giovedì 24 luglio 2008

LA LINGUA ITALIANA, I DIALETTI E LA SCUOLA(click)

Questo il parere di un amico.

leone 20
Bossi: "Basta con i prof. terroni" 23/07/2008 22:15

Vorrei portare un goccio di acqua alla causa se mi permettete.
In tutti gli anni delle scuole medie, medie serie, quelle per cui si doveva fare l'esame di ammissione in quinta elementare e il latino iniziava fin dai primi giorni. Per tutte le scuole superiori il sottoscritto, Valtellinese del profondo nord, ha avuto solo due Prefessori di origini Valtellinesi, tutti gli altri erano provenienti da tutta Italia con preminenza dalle regioni del profondo sud.
Sono cresciuto in casa parlando il dialetto con i nonni e un po' di Italiano con mia Madre Friulana.
Per me l'Italiano è stato come il dover imparare una seconda lingua o quasi.
L'Italiano , che bestia nera è stata per me per anni, fino alla terza superiore quando ebbi il primo Professore di Italiano Valtellinese come tutti noi alunni.
Che pacchia, dal sei stiracchiato per le orecchie passai subito al sette, la sostanza c'era, mancava il modo esatto per descriverla e per chi poteva capire e si sforza di farlo anvdava bene.
Povero Professor Baggini, ricordo ancora le sue tiratine di orecchie... vedi si potesse parlare e scrivere in dialetto valtellinese forse potrei arrivare fino all'Otto e anche oltre.
Ricordo il giorno che mi vide in Uniforme da Colnnello Comandante di Reggimento Alpino e le sue lacrime di felicità, vi lasci solo pensare la mia emozione
Ovvio che chi non capiva e forse per ragioni sue non aveva la voglia o la pazienza di tentare di capire le cose non andassero allo stesso modo.
Per completare, all'esame di Stato uscii con la media del sette, nonostante l'esame di riparazione che l'Insegnante di Estimo (Meridionale) e mi rifilò per incompatibilità politica.
Oltre ad essere meridionale era anche un po' troppo sbilanciato a sinistra e non ne faceva mistero, anzi diciamo pure un po' di propaganda
Non capivo perchè si dovessero fare tutti gli scioperi, se l'avessi saputo il giorno prima sare rimasto a letto e mi sarei risparmiato una alzataccia e quaranta chilometri di treno per poi rimanere fuori dall'Istituto al freddo.
Naturalmente questo mi costò l'appellativo di fascista con tutte le consegienze che in quegli anni ruggenti ne derivavano.

11 commenti:

Marco De Turris ha detto...

1) L'Italiano è la lingua nazionale, assieme al Latino.
E' vero che esso è basato principalmente sul Toscano, anzi il Fiorentino letterario, però tutte i linguaggi locali d'Italia vi hanno contribuito
2) E' vero che le scuole d'ogni ordine e grado, sino alle università, in molte regioni d'Italia sono inferiori ad altre, però non si può assolutamente generalizzare riguardo agli "insegnanti meridionali", poiché non risponde necessariamente al vero. Sarebbe più giusto valutare caso per caso.
D'altronde, per rimanere all'uso della lingua italiana, in teoria nessuno dovrebbe servirsene meglio dei Toscani, i quali non si possono considerare "settentrionali".

ambra ha detto...

Caro Marco, anche i Toscani incorrono spesso in errori di sintassi, che si notano meno, ma sono pur sempre errori.
Tu sai che io sono toscana, ma adoro i dialetti italiani tutti e amo sentirli parlare dai nativi che, col dialetto, comunicano anche molto delle loro peculiarità di carattere, di formazione della propria personalità, di vita vissuta in una regione piuttosto che in un'altra.
Perché disconoscere questa ricchezza di sfaccettature che compone in un unum il Popolo Italiano ?
E la nostra lingua questo rappresenta e deve rappresentare : un bel quadro ottenuto con l'arte del mosaico.
Come possiamo parlare di integrazione per gli stranieri se non riuscimo noi stessi a integrarci l'uno con l'altro ?

Marco De Turris ha detto...

Cara Ambra,
condivido appieno ciò che Tu dici sulla ricchezza culturale delle molteplici varianti della nostra lingua comune. Aggiungo anzi che il friulano, il piemontese, il sardo costituisco persino dei ceppi linguistici a sè stanti, anche se certamente membri della famiglia delle lingue romanze e quindi derivanti dal latino.
Tuttavia, nessuna lingua locale può raggiungere il valore e la raffinatezza dell'Italiano, che è la lingua più letteraria d'Europa: nessun'altra, come la nostra, è stata realmente una creazione di poeti, letterati ed umanisti.
Non disprezzo i cosiddetti "dialetti", io stesso conosco il mio, poiché non sono Toscano, però è inammissibile che insegnanti non siano capaci d'esprimersi in italiano corretto coi loro allievi, da qualunque parte d'Italia provengano
Un caro saluto
Marco

ambra ha detto...

