LA VENEZIA GIULIA PRE-ROMANA. LE ORIGINI DEI VENETI E DEGLI ILLIRI
Evitando di parlare del Paleolitico e del Mesolitico, ciò che sarebbe veramente eccessivo ai fini dell’argomento qui considerato, le più antiche popolazioni storicamente conosciute del territorio giulio-veneto furono i Liguri, stirpe mediterranea, ovvero pre-indoeuropea, estesa all’intera Italia del nord nel III millennio a.C. ed affine agli Etruschi.
Ai Liguri si sovrapposero e si fusero le popolazioni indoeuropee che immigrarono ed invasero la Venezia Giulia a partire circa dal principio del II millennio. Queste stirpe, sicuramente indo-europee, sono rispettivamente quelle degli Illiri e quella chiamata dagli studiosi coi nomi di Paleo-Veneti, Veneti Antichi, Venetici, e talora (di fatto, in passato, come si spiega subito dopo) Heneti.
Gli studiosi, almeno sino alla seconda guerra mondiale, hanno prestato grande interesse alla questione delle origini dei vari popoli che componevano il panorama etnico e culturale dell’Italia pre-romana. Una particolare attenzione è stata prestata certo agli Etruschi, per la loro grande importanza e l’originalità della loro civiltà, ma anche i Veneti sono stati attenti oggetto d’indagine.
Un’ipotesi sulla provenienza dei Paleo-Veneti e degli Illiri, senz’altro stretti parenti dal punto di vista etnico-linguistico (ciò che è stato sempre riconosciuto) è stata quella della loro origine dal Mediterraneo orientale, ovvero dal Vicino Oriente antico.
Questa teoria si fonda su quattro testi fondamentali: l’Iliade, le Storie di Erodoto, le Origines di Marco Porcio Catone (perdute, ma conosciute per sommi capi attraverso altri autori, soprattutto Cornelio Nepote), e naturalmente Tito Livio.
Che cosa si può opporre ad una simile teoria? Il sottoscritto premette di conoscere assai poco l’argomento qui affrontato. Pure, a conoscenza di chi scrive, la suddetta teoria ha incontrato il sostegno degli storici in passato, mentre oggigiorno è pressoché totalmente abbandonata, almeno in ambito accademico.
Gli argomenti contro la teoria suddetta si possono proporre nel seguente modo.
A] Inaffidabilità delle fonti scritte.
1) Anzitutto, esiste una contraddizione fra i dati forniti da Erodoto (ispiratosi ad una breve descrizione di Omero) da una parte, e quelli di Catone e Livio dall’altra, poiché Paflagoni e Troiani erano due popoli distinti
2) Inoltre, queste fonti hanno un carattere indiretto, poiché non appartengono ad autori di stirpe veneta, ma d’altre civiltà. E’ questo anche il caso di Livio, il quale è pur sempre un Romano, e d’altronde riprende sullo specifico punto qui esaminato l’insegnamento di Catone. Si pone quindi il problema d’una testimonianza che non è quella del popolo interessato, ma mediata da un’altra cultura, anche molto diversa. In realtà, Erodoto e Catone non informano sulle tradizioni realmente venete riguardo al passato di questa stirpe, ma su quelle formatesi in ambito greco e romano. Non è dato sapere se i Veneti le condividessero.
3) Ancora, la lontananza cronologica fra queste fonti ed il presunto evento riportato è davvero notevole. La cosiddetta “Troia omerica” (poiché questa città conobbe una storia di oltre 3000 anni, con la stratificazione di diverse città l’una sull’altra) fu distrutta attorno al 1200 a.C. I poemi omerici conoscono una redazione definitiva attorno al X-IX secolo, Erodoto al V secolo, le Origines di Catone al II secolo, Livio al I a.C. Considerando la certa assenza di fonti scritte capaci di tramandare tale supposto accadimento nei secoli frapposti fra Catone (il primo sostenitore della discendenza troiana dei Veneti) e la distruzione micenea di Troia, si hanno ben mille anni affidati unicamente a tradizioni orali. In tale lungo periodo il ricordo degli eventi avrebbe ben potuto deformarsi in misura a dir poco decisiva. Gli studi sul “folklore”, ad esempio, attestano come per il sorgere d’una leggenda, anche assai complessa, sia sufficiente un lasso di tempo non di generazioni, e neppure di anni, ma talora anche solo di giorni.
4) E’ possibile, se non probabile, che queste fonti cadano in errori interpretativi (Erodoto) od in intenzionali mistificazioni (Catone, Livio).
