
venerdì 03 luglio 2009, 14:30
Kabul, blitz della Folgore contro gli insorti talebani Attacco suicida: 2 feriti
Kabul - Ancora un attacco suicida contro una pattuglia italiana a Farah: due militari sono rimasti lievemente feriti. Lo ha reso noto il ministro della Difesa Ignazio La Russa in una conferenza stampa a Palazzo Chigi.Offensiva delle truppe italiane e afghane Parà italiani e militari afghani all'offensiva contro i talebani, in Afghanistan. È terminata nella notte, nella valle di Musahi, la vasta operazione congiunta che ha consentito di mettere guori combattimento un gruppo di "insorti" responsabile di una serie di ripetuti attacchi nei confronti degli uomini della Folgore. Secondo quanto riferito dal comando del contingente italiano a Kabul, nell’operazione, cominciata alle 4 di ieri notte sono stati impegnati circa 600 militari tra paracadutisti del 186/mo reggimento della Folgore e soldati dell’esercito afghano. Oltre alla cattura del gruppo di insorti, sono state sequestrate anche numerose armi portatili. Un secondo gruppo di insorti è riuscito a sganciarsi all'inizio dell'offensiva abbandonando le sue posizioni nell’area e cercando rifugio in una provincia confinante. L’operazione, che mirava al consolidamento della sicurezza nell’area sotto il controllo dei paracadutisti italiani e dell’Esercito afghano, ha avuto pieno successo ed è stata accolta con favore dalla popolazione e dai locali capi villaggio.Americani all'attacco: "Battaglia infernale" Anche l'esercito americano è impegnato da alcune ore in violenti combattimenti contro i talebani nella provincia di Helmand, nel sud: lo ha confermato il generale Larry Nicholson, comandante del corpo dei Marines, all’indomani dell’inizio dell’operazione "Khanjar" (Colpo di spada), contro i talebani. L’incursione, a cui partecipano 4.000 soldati Usa e 650 afgani, mira a liberare la provincia dai guerriglieri, che nella zona sono numerosi, bene armati e lautamente finanziati dai proventi dell’oppio. I soldati americani sono "impegnati in una battaglia infernale nel sud" della provincia di Helmand, ha dichiarato il generale Nicholson ai uomini dispiegati nella zona di Garmser. Questi soldati "dovranno affrontare sfide molto dure", ha aggiunto l’alto ufficiale. Fonti militari hanno fatto sapere che un marine è morto e altri sono rimasti feriti. Altri militari schierati nell’area, invece, hanno incontrato "una flebile resistenza", ha sottolineato ancora Nicholson senza ulteriori precisazioni. "Una base ostile situata a sud di Garmser è stata distrutta ieri. Ma ciò non vuol dire che il nemico sia fuggito", ha commentato.
venerdì 03 luglio 2009, 08:51
Vi racconto l’assalto finale dei marine ai covi dei talebani
nostro inviato a KabulNelle palazzine color sabbia della vecchia caserma di epoca sovietica, dove sono acquartierati i ragazzi del 186°, non si dorme mai molto. Il pericolo, l’attacco improvviso, l’emergenza bruciante sono il pane e il companatico del 186°. Qui, in fondo alla Desperado Highway, in questa abbacinante trappola perennemente ingolfata di vento in cui siamo venuti a cacciarci, un attacco del nemico è più che possibile, ci aveva spiegato all’arrivo il capitano Alessandro Costagliola, responsabile della sicurezza a Camp Invicta.Però è difficile, dopo una serata passata in allegria all’oratorio di don Salvatore Nicotra, il cappellano militare, pensare al subbuglio improvviso, a ordini brucianti gridati nella notte, a tenenti che entrano nelle camerate accendendo le luci e tirando i ragazzi giù dalle brande. Don Salvatore aveva offerto pizza e birra. Poi erano state chiacchiere e chiacchiere, inframmezzate da dei gran «Ti ricordi?» fra i giornalisti di lungo corso presenti e i ragazzi in mimetica che si sono fatti la Somalia, la Bosnia