Caro Marco, infatti in un post sul Legno avevo proposto come materia di studio per insegnanti anche un corso di dizione
Perché per gli attori è indispenabile e non deve esserlo anche per coloro che dovranno insegnare la nostra lingua ?

Anonimo ha detto...

Ambra
la tua proposta del corso di dizione in un paese veramente moderno e progredito trova senz'altro
"sicuro accoglimento"

Ma forse noi non siamo a questo livello .....

Una volta lessi che il depositario della lingua inglese parlata, per la Gran Bretagna, e' la BBC. Cioe' li' l'ente si fa' carico di essere il custode e garante della lingua pronunciata e parlata. E quindi NON e' la Regina con il suo inglese personale ma la BBC.

A Marco volevo pero' dire anche che il " dialetto" napoletano e' una lingua completa e riconosciuta dai centri linguistici mondiali.

Segnalo inoltre questa pagina per alcune altre osservazioni riguardo il napoletano

Saluti

Ambro

ambra ha detto...

Quale pagina Ambro ?
Della lingua napoletana sapevo e forse quella di Marco è stata una dimenticanza dovuta alla fretta.
Ciao Ambra

Anonimo ha detto...

OOpps ... ho dimenticato il link alla pagina web.

Eccolo

http://home.nikocity.de/contrasto/napolet.htm

Marco De Turris ha detto...

Cara Ambra,
l’idea di rendere obbligatori corsi di dizione è ottima. Nel Regno Unito le scuole più esclusive hanno fra le proprie discipline più importanti proprio la pronuncia. Però, quello che manca qui in Italia è un’autentica politica culturale di largo respiro, dalla lingua, alla letteratura, alla musica ed al canto (gregoriano e lirica), allo sterminato patrimonio artistico, il maggiore al mondo senza paragoni.
Abbiamo ereditato un tesoro culturale immenso, e lo lasciamo andare in rovina per scimmiottare malamente gli americani.
Cordiali saluti
Marco

Marco De Turris ha detto...

Gentile Signor Ambro,
non avevo certo intenzione di misconoscere il valore della letteratura in lingua partenopea, che comprende anche una folta produzione canora ed operistica. Si può dire che ogni lingua vernacolare italiana abbia una sua produzione letteraria, fra cui spicca, oltre a quella napoletana, certamente la veneta, che ha prodotto fra gli altri un classico della stessa letteratura “italiana” quale Goldoni.
Parlando di friulano, piemontese e sardo quali tre ceppi linguistici differenti dagli altri, non intendevo esprimere un giudizio sul valore storico e culturale dei diversi linguaggi, bensì sul loro reciproco grado di parentela. Potrei ben sbagliarmi, non essendo un glottologo, ma, da quel che pochissimo che so, le tre lingue suddette non rientrano nel novero di quelle italiane. In altri termini, ponendo il latino come antenato comune, mentre i vari “dialetti” italiani sono fra loro fratelli, friulano, piemontese e sardo risultano invece “cugini”, in quanto hanno un’ascendenza distinta dagli altri. Il napoletano appartiene invece alla famiglia dei dialetti centro-meridionali, differendo abbastanza da essi per l’influenza del romanesco, che a sua volta è un derivato dal toscano e dall’italiano letterario vero e proprio.
Per ricorrere ad una metafora, si può porre l’italiano letterario al centro d’un cerchio, attorno al quale si susseguono concentricamente il fiorentino, il toscano, il romanesco ecc. All’estrema periferia, si trovano proprio i dialetti delle regioni di frontiera, come friulano, piemontese, sardo ed in verità, anche il còrso, della perduta regione italianissima della Corsica. Tutte le forme vernacolari hanno contribuito alla costituzione dell’italiano, che non coincide certo col vero e proprio toscano, però in misura diversa e quindi con differenti gradi di vicinanza.
Questo né aggiunge né toglie pregio ed importanza a nessuno, fermo restando che il sottoscritto potrebbe essere in errore e che si riscontrano diverse teorie glottologiche e forme di categorizzazione.
Cortesi saluti
Marco

Anonimo ha detto...

Caro Marco
l'UNESCO dice che il napoletano e' una lingua.

Altri dicono che una lingua per essere considerata tale deve essere riconosciuta da uno Stato.....

Io dico che il napoletano e' la LINGUA della mia Patria vera (anche se le ultime tre parole di questa mia frase non piacciono ad Ambra :-)

http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_napoletana

Salutoni

Ambro

Marco De Turris ha detto...

Caro signor Ambro,
purtroppo non mi sono spiegato bene. Non ho detto che il napoletano non sia una lingua, se non altro perché ha caratteri suoi propri e possiede una tradizione letteraria. Ciò che ho sostenuto è che tale lingua, come molte altre (il veneto, il milanese, il romanesco ecc.) è riunibile in una categoria comune, quella delle lingue vernacolari d'Italia, che ha una medesima origine, mentre esistono altri ceppi di lingue vernacolari italiane le quali possiedono un'ascendenza differente, pur derivando anch'esse dal latino.
Non facevo una questione di natura, bensì d'appartenenza categoriale.
Cortesi saluti
Marco