questo dopo Auschwitz.

E' odioso sapere che Israele sia l'unico paese al mondo di cui si discute ogni giorno, ogni stramaledetto giorno, il diritto all'esistenza.

E' odioso pensare che i bambini ebrei di tutto il mondo, compreso Israele, devono entrare a scuola passando attraverso la sicurezza armata.

E' odioso pensare che le sinagoghe e i cimiteri ebraici siano costantemente dissacrati.

E' odioso sapere che le maggiori sinagoghe debbano essere costantemente circondate da polizia e carabinieri, in Italia.

E' odioso constatare che un presidente degli Stati Uniti ordini agli ebrei dove abitare.

E' odioso sapere che oggi, proprio oggi, l'Unione Europea decidera' sulla nostra pelle se regalare ai palestinesi Gerusalemme est come capitale, rischiando un'ennesima guerra.

Nel 1995 il Congresso USA riconobbe Gerusalemme, tutta unita, Capitale di Israele e legifero' che nel 1999 l'ambasciata USA doveva trasferirisi da Tel Aviv a Gerusalemme dove aveva gia' acquistato il terreno per la costruzione.

E' odioso pensare che nessun presidente USA ha avuto il coraggio di rispettare questa legge.

E' triste rendersi conto che tutti hanno paura dei palestinesi, una paura tale da credere ad ogni loro menzogna, compresa la fola della fame a Gaza dove tutti sono grassi e pasciuti e armati fino ai denti.

"I palestinesi soffrono" e' il ritornello di ogni bastardo pacifista.

Soffrono? E allora perche' non fanno la pace?

Semplicemente perche' non gli interessa e perche' gli fa piu' comodo restare come sono e spremere soldi ( hanno ricevuto ieri altri 64 milioni di Dollari dalla Banca Mondiale) e far passare Israele per cattivo e intransigente perche' si rifiuta di scomparire.

E' la loro tattica dal 1967.

Sarebbe ora che il mondo occidentale credesse a Israele e, finalmente, incominciasse a difenderlo dalla solita odiosa demonizzazione.

Sarebbe ora soprattutto che Israele dicesse a questo mondo ingiusto e partigiano: BASTA!

Deborah Fait

domenica 31 maggio 2009

NON C'E' MAI FINE AL PEGGIO (click)

Via le croci dal cimitero: «Danneggiano l’ambiente»


L’ultima frontiera del politicamente corretto è il passaggio dal camposanto al campo tout court. Ma la faccenda è un po’ più complessa di un giochino da Settimana enigmistica, rubrica cambio di suffisso.
L’ultima frontiera del politicamente corretto è il divieto di mettere le croci sulle lapidi delle tombe dei morti, messa nero su bianco da una delibera comunale del comune di Lugo di Romagna.
E nemmeno per un malinteso «rispetto per le altre religioni», in nome del quale si è giustificato negli ultimi anni di tutto e di più. La ratio della scelta, stavolta, è il rispetto del verde e della qualità ambientale del cimitero. Cito fior da fiore (e mai espressione fu più adatta a questa concezione bucolica del ricordo dei morti): «La funzione del verde dovrà nel tempo prevalere sull’edificato. L’effetto immediato basato sul solo costruito è destinato a lasciare il passo allo scenario dove, le alberature, le zone a prato e le aiuole assumono un ruolo ambientale ed estetico predominante».
Ecco, «predominante». Si legge proprio così sul comunicato del Comune, in cui peraltro si cerca di minimizzare il divieto, spiegando che non è poi così cogente. Anche se, nell’allegato alla delibera comunale numero 102 del 6 maggio, si legge che hanno deciso che, sulle tombe, non devono esserci né croci, né mezzelune islamiche, né stelle di Davide. Niente di niente. Nemmeno - per gli atei impenitenti, che da queste parti proliferano e firmano capolavori dell’onomastica pur di non dare ai loro figli nomi di santi e beati - l’indicazione «Marito e padre esemplare».
Tutto bandito. Punto uno: «Sulla lapide saranno ammessi solamente i seguenti elementi: - dati anagrafici; - fotografia». E ancora: «Le scritte ammesse sulla lapide sono due: - nome e cognome; - data di nascita e di morte». Con tanto di indicazione del carattere di stampa «il più possibile simile» ad «Arial» o «Futura».
Succede a Lugo, provincia di Ravenna, Romagna profonda. Dove, recentemente, Riccardo Muti ha portato la sua orchestra a fare le prove, aprendo il teatro al pubblico, in una straordinaria esperienza culturale e umana. Il Requiem, ad esempio, dev’essere stato straordinario. Anche se, a occhio e croce, il suo senso profondo non è rimasto particolarmente impresso nelle orecchie dei pur illuminati amministratori.
Perché qui siamo alla codificazione della morte. Al «ruolo ambientale ed estetico predominante» che probabilmente è ispirato da ottime intenzioni e da pensieri profondi. Ma che, alla fine, lascia un senso di vuoto. Come se la preghiera, la morte e soprattutto ciò che viene dopo la morte, fossero una questione burocratica. Un qualcosa da regolamentare come il decalogo del verde pubblico.
Rispetto a tutte le altre volte in cui qualcuno ha fatto sparire o ha lottato per fare sparire la croce - dalle scuole ai tribunali - stavolta, è più grave. Perché, almeno per chi ha la fede, qualsiasi fede, almeno per chi crede nell’aldilà, la croce è tutto. È il significato di tutto.
Altrimenti, un cimitero diventa un giardino pubblico. Magari bellissimo. Ma pur sempre un giardino.
Massimiliano Lussana

