sabato 18 luglio 2009

Occhio, qualcosa si muove.

Libano: feriti soldati italiani e francesi

18 Luglio 2009 22:38 ESTERI

BEIRUT - Un gruppo di manifestanti, che protestavano nel sud del Libano contro l'apertura di un'inchiesta sulla recente esplosione di un deposito d'armi, ha ferito leggermente oggi quattordici militari Unifil, tre italiani e 11 francesi. Gli incidenti sono avvenuti nella localita' di Kherbet Selem, non lontano dal quartier generale del contingente italiano. E' il primo avvenimento del genere ad avere coinvolto Caschi blu e popolazione locale dalla fine della guerra del 2006 tra forze israeliane e Hezbollah.

dal CORSERVA

1 commento:

ambra ha detto...

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http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=100&id=30433

Cosa c’era nella stiva del Tupolev iraniano precipitato il 15 luglio con 168 persone a bordo? Fonti medio­rientali sospettano che il jet stesse trasportando un carico di sofisticati detonatori e alcuni di questi sarebbe­ro esplosi provocando il disastro.
Il comandante dell’aereo, decolla­to da Teheran e diretto a Erevan (Ar­menia), ha segnalato un’emergenza 16 minuti dopo il decollo. E poco do­po il Tupolev, forse durante un dispe­rato tentativo di atterraggio, si è schiantato nella regione di Qazvin, a nord della capitale. Il jet — secondo indiscrezioni — aveva imbarcato, ol­tre ai bagagli dei passeggeri, un buon numero di casse di metallo che ospitavano detonatori di ultima gene­razione. Apparati composti da due chilogrammi di esplosivo e meccani­smi elettrici. Alcuni di questi, per mo­tivi non chiariti, avrebbero causato una deflagrazione fatale al jet. Infatti, testimoni hanno raccontato di aver sentito degli scoppi prima dell’impat­to.
Sempre secondo le fonti il Tupolev do­veva trasferire il ma­teriale lungo la se­guente rotta: Iran-Ar­menia- Turchia- Si­ria. Quindi il carico bellico avrebbe pro­seguito, via terra, per il Libano. I deto­natori erano, infatti, destinati al mo­vimento filo-iraniano degli Hezbol­lah, tenace avversario di Israele. Era stato scelto un percorso tortuoso — sostengono ambienti dell’opposizio­ne in esilio — nella speranza di dare meno nell’occhio. Una misura di pre­cauzione accompagnata dal cambio del «manifesto di carico» che doveva essere attuato a Erevan. In passato le autorità turche hanno impedito il transito di equipaggiamenti militari. E in un’occasione un attentato ad un treno da parte dei separatisti curdi nel sud della Turchia ha svelato un traffico di missili in favore del­l’Hezbollah.
Sembra che l’operazione Tupolev sia stata gestita da una sezione spe­ciale dei Pasdaran, impegnata a soste­nere le milizie sciite. Tra le vittime vi sarebbe, infatti, anche un dirigente dei Guardiani della rivoluzione a cui era stato assegnato il compito di sor­vegliare la consegna. E non è un caso che nella zona dove si è schiantato il jet siano arrivati uomini della sicurez­za e artificieri mentre le autorità han­no continuato a parlare di «inciden­te ». Informazioni trapelate dal Liba­no hanno aggiunto un particolare in­teressante. Il piano prevedeva che le casse dovessero essere nascoste in uno dei rifugi che l’Hezbollah ha crea­to nel Libano sud. Ma dopo un’esplo­sione che ha distrutto, il 14 luglio, il deposito di Khirbet Slem, gli iraniani avevano deciso di nascondere i deto­natori a nord del fiume Litani.
La presenza di arsenali proibiti ha causato, negli ultimi mesi, forte ten­sione tra l’Hezbollah e il contingente Onu, del quale fanno parte soldati ita­liani. A fine aprile un reparto spagno­lo ha iniziato a scattare foto nel villag­gio di Rabat Al Talatin dopo aver indi­viduato «un luogo sospetto». Un’atti­vità che ha provocato l’immediata re­azione di decine di civili — in realtà Hezbollah — che hanno circondato la pattuglia.
Una situazione simile si era verifi­cata in gennaio quando una folla di miliziani, travestiti da abitanti, ha as­salito un’unità francese che aveva scoperto un bunker a sud del fiume Litani. Ne è nato un duro confronto risolto con l’intervento di una colon­na di soldati libanesi, tutti sciiti. I mi­litari sono entrati nel tunnel ed han­no «certificato» che non vi erano ar­mi. In realtà hanno dato una mano all’Hezbollah nel coprire azioni non permesse dalle risoluzioni Onu.