

ROSSO FERRARI.
Tutti pronti? Allacciate le cinture ed accendete i motori: si parte.
Domenica 16 marzo, in Australia a Melbourne, inizia nuovamente il Campionato di Formula1, che terminerà solamente il 2 novembre, dopo la bellezza di 18 gare in altrettanti circuiti e Paesi diversi.
Dopo un 2007, inquinato e sfalsato da formulopoli, dopo accuse, condanne, cattiverie, sospetti, anomalie e corse tutte contrassegnate dalla legge del più cattivo, si ricomincia da zero.
Alonso torna al suo primo amore: la Renault, capitanata da Briatore. Sarà suo compagno d’avventura il giovanissimo Piquet Jr.(chi non ricorda il simpaticissimo papà Nelson?).
Montezemolo punta tutto su Raikkonen, con Stefano Domenicali, nuovo Direttore Sportivo Ferrari, al posto di Jean Todt che per ben 17 anni ha guidato la squadra.
Alla Mc Laren vedremo se Hamilton è stata solamente una cometa passeggera.
Fisichella entra nella nuova, nuovissima Force India Team, di proprietà del magnate indiano Vijay Mallaya.
Ma tutto questo lo potrete leggere sui giornali sportivi. Vorrei invece fare una constatazione di tipo diverso, essendo nata in un paesino vicino a Maranello ed essendo cresciuta a pane, mortadella e motori.
Come sarebbe la F1, se fosse ancora vivo il Commendatore?
Nessuno ce lo potrà mai dire, ma posso assicurarvi che l’uomo Ferrari era un puro, un semplice, grande e forte, ma allo stesso tempo implacabile verso se stesso e verso il mondo (del resto aveva molte cose da farsi perdonare, sia nella vita privata che nella sua acesa). Per non parlare del suo terribile rapporto con i piloti ed i tecnici (potremmo chiamare a testimoniare Ascari, Bandini, Villenueve, Forghieri, Giberti…tanto per citarne qualcuno!). Chi non parlava italiano (vedi Shumacher), decisamente, non entrava a Maranello e men che meno si poteva sedere alla sua ambitissima tavola al Ristorante Cavallino, quando, a mezzogiorno in punto, ci si poteva deliziare con i tortellini in brodo ed il bollito preparati da Oscar. Non si poteva arrivare in ritardo: il Drake aveva solamente bevuto un caffè alle 7 del mattino per entrare in Azienda, accompagnato dal fido autista Peppino, ad aspettare i meccanici e gli ingegneri. Naturalmente, non sarebbe poi uscito fino alle 7 di sera.
Non ha mai visto un Gran Premio personalmente: ha sempre solo seguito le vicende dei Suoi Piloti attraverso la televisione, chiuso, in completa solitudine, nel Suo immenso ufficio sulla Via Giardini, in quella improponibile e soffocante calura della pianura padana.
Pensate che un uomo simile avrebbe potuto sopportare le maldicenze e i giochetti di questi ultimi anni? Avrebbe mai concesso alla Sua squadra di correre in India, in Cina, in Barehein o in Turchia?
No, la F1 è un prodotto occidentale, o meglio Europeo, nato e cresciuto in Italia ed in Inghilterra: la globalizzazione fa miracoli, ma l’Oriente è lontano e Lui non si sarebbe certo fatto accecare sulla via di Damasco…
Non avrebbe mai accettato, anche se il suo motto era solo uno: VINCERE!
5 commenti:
Amica Giò
Quello che scrivi è ciò che vivevamo nella Modena di allora e all'Autodromo, tutti i giorni, e specialmente quando il Drake era li, ai box, a sovraintendere il lavoro dei suoi uomini.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo, di conoscere Mauro Forghieri, di essere considerato nipote, come i suoi nipoti, da parte del vecchio Bazzi, torinese e primo capo motorista in Ferrari, un motorista all'antica, che poggiava la lama del cacciavite su coperchio delle valvole e ti faceva la radiografia precisa di quel motore, d'avere conosciuto tanti piloti di allora, Phil Hill, i fratelli Rodriguez, Scarfiotti, Bandini, Fangio, Lauda, Amon, Shekter e tanti altri, di montare in macchina e girare in pista con Parks, d'avere visto ed essere montato a bordo dell'unica Serenissima di Giovanni Volpi, d'avere sentito i primi vagiti della De Tomaso Bitrave, d'avere provato una Ford Cobra, che allora era la bestia nera dei prototipi Ferrari, d'avere visto, un giorno, entrare dal cancello dei box quel camion che portava una macchina coperta da un telo, e tolto il telo scoprire che sotto c'era una macchina straordinaria e dalle linee futuriste, la prima Miura Lamborghini, e quel mezzogiorno eravamo a tavola con il collaudatore australiano, alto come una pertica e magri come un grissino, ma che mangiava gnocco e tigelle in quantità industriali e beveva Lambrusco che pareva acqua fresca.
Quella era l'epopea dell'automobilismo sportivo ancora da pionieri, con l'amico Luciano Bovina che girava il mondo per conto ai Autosprint, facendo foto a tutti i GP, che mi faceva vedere in anteprima e mi raccontava di vizi e virtù di un mondo che era ancora molto naif, rispetto all'asettico, per la meccanica, mondo della F1 del giorno d'oggi.
Tanto è stato scritto, di quel mondo, ma ancora nessuno ne ha scritto per rendere veramente l'atmosfera di un ambiente che ora pare preistoria, ma li è nata la vera storia dell'automobilismo sportivo in una città, Modena, dove in ogni officina scoprivi dei veri geni dei motori, ed in ogni officina nascevano macchine che poi, la domenica, ti ritrovavi correre sulle piste più improbabili, per il gusto di sentire rombare un motore, e vedere piloti che si sfidavano su qualsiasi cosa che avesse 4 ruote e fosse capace di affrontare una curva "a radec".
Grazie Giò, perchè riporti questo modenese a mangiare un pò di motori e mattane dei bei tempi, mai morti o sopiti
Il lapislazzulo non è un lampostil!
Voltaren, ho l'influenza ma non ho capito.......lapislazzuli...?????????
Lapis-lazzulo.
Albert, tanto hanno scritto, ma nessuno ha detto mai niente di vero...sono d'accordo....ho anch'io conosciuto bene la "famiglia" Ferrari.....e se vorrai, ti manderò un mio lungo racconto, che NON posso pubblicare perchè, come tu ben sai, gli eredi sono ancora vivi e vegeti.....
VOLTARENNE continuo a non capire....lapis ..OK, ma LAZZULO?????
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