venerdì 8 maggio 2009

mercoledì 24 dicembre 2008

DIFENDIAMOCI DALL'ISLAM (click)

Sul FOGLIO di oggi, 24/12/2008, a pag.III dell'inserto, Giulio Meotti recensisce il libro di memorie di Tawfiq Hamid, il terrorista pentito che fu allievo di Zawahiri. Un documento istruttivo, una lettura allarmante.

Sono nato al Cairo da una famiglia atea, mio padre faceva il medico ortopedico, mia madre era un’insegnante di francese molto laica”. Tawfik Hamid, come il suo mentore Ayman al Zawahiri, braccio destro e ideologo di Osama bin Laden, proviene dalla borghesia colta e assimilata del Cairo. Finirà per militare nell’organizzazione responsabile di uno dei più sanguinosi attentati della storia egiziana. Cinquantotto turisti – svizzeri, giapponesi, inglesi e tedeschi – trucidati nel 1997 al tempio di Hatshepsut. Assassinati a pugnalate, falciati dai mitra nelle sale dei templi tebani, inseguiti tra le colonne di geroglifici e le tombe dei faraoni. Queste immagini scorrono mentre si è in ascolto della voce metallica di Tawfik Hamid. E’ ciò che avrebbe potuto diventare se non si fosse fermato. Per questo la sua confessione, che ha consegnato al libro “Inside Jihad” è salutata dal Wall Street Journal come uno dei principali contraccolpi mediatici all’islamismo. “La mia non era una famiglia religiosa”, racconta Hamid in questa intervista al Foglio da Washington, dove oggi vive. “All’età di quindici anni mi sono avvicinato all’islam. Nessuno mi aveva parlato di Dio prima di allora. La Jamaa Islamiya, un gruppo musulmano attivo nella mia scuola medica, si avvicinò sfruttando il mio desiderio di servire Dio. Ci mettevano in guardia sulle punizioni dopo la morte se non avessimo seguito letteralmente l’islam”. Un giorno un uomo con gli occhiali spessi venne a tenere un discorso. “La retorica di Zawahiri ispirava la guerra contro gli ‘infedeli’, i nemici di Allah. Lo chiamavamo con il titolo e il primo nome, Dottor Ayman. Mi metteva la mano sulla spalla: ‘Voi giovani siete la speranza del ritorno del califfato’. Provai un senso di gratitudine e di onore. Iniziai a farmi crescere la barba, smisi di ridere e scherzare. Adottai una postura seria, il mio odio per i non musulmani crebbe rapidamente e la dottrina jihadi divenne la mia seconda natura. Arrivai alpunto di pianificare crimini, volevo partire per l’Afghanistan. Ero pronto a uccidere e a morire per Allah. A far saltare in aria chiese e moschee al Cairo. Sapevo di un piano di rapimento di un ufficiale della polizia per dargli fuoco da vivo. La brutalità non mi scalfiva. Divenni a mio agio con l’idea della morte, credevo che avrei sconfitto gli infedeli sulla terra e conquistato il paradiso”. In questi anni abbiamo visto una massa informe di arabi che hanno lasciato affari, famiglia e affetti per farsi saltare in Iraq. Dalle biografie degli shahid trovati in un villaggio iracheno a Sinjar, si vede come la maggior parte dei kamikaze erano ex militari, poliziotti, insegnanti, commercianti, vigili del fuoco, impiegati e medici. “Conosco molto bene ciò che spinge un tunisino, un egiziano o un algerino a entrare in Iraq per farsi esplodere. Sono persone ingannate da insegnamenti violenti, se fossero nati in una cultura che parla di tolleranza e di amore sarebbero diventati pacifici. E’ in corso una guerra ideologica. E’ l’insegnamento islamista che infiltra la mente del musulmano. Un membro della Jamaa mi spiegò il concetto nell’islam di ‘al fikr kufr’. L’idea stessa del pensiero, fikr, ti renderebbe un infedele, kufr. I terroristi non fanno che personalizzare l’insegnamento mainstream dell’islam. Che dice: nella giurisprudenza islamica c’è scritto di uccidere e muovere guerra ai non musulmani, se non si convertono, devono pagare una umiliante tassa per le minoranze. Da un concetto violento si passa alla barbarie. Quando insegni a qualcuno a percuotere la moglie, a uccidere gli