Erodoto parla di Henetoi in riferimento appunto ai “Veneti” dell’Adriatico, con ciò sostenendo essere i discendenti degli Henetoi della Paflagonia di cui parla Omero (II, 852). Però, il greco antico, come è noto, non conosceva l’uso del suono corrispondente all’italiano “V”, per cui il termine “Veneti” poteva ben conoscere da parte di un Greco un fenomeno di elisione della consonante iniziale, divenendo “eneti”, da cui l’identificazione, arbitraria, con gli Henetoi omerici. Questa supposizione appare rafforzata da un esame etimologico dei termini henetos (greco) e della radice –wenet, da cui “Veneti”. Henetos in greco può significare sia “fermaglio, fibbia”, sia “suddito, sottoposto, indotto, subornato”. Il passo in cui Omero parla degli Henetoi potrebbe intendersi pertanto non come riferito ad un popolo così chiamato (“Eneti Paflagoni”, giunti a Troia sotto il comando di Pilemene), bensì come “i sudditi Paflagoni” di Pilemene. Però, Erodoto lo avrebbe interpretato, erroneamente, come proprio di una specifica popolazione.
In ogni caso, comunque, henetos e –wenet sono due termini distinti, con significati e radice differenti. Infatti, -wenet designa “colui che viene da oriente”, “invasore dell’est”, il normale luogo geografico di provenienza degli Indoeuropei occidentali. Ciò spiega perché esistessero anche altri popoli indoeuropei, distinti dai “Veneti” dell’Adriatico, che avessero un nome simile od anche identico, come i Celti dell’Armorica, vinti da Cesare, che si chiamavano anch’essi Veneti. Questa analisi linguistica obsta ad un’identificazione fra gli Henetoi ed i Veneti.
In quanto a Catone, egli costituì il personaggio che più di tutti s’oppose all’ellenizzazione di Roma, incarnando il più schietto orgoglio nazionalista romano. Le Origines costituivano certamente una parte della sua battaglia politica e culturale contro l’influenza greca sull’Urbe, venendo scritte con consapevole intento polemico contro la storiografia greca e nella finalità d’esaltare la storia romana, anzi quella di tutti i popoli italici.
Un esempio d’un celebre mito, somigliantissimo a quelle delle origini troiane dei Veneti ed assai più celebre, può aiutare a comprendere le intenzioni di Catone. Il mito dell’origine di Roma dai discendenti di Enea, oggigiorno rifiutato da tutti gli storici, è certamente molto posteriore alle più antiche leggende su questa città (il duello degli Orazi e dei Curiazi, Muzio Scevola ecc.), le quali, come ha mostrato magistralmente Georges Dumèzil nella sua amplissima analisi comparativa, rientrano nell’ambito della mitologia religiosa indoeuropea. La sua formazione non rientra pertanto nella fase più antica della storia cittadina, ma è posteriore al contatto con la grecità, presentandosi quale strumento d’esaltazione nazionalistica, paragonabile al tentativo di un parvenu di nobilitarsi, inventandosi l’ascendenza da un antenato nobile.
E’ possibile, se non probabile, che il racconto d’Antenore ed alcuni superstiti Troiani quali antenati dei Veneti, che risulta speculare a quello della fondazione dell’Urbe da parte degli Eneadi, risponda alle medesime esigenze ed anzi sia stata elaborata prendendo a modello proprio il celeberrimo aneddoto d’Enea riparatosi nel Lazio. Questo d’altronde avrebbe consentito a Catone di presentare i Romani ed i Veneti loro fedeli alleati, quali erano all’epoca (il Veneto rimase a lungo indipendente e semplicemente socius di Roma) quali popoli con un’origine comune e quindi fratelli.
5) Allargando la prospettiva, la tipologia offerta dai racconti di Erodoto e di Catone rientra nei cosiddettio“miti delle origini”, ben noti agli antropologi ed agli storici delle religioni (in primis Eliade), i quali conoscono una diffusione praticamente universale. Fra le loro funzioni, esiste quella di giustificare e legittimare determinate istituzioni, riti od anche possesso di territori.
B] Differenza linguistica.
I popoli antichi che abitarono nel territorio geografico della Venezia-Giulia, prima della conquista romana, furono dapprima gli antichi Liguri, di stirpe mediterranea, pertanto non indo-europea, affini agli Etruschi, poi Veneti ed Illiri, in seguito anche Celti. La presenza dei Liguri, talora detti anche, nell’area nord-orientale, Reti, è antichissima e risale in pratica al più remoto neolitico italiano. Per quanto riguarda i Celti, è ben noto come la loro lingua sia indoeuropea, mentre l’area di provenienza nella Venezia Giulia è senz’altro l’Europa continentale: il loro popolamento nel territorio giulio-veneto fu piuttosto tardo (vi giunsero nei secoli V e IV, mescolandosi ai Veneti ed agli Illiri) e non tale da cancellare le popolazioni preesistenti. In quanto ai Veneti ed agli Illiri, essi sono senz’altro stirpi indo-europee, strettamente imparentate fra loro.
E’ appena il caso di ricordare come la “famiglia” delle lingue indo-europee si ramifichi progressivamente in ulteriori ceppi linguistici, secondo un procedimento filetico di ripartizione comunemente adoperato in campo linguistico e che consente altresì d’individuare e studiare la parentela etnica, oltre a quella appunto della lingua. Il Veneto è solitamente considerato dagli studiosi quale appartenente al “Gruppo Romanzo” (esistono molti altri “Gruppi”, come il “Gruppo germanico”, il “Gruppo celtico”, il “Gruppo slavo”, il “Gruppo greco” ecc.), il quale sia le moltissime lingue neo-latine ovvero derivate dal latino, sia il raggruppamento originario in cui rientrava il latino stesso, ovvero il cosiddetto “Italico”. L’Italico comprendeva il Latino-Falisco (ulteriormente suddiviso in Falisco e Latino), l’Umbro, l’Osco ed appunto il Venetico. Insomma, la lingua degli antichi Veneti era una lingua italica, strettamente apparentata alle altre popolazioni indo-europee della penisola.
