Un approccio sicuramente erroneo al problema dell’eutanasia, od ad altri consimili, è quello di considerarlo quale un contrasto fra principi religiosi e laici. Tale posizione risulta in realtà funzionale alle argomentazioni di coloro che ne sono favorevoli, di norma sedicenti laici, i quali in tal modo cercano di negare a priori la legittimità dei ragionamenti dei loro avversari, sostenendo che non sono di per sé accettabili in quanto ispirate a criteri religiosi e pertanto incompatabili con la laicità dello stato.
Bisogna quindi premettere che il dibattito sull’eutanasia o l’aborto, anzi su qualsiasi questione, non può e non deve essere mescolato a criteri di natura religiosa, ideologica, sentimentale ecc., ma ispirato unicamente a quelli d’oggettività e razionalità, così come si farebbe o si dovrebbe fare in ambito scientifico. Soltanto in questo modo si può tentare di giungere alla verità, che non appartiene a nessuno ed è tale per chiunque adoperi la ragione e possiede quindi carattere d’universalità. Come ha detto Giovanni Gentile: “Non esiste il mio pensiero o il tuo pensiero, esiste il pensiero”.
[1]In altri termini, il problema posto è su ciò che è giusto fare, e la risposta può provenire dai più diversi ambiti culturali ed intellettuali, indifferentemente siano essi laici o religiosi: ciò che importa è fornire argomenti probanti.
In questo inoltre si può evitare l’obiezione, in verità pretestuosta, di chi in nome della “laicità” di fatto intende negare diritto di cittadinanza ai credenti in qualsiasi religione, impedendo di sostenere le proprie posizioni, il che conduce ad uno stato non più laico (estraneo alle opinioni filosofiche e teologiche dei suoi cittadini) bensì laicista od ateo (l’agnosticismo o l’ateismo di fatto nuova “religione di stato”).
Ippocrate, il Greco padre della medicina, non era cattolico, ma se prescrisse a infinite generazioni di medici, col suo celebre giuramento, «non darai la morte, non prescriverai veleni», fu perché gli era chiara la conseguenza finale del minare il muro della difesa medica della vita.
Pertanto, a prescindere dalle considerazioni sulla sacralità della vita, che pure certamente si possono svolgere, che cosa si può dire contro la proposta della legalizzazione dell’eutanasia?
Inesistenza del libero arbitrio
L’argomento principe dei sostenitori dell’eutanasia consiste in un richiamo al criterio della libera scelta dell’individuo: chi decide d’uccidersi per sfuggire ad una grave malattia, ha il diritto di farlo.
Tuttavia, tale asserzione si presenta facilmente contestabile. Anzitutto, molte categorie d’infermi per i quali è proposta la “dolce morte” sono del tutto privi di coscienza, in stato comatoso ovvero vegetativo, e non possono in alcun modo esprimere la propria volontà. Anche nel caso che abbiano espresso precedentemente una loro volontà in proposito, non si può dire che siano in grado di confermarla.
Inoltre, anche coloro che teoricamente sono in grado d’esercitare tale possibilità, sovente sono menomati nel proprio “libero arbitrio” dalle circostanze in cui si trovano. Un essere umano gravemente malato può essere indebolito nelle proprie facoltà mentali, rimanere colpito anche psicologicamente con l’insorgere di malattie della psiche, ed anche abbattuto dallo stato di debolezza e sofferenza in cui è caduto. E’ discutibile, perlomeno in alcuni casi, che sia realmente in grado di compiere una scelta consapevole e razionale.
Soprattutto, un uomo malato al punto da poter desiderare la morte risulta obiettivamente vulnerabile a pressioni e suggestioni esterne, ben più di quanto non accada normalmente. Egli può essere indotto all’eutanasia dai suoi medici, che possono dirgli che “non esiste altra soluzione”, o parenti, che possono fargli capire d’essere indesiderato e di rappresentare un peso umano ed economico. Una persona che percepisca il sostegno dei propri cari può ben desiderare la vita, ma se viene ad essere implicitamente od esplicitamente rifiutato può allora scegliere la morte. Considerando che casi d’induzione al suicidio avvengono nella vita quotidiana, certamente si avrebbero anche con la legalizzazione dell’eutanasia, offrendo un “materiale umano” mediamente molto più debole.