apostati e che le nazioni islamiche devono fare la guerra ai non musulmani, non puoi sorprenderti per quanto sta accadendo. Nel mondo islamico le donne sono lapidate a morte e sottoposte a clitoridectomia. Gli omosessuali penzolano dalle forche sotto gli occhi compiacenti dei promotori della shariah. Le madri palestinesi inculcano nei loro figli di tre anni l’ideale del martirio. Io avvertii l’immoralità dell’uccisione di innocenti e che una ideologia religiosa che fomenta la guerra agli infedeli va sconfitta. Ci troviamo di fronte alla mancanza di un’interpretazione dell’islam teologicamente rigorosa, tale da sfidare gli abusi interpretativi della shariah”. Hamid si rivolge all’occidente: “Svegliatevi, prima che sia troppo tardi. L’islamismo è come un cancro, cresce lentamente e la gente non lo vede prima che sia troppo tardi. Io temo una guerra civile nel futuro dell’Europa. Non sono sorpreso dall’attentato a Mumbai, continuerà fintanto che il mondo libero non prenderà coscienza. Se fosse la povertà a causare Bin Laden o Zawahiri, perché gli attentatori dell’11 settembre provenivano dall’Arabia Saudita, la nazione islamica più ricca al mondo? Se fosse una mancanza di educazione, perché gli attentatori dell’11 settembre erano così colti? I musulmani che hanno colpito l’Inghilterra sono cresciuti in democrazia. Se tutto fosse legato a Israele, perché i musulmani si sarebbero dovuti sbranare in Algeria? Hanno ucciso 150 mila algerini. E migliaia di iracheni. Hanno mutilato i corpi dei musulmani e dato loro fuoco”. Ciò che manca all’occidente è l’expertise culturale per vincere la guerra ideologica. “E’ una nuova interpretazione dell’islam che può salvare il mondo dalla catastrofe. Dobbiamo parlare di ideologia, formazione, istruzione, di come il Corano possa essere interpretato in modo diverso, di come l’istruzione possa giocare un ruolo fondamentale nell’educazione dei ragazzini. Bisogna insegnare l’amore e contrastare le tattiche di lavaggio del cervello”. Poi un bilancio sull’amministrazione Bush. “La strategia dopo l’11 settembre era giusta, l’idea di liberare e riformare il medio oriente. Ma era imperfetta e in un certo senso non strategica. Si deve sconfiggere l’islam radicale collaborando con i governi arabi, educando la popolazione giovanile agli ideali di libertà, modernità e diritti umani. Poi si deve implementare la democrazia. Se si inizia con l’urna, è facilissimo fallire. Come è successo con Hamas e l’Algeria. Se devi scegliere fra la casa reale saudita e i talebani, è con la prima che si deve stare. Se devi scegliere fra Mubarak e i Fratelli musulmani, è con il primo che si deve stare”. Poi i suggerimenti al nuovo presidente. “Obama non ha scelta. Non basta l’attacco militare, pur necessario. Serve un approccio totale, militare, d’intelligence, psicologico, educativo, ideologico. E’ così che l’islam radicale va sconfitto. Se il mondo libero prende coscienza, c’è da essere ottimisti. L’islamismo è indebolito, ma il sentimento violento nella umma è aumentato. Se il cancro diventa piccolo, non significa che non è più pericoloso. Il mondo civilizzato deve essere unito e coraggioso se vuole proteggere i giovani musulmani e il resto dell’umanità dalle conseguenze di questa ideologia”. Hamid è stato invitato a parlare in Israele assieme allo storico Bernard Lewis. “Molti musulmani parlano degli ebrei come ‘scimmie e maiali’. Li considerano traditori del Profeta. In alcuni insegnamenti della letteratura islamica dei primi giorni, più che nel Corano, sta scritto di uccidere gli ebrei fino alla fine dei giorni. E’ un dovere religioso. Usano però Israele per distogliere l’attenzione dalle atrocità commesse nel mondo islamico. E se domani il conflitto israelo-palestinese venisse risolto, questa gente troverebbe altre ragioni per uccidere. Zawahiri lo ha detto chiaramente: convertitevi all’islam o morirete”.