e il Kosovo.Alle 2 del mattino si erano messi in moto gli americani. Quattromila marines, 650 ex mujaheddin che si stanno lentamente abituando a vestire la divisa dell’esercito afghano e 50 aeroplani. L’operazione più seria dai tempi del Vietnam, dicono. Noi, a seguire. «Ex Abrupto» si chiama l’operazione dei nostri baschi rossi. Cento paracadutisti del 186° in appoggio a 500 soldati afghani e a 100 poliziotti. Un rastrellamento a pettine fitto, una specie di prova d’orchestra guidata dagli americani.A Sud, nella provincia di Helmand, nella regione di Kandahar cara al mullah Omar, il «comandante dei fedeli» talebani, c’è fermento da un pezzo. Mercoledì pomeriggio, conferma Londra, gli uomini del Grande Turbante hanno ammazzato due soldati del I battaglione «Wales». Ma il colpo grosso, gli «studenti della legge» l’avevano messo a segno il giorno prima, martedì, catturando un soldato americano. Propaganda? No. Parrebbe di no. Il capo talebano Bahram, uno che milita sotto la cupola del capo mandamento Aqqani, facendosi vivo dall’area di Khost, annuncia la «lieta novella» alla sua gente in armi. «Uno dei nostri luogotenenti sul campo, il malaui Sangin, ha catturato un soldato americano e tre militari afghani nel distretto di Yusuf Khail, nella provincia di Paktia». Il portavoce militare Usa, Elizabeth Mathias, conferma, a denti stretti. «Un soldato - dice laconico, senza rivelare né il nome né il grado - manca all’appello da martedì».Ma non sono i due morti inglesi, e neppure - posto che venga confermato - il rapimento del soldato americano (che fa pensare alla analoga sorte toccata al soldato israeliano Gilad Shalit) ad aver fatto scattare la massiccia operazione decisa dal generale Usa Stanley Mc Chrystal, il nuovo comandante in capo della coalizione. La batosta era nell’aria da un pezzo. Creare dei «box» di qualche decina di chilometri quadrati, all’interno dei quali i marines hanno il mandato di cercare e distruggere il nemico, senza troppi complimenti, evidentemente non basta più. O funziona poco. Ora si volta pagina. Si pesca «a strascico». E se i pesci scappano, c’è pronto un altro «peschereccio», con la sua rete di fondo, che sta muovendo loro incontro.
Noi siamo quel «peschereccio». Gli americani da Sud, ben addentro alla valle di Musahi, ma in una zona che esula dalla competenza italiana. Noi, giù dal forte «Sterzing», il nostro posto di osservazione avanzato nella stessa cruciale area. In piena notte, a fari spenti, i visori notturni montati sull’elmetto calati sugli occhi. «Khanjar», colpo di spada, è il nome in codice dell’operazione a guida americana. Un’operazione, dice un portavoce dello staff Usa, «tipica della filosofia del generale Mc Chrystal. Non si va per catturare nemici. Si va per starci. Il successo lo si vede dal numero di afghani posti sotto protezione, e non dal numero degli insorti uccisi».A metà pomeriggio, il colonnello Aldo Zizzo, comandante del 186°, comunica che nella nostra rete sono finiti due talebani. «Non abbiamo sparato un colpo. Ma in questo momento non posso dire niente di più. L’operazione è ancora in corso».Nella controra, nei viali di Camp Invicta si vede solo il «sindaco» della base, il luogotenente Raffaele Cappai (è lui che provvede all’acquartieramento dei soldati e degli ospiti) che va zigzagando con la sua bicicletta di fabbricazione cinese. Sulla targa c’è scritto: «E vai!». Tutti gli altri sono sul chi vive, ciascuno impegnato nella sua «attività». È quando cala la notte che la tensione risale. Però sappiamo che fare, in caso di attacco. La sirena suonerà per due minuti, nel peggiore dei casi, dice il capitano Costagliola. E qual è il peggiore dei casi? «Un attacco con razzi, bombe e armi pesanti».
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