Tutte le possibilità suddette si sono già tradotte in atto in Olanda, tanto che molti suoi cittadini hanno preso a redarre dichiarazioni firmate in cui si nega il diritto di compiere su di lui l’eutanasia, ed a portarle sempre con sé.
[2]Diminuzione delle cure
Oggigiorno esistono un gran numero di malattie piuttosto rare per le quali le cure sono insufficienti, così come colpiscono malanni cagioni di gravi sofferenze, senza che sia disponibile un terapia del dolore totalmente efficace. L’esistenza di simili problemi è naturalmente uno stimolo alla ricerca scientifica per la loro risoluzione. Tuttavia, nel momento in cui si diffondesse la pratica dell’eutanasia, proprio la “dolce morte” finirebbe col diventare agli occhi di medici e pazienti la soluzione prima, indebolendo le motivazioni al miglioramento delle terapie.
Laddove l’opzione eutanasica fosse accolta come possibile, ne conseguirebbe molto probabilmente un affievolimento dello sforzo teso a ridurre la sofferenza e la cura, soprattutto per quanto riguarda i gruppi socialmente ed economicamente più deboli, per i quali il ricorso all’eutanasia diventerebbe la soluzione più "ovvia" ed economica. Non si tratta affatto d’una possibilità teorica, bensì d’una eventualità altamente probabile, sia per i costi della ricerca scientifica, in quanto minore è il numero di persone colpite da una data malattia, minori sono le somme investite per la sua cura, essendo proporzionalmente più basse le possibilità di lucro.
Il fatto è già avvenuto con l’aborto, al quale in molti paesi si fa ricorso anche nel caso di malattie o malformazioni facilmente curabili, ma soltanto ad un determinato prezzo: l’aborto invece costa di meno, oppure è offerto gratuitamente dal servizio sanitario, in alternativa al trattamento rivolto alla guarigione, più costoso.
Si può portare un esempio consimile. Uno studio del 1994 ha documentato che malati di cancro appartenenti a minoranze etniche negli Stati Uniti d’America avevano possibilità tre volte maggiori di ricevere un trattamento inadeguato della sofferenza rispetto agli altri pazienti.
L’impiego dell’eutanasia consentirebbe quindi di ridurre od anche abolire le spese ed il servizio pubblici per determinate terapie, con uno scambio economicamente vantaggioso per le casse del sistema sanatario: l’aborto o la “dolce morte” costano di meno di date cure.
Imbarbarimento della societàMa esiste un’altra valida ragione contro l’eutanasia, data dall’imbarbarimento della società. Per spiegare in che cosa consista tale pericolo occorre fare un passo indietro e domandarsi perché esistevano gruppi di pressione tanto forti a sostegno della pratica del suicidio assistito. La ragione è quella sopra ricordata, e consiste anzitutto nell’interesse economico. I bambini costano e comportano sacrifici, specialmente quelli malati, pertanto la soluzione ritenuta nell’immediato economicamente vantaggiosa consiste nel sopprimerli con l’aborto. I malati incurabili e gli anziani impossibilitati a badare a sé stessi rappresentano anche loro un gravame finanziario e sociale per lo stato e le famiglie, per cui diviene parimenti funzionale agli interessi dell’economia eliminarli fisicamente. La nostra società, che ha elevato a proprio dio il piacere ed a suo strumento il denaro, vuole individui adulti e sani, capaci di produrre e consumare: bambini, malati, anziani non rientrano in questa categoria, per cui sono di troppo.
In Olanda, paese che ha legalizzata l’eutanasia, si è compiuta col pretesto della pietà un’operazione di risparmio sulle spese assicurative, previdenziali, sanitarie. Si può dire che in tutte le società umane la senectus è stata vista come immagine della saggezza e della dignità, mentre i malati sono stati oggetto di pietà: nell’Europa cristiana dei secoli trascorsi costoro erano considerati immagine di Cristo sofferente, mentre oggi, sostituita la pietas romana e la charitas cristiana al businnes del capitalismo selvaggio, sono visti quale strumento di profitto o causa di perdita, valutati quale merce.