martedì 28 ottobre 2008

VOGLIAMO ASCOLTARLE TUTTE SUL FEDERALISMO E L'ITALIA ? (click)


Ricevo da Ambro, che si definisce duodiciliano, un link che offre materiale da leggere e meditare; mi aspetto commenti e contraddittori.

lunedì 29 settembre 2008

UNA DONNA AFGHANA CHE COMBATTEVA PER LA LIBERTA' DELLA SUA PATRIA (click)


Malalai Kakar è stata assassinata in un agguato a Kandahar

giovedì 4 settembre 2008

RICEVO DA LUCHY

Perché una scienziata, deve avere paura di dire ciò che sa, oltre a ciò che pensa ?


giovedì 04 settembre 2008, 07:00

«Ho violato un tabù Ma in Vaticano molti pensano come me»
di Eleonora Barbieri





La voce è flebile. Ma non perché sia abbacchiata: «Ho la bronchite» spiega Lucetta Scaraffia. Storica, membro del Comitato nazionale di bioetica, la donna che ha riaperto il dibattito sui trapianti con il suo commento sull’Osservatore romano non si scompone di fronte alle critiche. «Ho solo segnalato un tema discusso da medici e scienziati».


Non si aspettava le polemiche?
«No, ho solo recensito due libri. Ho detto una cosa che esiste, solo che in Italia è poco nota: c’è un dibattito, animato da medici e scienziati, sulla definizione di morte cerebrale del rapporto di Harvard. Dopo quarant’anni mi sembra un ragionamento spontaneo: ci sono stati grandi progressi nello studio del cervello».


Allora perché tanto rumore?
«Evidentemente è un tabù terribile. L’ho scoperto ora».
A quali ricerche scientifiche si riferisce?
«C’è un dibattito aperto, libri che ne parlano. Ci sono stati due casi di donne, per le quali era stato dato il permesso di espiantare gli organi e, poi, si è scoperto che aspettavano un figlio; una ha avuto un aborto spontaneo, l’altra ha partorito. Se una rimane incinta vuol dire che non è proprio così cadavere».


Il suo è un commento da storica, da bioeticista? Da cattolica?
«Il fatto che sia cattolica permea tutta la mia vita. Io sono una storica interessata alla bioetica. E credo che la bioetica abbia bisogno della storia: perché i progressi degli ultimi anni non vengono presi in considerazione?».


Quando introduce il concetto di persona, non confonde ambiti diversi?
«Ci sono questioni che spettano agli scienziati, ma sulle quali anche i profani possono riflettere: se i medici non avessero scoperto la gravidanza, a quelle donne avrebbero espiantato gli organi. Quando parlo di persona, mi rivolgo al mondo cattolico: è un concetto che tiene legato tutto, l’intero. Ed è il motivo per cui la chiesa non considera morente Eluana: perché è persona anche il suo corpo, che è vivo».
Il Vaticano ha preso le distanze dal suo articolo.
«Il Vaticano ha detto una cosa giustissima: la dottrina morale della chiesa non cambia. Però ci sono persone d’accordo con me, anche in Vaticano e fra i medici cattolici».


La sua posizione è piuttosto forte. Da dove nasce?
«Da storica mi sono occupata a lungo di donne e religione. Il passo dai temi del femminismo e dell’aborto alla bioetica è stato breve».
Non si sente più realista del re?
«La definizione di morte cerebrale non è un dogma. I cattolici pensano, hanno idee».


Un commento di una donna sull’Osservatore romano è già una rarità. Poi scatena anche un putiferio. Che ne dice?
«Per fortuna le donne laiche iniziano ad avere voce nella chiesa: è un segnale importante».
Di solito è d’accordo col Vaticano?
«Di solito sì. Ho solo proposto questo articolo al direttore; lui l’ha trovato interessante e l’ha pubblicato».
Ammetterà che si trova in minoranza.
«Non so se sono così in minoranza... Lo sono rispetto alle voci che parlano, ma molti hanno paura di mettere in discussione le regole sui trapianti. Anche perché è un problema delicato, è coinvolta gente che soffre. Ma non sono sola».


