
DA LIBERO
| Italia | Alessandra Stoppa
Pubblicato il giorno: 25/07/08
Invito alle famiglie
Gelmini scatenata: «Basta con i genitori sindacalisti dei figli»
Per una volta il ministro dell’Istruzione non si scaglia contro libri cari e valutazioni. Quello che non le va giù sono i genitori che danno sempre ragione ai figli. Che si schierano dalla parte dei ragazzi a ogni costo, anche a quello di renderli più fragili. Le famiglie «troppo buoniste», le chiama lei. Padri e madri che decidono, per un malinteso senso di responsabilità, d’interpretare la parte di «sindacalisti dei propri figli». Dalla cattedra arrivano rimproveri, insufficienze o note, e ancor prima di sapere perché e percome a casa si è già deciso che il professore è nel torto.
La lectio del ministro Mariastella Gelmini è chiara. «Credo che le famiglie non debbano sempre dar ragione ai propri figli, essere i loro sindacalisti, ma che debbano creare una collaborazione con gli insegnanti». Condizione imprescindibile, questa, per rivalutare il ruolo dei docenti. Perché riacquistino la dignità passata e persa. Non solo: i primi a subire i danni dell’eccesso di protezione famigliare sono i ragazzi stessi: «Vogliono aiutarli, ma ottengono l’effetto opposto».
Il ministro parla per esperienza: «I miei genitori», racconta a Libero, «tendevano a dar sempre ragione al professore: diciamo che, in un “contenzioso”, se c’era qualcuno che contestavano aprioristicamente, ero io. Non certo l’insegnante. Per cui, prima che mi dessero ragione, ce ne voleva... Ma proprio questo, educativamente, è stato un fattore decisamente utile».
Tanto che, ieri, si è rivolta all’intero “corpo genitori” della scuola italiana. «Avere una famiglia troppo buonista nei confronti del figlio credo non aiuti il ragazzo: anzi, crea un cortocircuito con gli insegnanti e anche un disorientamento». E al richiamo segue un’indicazione di metodo: «Più rigore». Sia da parte degli insegnanti che delle famiglie.
La richiesta non cambia mai: era rigore anche quello chiesto e prospettato agli studenti per primi. Innanzitutto, infatti, la Gelmini si è concentrata sulla disciplina dietro ai banchi: il voto in condotta che ritorna decisivo nella valutazione finale («probabilmente già da settembre», abbozza); così come il grembiule («o meglio, la divisa, quella con lo stemma dell’istituto», secondo un’ultima precisazione).
In mezzo alle proposte rilanciate, il ministro accenna senza sbilanciarsi anche alla settimana corta. «Per ora è solo una possibilità da valutare». Ma la novità di stare sui banchi cinque giorni su sei, con il sabato come giorno libero («garantendo sempre il tempo pieno»), potrebbe essere uno degli esiti «delle normative che scatteranno da settembre 2009, con le quali rivedremo gli orari delle materie e dei cicli scolastici: valuteremo in quel contesto se lasciare agli studenti il sabato libero». Che non è, però, la priorità per il ministro bresciano. Come lo è, invece, l’assillo costante «di una scuola che è morta, che non ha nessuna progettualità: se il 97% del bilancio è costituito dagli stipendi, capisce che di una scuola decrepita si tratta». La speranza è riposta nel fatto che, da qui al 2015, sia destinato ad andare in pensione più del 30 per cento del corpo docenti. Quindi «ci sarà un ricambio naturale e, a quel punto, è importante trovare il sistema migliore per permettere l’ingresso dei meritevoli».
A sostenere la linea di rigore del ministro, in prima linea ci sono le scuole private. «Non possiamo che essere d’accordo con il ritorno del grembiule e del voto in condotta», spiega Marcello Sera, presidente di “Liberascuola”, associazione che riunisce oltre cinquecento istituti scolastici parificati. Quelli che una volta erano noti solo come “diplomifici”, ma che oggi si fanno paladini di qualità e disciplina e lanciano un appello alla Gelmini: «Siamo d’accordo con la linea del ministero, ma deve essere chiaro che vorremmo una parità effettiva: dalla firma della legge, nel 2000, siamo sempre stati visti con sfiducia: è il momento di dare piena attuazione a quella norma».
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