L'INNAMORATO DI BERLUSCONI
Un gentile lettore ha affermato che io sono "politicamente
innamorato del Berlusca". La cosa mi ha stupito. Innanzi tutto per
il termine: "innamorato". Io, innamorato? Ecco qualcosa che non mi
sarebbe mai venuta in mente. Ma mi sono lo stesso chiesto che cosa
ci fosse di vero.
Come molti altri ho conosciuto Berlusconi nell'estate del 1993. Ho
seguito i suoi sforzi per spingere i democristiani a resistere sul
serio alla "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto, l'ho visto
fallire in questo tentativo, l'ho visto con perplessità "scendere in
campo" e poi, dal momento che rappresentava l'unica forza che si
opponeva alla sinistra, senza molte speranze l'ho votato. Pensavo di
avere fatto una scelta insolita e mi sono ritrovato con più di mezzo
elettorato italiano: la "gioiosa macchina da guerra" era stata
ignominiosamente battuta.
Berlusconi si è dimostrato un genio della politica. Non conosco
altri casi di un uomo che è un privato cittadino nel giugno di un
anno e Primo Ministro nel giugno dell'anno successivo. È
stupefacente che gli italiani non si siano resi conto di essere
contemporanei di un politico straordinario, come forse non ne erano
mai nati, in Italia.
Il secondo, colossale merito di Berlusconi è stato quello di capire
ciò che la Democrazia Cristiana del 1993 non comprese affatto: e
cioè che l'Italia anticomunista esisteva ancora e che, malgrado il
ciclone di Mani Pulite, bastava fare appello ad essa. Questo
conferma il detto di De Gaulle secondo cui il potere non lo si
conquista, lo si raccatta. Berlusconi ha raccattato la leadership
dell'Italia. Forse non è il grand'uomo che i suoi estimatori
pensano, ma i suoi oppositori valevano e valgono molto meno di lui.
Ma per quale motivo oggi bisognerebbe sostenerne l'azione, o
viceversa andare contro di lui?
Per andare contro di lui basta dire che è un disonesto; che è
tutt'altro che un uomo di Stato; che è entrato in politica per fare
i propri interessi e solo questo ha fatto. Basta infine soffrire
d'invidia e dire che lo si trova antipatico e infatti qui il tema è
un altro: giustificare perché, pur senza esserne innamorati, si può
votare per Berlusconi.
Un uomo di buon senso non crede mai che tutto il bene stia da una
parte e tutto il male dall'altra. In particolare, per quanto
riguarda gli uomini politici, sa che essi non sono mai dei santi:
tanto che è opportuno astenersi da fruste valutazioni morali. È
meglio orientarsi in base a questo semplice principio: qual è il
peggiore leader, il peggiore partito, il peggiore raggruppamento? E
votare per l'altro.
Nel caso italiano abbiamo da un lato un raggruppamento che si vuole
moralista ed egalitario, che ha in odio la ricchezza e la prevalenza
del merito, che è soprattutto statalista. Che crede di potere
risolvere i problemi del Paese allargando l'ambito dell'intervento
pubblico; dilatando la burocrazia; incrementando il numero degli
enti statali, e conseguentemente aumentando la pressione fiscale.
Dall'altro lato abbiamo un raggruppamento che ha, o dovrebbe avere,
un'ispirazione liberale. Che dovrebbe dunque essere a favore di uno
Stato minimo, pronto a premiare il merito e sanzionare
l'inefficienza. Uno Stato che segue il principio di sussidiarietà e
dovrebbe dunque diminuire la pressione fiscale.
Se uno è tendenzialmente a favore del secondo raggruppamento deve votare per
esso quand'anche fosse capeggiato da Satana in persona.
Berlusconi ha principi in linea con quelli qui descritti e,
quand'anche li avesse per interesse, la cosa non mi darebbe
fastidio. Perché sono anche i miei interessi. Vorrei uno Stato che
non pretendesse di essere il mio direttore spirituale, che si
occupasse una buona volta di far funzionare la giustizia, che
realizzasse veramente l'ordine pubblico, che mettesse rimedio agli
sprechi, che tagliasse le unghie ai sindacati quando esagerano o
proteggono i disonesti, che pigiasse sull'acceleratore dell'economia
liberista, che facesse per l'Italia quello che il governo irlandese
negli scorsi anni ha fatto per l'Irlanda. Uno Stato che mi lasciasse
in pace. Non ci riuscirà? Non potrei lo stesso lamentarmi, perché so
che la controparte avrebbe fatto anche di peggio. Si è visto col
governo Prodi.
Innamorato, dunque? Assolutamente no. Il Pdl potrebbe essere
altrettanto bene essere guidato da Antonio Martino, Giulio Tremonti,
Gianni Letta, Renato Brunetta e forse qualche altro. Berlusconi è
stato essenziale per vincere le elezioni, ma ora, e fino alla fine
della legislatura, Palazzo Chigi potrebbe anche avere un altro
inquilino.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
29 giugno 2008
Come ho già scritto, sarò assente per un paio di settimane, dunque
vi prego di spedire gli insulti al mio indirizzo e-mail. Li leggerò
al mio ritorno.
domenica 29 giugno 2008
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1 commento:
Se non proprio innamorati, grandi sostenitori e ammiratori siamo in tanti
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