Allora è contenta delle polemiche?
«Avrei preferito una discussione più pacata. Certe reazioni forti sono state scatenate semplicemente dall’aver toccato l’argomento. I sostenitori del rapporto di Harvard possono esporre le loro ragioni, ma di queste cose si deve parlare».



Anche se pochi sono dalla sua parte?
«Le minoranze possono cambiare il modo di pensare. La scienza non è democratica».

mercoledì 2 luglio 2008

NAPOLI-ITALIA E I DIRITTI DEI DISABILI



Foto assai eloquenti di come al "Centro Direzionale" di Napoli siano rispettati i diritti dei disabili.

martedì 1 luglio 2008

LO STATO E LA CHIESA (click)


QUANTA IPOCRISIA NELLE ACCUSE AL MINISTRO MARONI PER LE IMPRONTE AI BAMBINI ROM.

lunedì 23 giugno 2008

LEGGETE E MEDITATE (click)

"Panem et circenses: l'Italia nel pallone, in senso proprio e figurato"di Marco De Turris

sabato 7 giugno 2008

PER IL TEN. DEI CARABINIERI MARCO PITTONI


Una preghiera.

domenica 1 giugno 2008

ANCORA SU BRUNO CONTRADA

'Sentenze basate solo sulle calunnie' Gli ex della Mobile difendono
Contrada
Repubblica - 31 maggio 2008 pagina 10 sezione: PALERMO

Si ricorda Giorgio Boris Giuliano nell' aula magna del rettorato,
allo Steri. L' occasione è il libro del giornalista Daniele
Billitteri ("Boris Giuliano, la squadra dei giusti" - Aliberti
editore): è presente la famiglia del capo della squadra mobile
assassinato nel 1979, c' è il questore di Palermo Giuseppe Caruso, ci
sono soprattutto i poliziotti che componevano quella squadra mobile
che segnò un metodo di lavoro nella lotta alla mafia.
Il dibattito è un susseguirsi di emozioni e ricordi, del poliziotto e
dell'uomo Giorgio Boris Giuliano. Ma è l'ultimo intervento che
accende la polemica. «La squadra non è al completo - dice Francesco
La Licata, inviato del quotidiano "la Stampa", cronista nella Palermo
di Giuliano e degli altri martiri - Mancano delle persone che
avrebbero tutto il diritto di stare qui adesso. Quella squadra mobile
era fatta anche da Bruno Contrada e Ignazio D'Antone, che attualmente
si trovano in carcere». Dice La Licata: «Le sentenze vanno
rispettate, ma posso testimoniare che quella squadra fu davvero
straordinaria e creò la lotta alla mafia». Il dibattito si anima
immediatamente. Tonino De Luca, in pensione da una settimana,
arringa: «In quegli anni eravamo soli. I grandi assenti erano
piuttosto certi magistrati.
Abbiamo dovuto attendere Falcone e Chinnici perché la situazione
cambiasse».
De Luca torna ad essere severo nei confronti dei magistrati quando
accenna alle indagini sui colleghi: «Perché noi della squadra di
Giuliano non siamo stati sentiti durante le indagini ma solo nel
dibattimento? Avremmo scoperto qualcosa di più». Il tono di De Luca
si fa severo: «Si uccide anche con la calunnia. E Bruno Contrada è
stato ucciso». Interviene Enzo Speranza, questore di Bari, che
ricorda il titolo di un libro: «Noi, costretti a difenderci».
Rincara: «Ha vinto la cultura del sospetto generalizzato». Cita l'
avvocato Piero Milio, presente fra il pubblico: «Se non fosse stata
la verità, non avrebbe difeso Contrada». Un altro funzionario di
allora, Piero Moscarelli, oggi prefetto, dice: «Quella di Contrada è
una sentenza emessa non in nome nostro. Mi vergogno un po' di questa
barbarie giuridica. Boris sarebbe contento che noi mostrassimo un po'
di coraggio». Nel saluto finale,anche Billitteri «assolve» Contrada e
D' Antone. Applausi. Non arriva alcuna voce di dissenso. s. p.