Naturalmente, a tempi lunghi simili scelte sono suicide per la collettività nel suo complesso, e ciò traspare dal calo demografico e dalla riduzione degli individui attivi dovuti anzitutto all’aborto, autentico genocidio mascherato. Tuttavia, per chi pensa soltanto al proprio interesse, questo può essere insignificante.
Permettere l’eutanasia significa quindi ripetere con malati ed anziani l’operazione già compiuta con bambini, ovvero disumanizzarli e privarli di valore e significato. La nostra società ha perso ormai criteri di giudizio del bene e del male, confondendo l’aequum, il giusto, con lo ius, il diritto, per cui si considera grossolanamente ed irrazionalmente legittimo quel che è legale, come nel caso dell’aborto. Una volta caduto il principio dell’intangibilità della vita e dell’umanità dei malati, quel che è stato proposto, ingannevolmente, quale uno strumento eccezionale, diverrà invece comune ed abituale, diffondendo inoltre una mentalità ed una cultura non della pietas verso malati e sofferenti, bensì del loro rifiuto.
Infine, ultimo ma non ultimo, s’assegnerà in questo modo un potere enorme e ben difficilmente controllabile alle autorità pubbliche, specie alle anonime burocrazie, che potranno di fatto decidere chi sopprimere. Già accade in Olanda con medici che s’arrogano tale diritto, naturalmente nell’impossibilità di regolamentare realmente l’esercizio dell’eutanasia.L’Europa si vanta d’aver soppresso la pena di morte, ma in realtà, oltre allo sterminio abortista, l'Olanda ha dislocato il potere statale di morte dalla Giustizia alla Sanità, secondo una deriva già ampiamente sperimentata con l'aborto stesso. La morte, trasferita a diverso competente ministero, non è più una «pena», s'è mutata in «somministrazione», cosicché colui cui la morte viene «prescritta» come «cura» estrema non ha diritto a pubblico processo, né avvocato difensore, né a una giuria.
[1] Beninteso, tale norma non respinge aprioristicamente l’eventuale veridicità delle diverse religioni, filosofie, dottrine politiche ecc. Per rimanere al cattolicesimo, la conciliazione fra fides e ratio è sempre stata ricercata sin dalla Patristica antica e poi per tutto il Medioevo e l’era moderna, sino a quella contemporanea. La Chiesa di Roma ha sempre respinto il fideismo, ovvero il credere senza ragione e contro ragione, sostenendo con Anselmo d’Aosta che fides quarens intellectum, intellectus quaerens fidem.
[2] il dottor Karel Gunning, medico olandese contrario all’’eutanasia, ricorda i casi seguenti. La mentalità di morte è diventata la norma fra i medici olandesi. Conosco un internista che curava una paziente con cancro ai polmoni. Arriva una crisi respiratoria, che rende necessario il ricovero. La paziente si ribella: non voglio l'eutanasia, implora. Il medico l'assicura, l'accompagna lui stesso in clinica, la sorveglia. Dopo trentasei ore, la paziente respira normalmente, le condizioni generali sono migliorate. Il medico va a dormire. Il mattino dopo, non trova più la sua malata: un collega gliel'aveva 'terminata' perché mancavano letti liberi". - C'è da aver paura. "Infatti la gente ha paura. So di un malato di Alzheimer ricoverato in una casa per non autosufficienti. Una settimana dopo, la famiglia lo trova in stato di coma. Sospettano qualcosa, e così lo fanno trasportare all'ospedale, dove il paziente si riprende dopo l'infusione intravenosa di tre litri di liquido. Era stato lasciato disidratato. E' vissuto, per quanto ne so, almeno un altro anno". - E lo facevano morire di sete. "Un collega m'ha raccontato questa: vecchio paziente ospedalizzato, in agonia. Il figlio chiede ai medici di 'accelerare il processo', in modo che il funerale del padre potesse aver luogo prima della sua partenza per le ferie all'estero, già prenotate. I medici eseguono, giù con la morfina. Ma qualche ora dopo, il paziente si siede sul letto, è persino di buonumore. Finalmente, aveva avuto la somministrazione di morfina sufficiente per calmare i suoi dolori, e stava meglio! Episodi del genere si raccontano fra medici come fossero normali. Come fosse normale uccidere un paziente per compiacere i familiari"