giovedì 24 gennaio 2008

IL TAR DEL LAZIO E LA LEGGE 40. CONTRO LA VOLONTA' POPOLARE

Il TAR del Lazio, il Tribunale Amministrativo Regionale, ha sospeso con una sua “sentenza” le linee guida della legge 40, chiamata a regolamentare la procreazione cosiddetta assistita, ed ha richiesto il parere della Consulta al riguardo.
E’ superfluo qui ricordare sulla base di quali principi si sia stesa la legge 40 e che cosa essa prescriva. Piuttosto, bisogna porsi le seguenti domande:
1) la legge 40 è stata votata dal Parlamento, organo legislativo, e firmata dal Capo dello Stato, supremo notaio costituzionale e presidente della Corte Costituzionale, chiamati ambedue a vigilare sulla conformità delle leggi proposte alla Costituzione. Con quale diritto la magistratura, che non ha potere legislativo, s’arroga di sospenderla od addirittura pretende di modificarla?
2) come può un semplice Tribunale Amministrativo Regionale rivendicare il diritto di sospendere una legge nazionale?
3) qualora ogni TAR, anzi ogni organo magistraturale, agisse in modo simile, non si avrebbe forse una vera condizione d’anarchia? Ogni singolo magistrato potrebbe decidere quali leggi abrogare, sollecitare o modificare.
4) perché il TAR non ha tenuto conto del fatto che un referendum abrogativo della legge 40 è stato di fatto respinto dalla stragrande maggioranza degli Italiani? La decisione del giudice non va soltanto contro a quella del Parlamento e del Capo dello Stato, ma anche a quella del popolo, direttamente convocato.
5) la legge 194, che legittima l’aborto, è stata, parimenti alla legge 40, votata in Parlamento, approvata dal Presidente della Repubblica e confermata da un referendum. Tuttavia, essa non è applicata correttamente, in quanto le norme che essa prescrive non sono rispettate. A) Ad esempio, essa consente l’aborto soltanto in caso di “grave pericolo per la salute fisica e mentale della donna”, laddove i medici abortisti stessi ammettono che solitamente le ragioni che inducono la madre ad abortire non sono affatto così gravi. Le statistiche stesse sulle condizioni economiche e sociali delle donne che giungono all’aborto lo attestano. I veri e propri aborti terapeutici sono in realtà assai rari, oscillando attorno all’1% od al 2%. In altri termini, la legge 194 è violata nell’applicazione dai suoi stessi sostenitori. B) Ancora, l’aborto è considerato da questa legge medesima come un male, ma soltanto il “male minore” (sic). La legge 194 prevede l’esistenza massiva ed attiva di consultori, atti a valutare le condizioni di salute psicofisica della madre e l’effettiva “esigenza” (sic) dell’aborto stesso. Perché queste norme non sono mai state messe in atto e l’istituzione dei consultori è stata di fatto delegata ad associazioni private? C) Inoltre, i principi ispiratori della legge 194 sono ormai anacronistici, poiché è stato fissato come termine ultimo per consentire l’aborto la data di 3 mesi dal concepimento, oltre il quale il feto era in grado di sopravvivere al di fuori del corpo materno, col sostegno delle incubatrici. Però, oggigiorno, a distanza di quasi trent’anni dall’approvazione della legge 194, la medicina è decisamente progredita e consente al feto di rimanere in vita al di fuori della placenta ben prima dei tre mesi. In altri termini, sulla base dei principi giuridici medesimi della legge 194, essa dovrebbe essere rivista.


Perché ogniqualvolta si sollecita una corretta applicazione della legge 194, o si domanda la sua revisione ovvero aggiornamento, in conformità ai suoi dettami ispiratori, gli abortisti replicano che essa è stata approvata da Parlamento e da un referendum, e non può essere modificata? Così facendo, gli abortisti contraddicono la legge 194 medesima, infrangendone i principi.
Al contrario, la legge 40, emanata da poco, vede già un TAR pronto a sospenderla ed a richiedere il parere della Consulta, in seguito agli esposti di determinate “associazioni”, a quanto pare di marca radicale, femminista ed omosessualista.
Rispondere ai quesiti suddetti equivale ad ammettere come i vari sostenitori della “libertà” intesa alla maniera del radicalismo e progressismo “illuminato” e salottiero rivendichino di fatto libertà solo per sé stessi e per le proprie idee, negandola sempre a quelle opposte. Le leggi devono essere rispettate, solo nella misura in cui è loro consono, così come la “volontà popolare”.
Il tentativo del TAR del Lazio di cancellare la legge 40 o comunque rettificarla o cambiarne l’applicazione può apparire agli occhi di molti come un attacco non solo alla separazione dei poteri dello Stato, all’autorità del Parlamento e del Presidente della Repubblica, ma alla volontà stessa degli Italiani, inequivocabilmente espressa da un referendum.[1]
Al contrario, a prescindere dalle valutazioni sulla liceità dell’aborto, cosa distinta dalla legittimità (l’aequum, il “giusto”, non necessariamente equivale allo ius, il “diritto”), se esiste una legge che andrebbe cambiata, in totale rispetto alle normative vigenti, anzi, in loro attuazione, è proprio “l’intoccabile” legge 194.

Marco Giulio

[1] Esso ha visto la conferma di questa legge stessa, nonostante l’opposizione di quasi tutti i “poteri forti” (dalla finanza all’intellettualità alla “grande stampa”)

2 commenti:

ambra ha detto...

Non è questo un palese tentativo di sovversione ?
La Magistratura si sta preparando ad un Colpo di Stato ?

Maria ha detto...

No Ambra, la Magistratura l'ha già fatto il colpo di Stato negli anni '90. E' da allora che è diventata arbitro assoluto