(il Moscarelli indicato nell'articolo non è prefetto ma questore, si
chiama Paolo e non Piero) Da Megaride.

lunedì 28 aprile 2008

NELLA PROVINCIA ITALIANA SI DA' SPAZIO ALLA CULTURA

From: prof.botteri@libero.it
> To: ;
> Subject: Invito alle manifestazioni della pro loco
> Date: Sat, 26 Apr 2008 22:53:52 +0200
>
>
> inoltro da <2000@montecompatriproloco.it>
> > Invito alle manifestazioni della pro loco
> >
> > http://www.montecompatriproloco.it/index.asp
> > home della proloco
> >
> > La Pro Loco Informa ed invita alla partecipazione delle
> > seguenti manifestazioni:
> >
> > MANIFESTO PROGETTO COSCIENZA E CONOSCENZA DELLE PROPRIE
> > RADICI, Manifestazione del 30 aprile 2008. Vedi link:
> >
> > http://www.montecompatriproloco.it/Premiazione_30_aprile.htm
> >
> > MANIFESTO MOSTRA FATTORE GRECO DAL 29 APRILE AL 4 MAGGIO
> >
> > http://www.montecompatriproloco.it/Mostra_Fattore_Greco.htm
> >
> > INVITO
> >
> > http://www.montecompatriproloco.it/Invito_Mostra_Fattore_Greco.htm
> >
> > e ricordo
> >
> > le letture poetiche presso "i ghiottoni" lunedì 28 aprile alle 5 e trenta
> > e le conversazion al borgo, cultura in pillole l'8 maggio alle sei
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sabato 22 marzo 2008

DA STASERA MAGDI ALLAM....


....diventerà uno di noi, riceverà il Battesimo da Benedetto XVI.

venerdì 7 dicembre 2007

OPINIONI DI UN CITTADINO DELLA NOSTRA ITALIA

Los Tato o Lost ato?
Il nostro Stato è uno Stato "tato" ?
Il nostro Stato è uno Stato perduto ?
Lo Stato siamo noi.
E' una bella frase che ha perso ogni suo significato.
La abbandono alla retorica più menzognera.
Se lo Stato fossimo noi allora ciò che accade corrisponderebbe alla nostra volontà.
Non mi sembra proprio.
Noi non vogliamo ciò che stà accadendo.
Noi non vogliamo che questo Stato sperperi i soldi che gli diamo in stipendi assurdi, viaggi, pranzi, cene, vacanze per i politici, per gli amici dei politici, per gli amici degli amici, per i figli dei politici, per i figli dei figli, per generazioni.
Noi non vogliamo dei servizi scadenti, delle leggi ingiuste specie retroattive. Noi non vogliamo ridotta la nostra sicurezza e la nostra libertà. Noi non vogliamo che la famiglia Rotschild abbia contribuito a far eleggere Prodi affinchè il nostro Paese perda in competitività e credibilità internazionale. Noi non vogliamo uno Stato che ratifichi leggi europee e poi non le applichi, e quando viene sanzionato, condannato dalla Corte Europea a restituire ai cittadini il maltolto lui faccia una leggina per rinviare i pagamenti e poi rinvii la stampa dei moduli per il rimborso e poi non faccia più sapere se e come effettuerà questo benedetto rimborso. Noi non vogliamo uno Stato che ci faccia schifo. Noi non vogliamo che i politici si dimentichino della delega che gli abbiamo assegnato per rappresentarci e che facciano invece un'opera di persecuzione nei confronti dei cittadini. Noi non vogliamo la morte della iniziativa privata. Noi non vogliamo la concorrenza sleale dei grandi gruppi che schiacciano il piccolo, l'artigiano, il contadino, l'imprenditore, il commerciante, le gestioni familiari. Noi non vogliamo le caste, le mafie, le corporazioni. Noi non vogliamo uno Stato che non contribuisca ad educare i nostri figli e che non gli offra sufficienti opportunità nel mondo del lavoro. Noi non vogliamo che dopo 40 anni di lavoro un cittadino prenda una pensione da fame e che dei cittadini siano andati in pensione poco dopo i 40 anni avendo anche fatto un secondo lavoro in nero e li dobbiamo mantenere per il resto della loro vita. Noi non vogliamo uno Stato regno dei soprusi e dei privilegi.
Noi vogliamo quello Stato che tanti ma tanti anni fa l'italiano era fiero di farne parte.
Noi dovremmo avere il coraggio di fare a meno di questo Stato.
Lo Stato non siamo noi.
Lo Stato sono loro.