In quanto agli Illiri, essi vengono fatti rientrare in un altro “Gruppo”, chiamato “Gruppo Illirico”, che comprendeva la lingua degli Illiri, residenti in Dalmazia, e quella dei Messapi, popolazione che viveva in Puglia. Nonostante appartengano a due “Gruppi” differenti, pure gli studiosi hanno riconosciuto la notevole vicinanza linguistica e quindi etnica fra Veneti da una parte, Messapi ed Illiri dall’altra.
Si deve a questo punto notare che i popoli indoeuropei abitanti nel Vicino Oriente antico nel II e I millennio a.C. appartenevano a “Gruppi” linguistici diversi da quello “Romanzo” ed “Illirico”. Il territorio anatolico avevano conosciuto il popolamento, beninteso per quanto concerne le stirpi indo-europee, dapprima degli Hittiti e dei Lidi, poi anche dei Frigi. Hittiti e Lidi appartenevano al “Gruppo Anatolico”, mentre i Frigi a quello detto “Traco-Frigio”.
E’ possibile pertanto concludere come, sotto l’aspetto linguistico, gli abitanti della Venezia-Giulia pre-romana non potessero considerarsi d’origine vicino-orientale, essendo in parte di lingua venetica, in parte illirica, differenti da quelle in uso nel Vicino Oriente ed oltretutto piuttosto simili fra loro.
C] Diversità economica, tecnologica e culturale coi popoli del Vicino Oriente.
Non è il caso di ricordare che il Vicino Oriente antico ha rappresentato, in maggiore o minore misura, la fons et origo di tutte le principali civiltà eurasiatiche ed in ogni caso la sede delle più antiche culture storiche. Al contrario, l’Italia, intesa come regione geografica, rimase per molti millenni una terra marginale ed, in termini contemporanei, sottosviluppata. E’ facile constatare come Veneti ed Illiri per oltre un millennio della loro storia, non avessero lo stesso livello tecnologico e culturale dei popoli vicino-orientali
La fabbricazione del ferro, la scrittura, la moneta, l’organizzazione politica di tipo statale furono tutte ignorate da Veneti ed Illiri per secoli e secoli dopo il loro arrivo nelle sedi stanziali definitive (ad esempio, la scrittura veneta compare solo nei secoli VI-V a.C, laddove le prime tracce della presenza dei Paleoveneti risalgono, come si è detto, al XX secolo a.C.). Tuttavia, le conoscenze culturali a ciò necessarie erano possedute nel Vicino Oriente già da prima dell’invasione veneto-illirica in terra italiana e dalmatica, ossia tali “conquiste” erano già state raggiunte. Appare difficile spiegare perché tali forme di sapere, gelosamente conservate per la loro importanza (basti pensare a ciò che significava la metallurgia del ferro dal punto di vista militare!), avrebbero potuto venir meno con l’ipotetica migrazione d’un popolo dall’Anatolia verso ovest.
Inoltre, non esistono in pratica reperti archeologici di derivazione vicino-orientale nelle regioni popolate da Veneti ed Illiri per tutto il II millennio a.C. Si rintracciano unicamente alcuni manufatti di derivazione micenea, quindi di un popolo residente in Grecia anziché in Anatolia, non-indoeuropeo e quindi improbabile come antenato dei Veneto-Illiri, ed oltretutto il primo responsabile della fine sia della città di Troia, sia dell’impero Hittita. Si tenga inoltre conto del fatto che i suddetti reperti si rintracciano in quantità alquanto scarsa e sono perciò frutto verosimile di commerci e scambi anziché d’una colonizzazione affatto indimostrata sia dai dati archeologici (nessuna colonia micenea è mai stata scoperta in Dalmazia ed Adriatico settentrionale), sia da quelli documentari.
D] Discrasia cronologica.
1) I dati cronologici dell’arrivo di Veneti ed Illiri nelle loro sedi non combaciano affatto con quelli della caduta di Troia, la distruzione dell’impero Hittita o l’arrivo dei Frigi (i futuri Paflagoni delle fonti greche, come Senofonte) in Anatolia. Le prime attestazioni della presenza di Veneti nell’Italia nord-orientale e di Illiri sull’Adriatico risalgono al XX secolo a.C., mentre la distruzione della “Troia omerica” (Troia VIIa nella stratigraficazione degli scavi archeologici) è databile nel XIII secolo, in pratica contemporanea al crollo dell’impero ittita e dell’espansione delle genti frigie verso l’Anatolia centrale. Si ha quindi uno iato temporale di ben sette secoli fra la documentata presenza veneto-illirica, anche in Venezia Giulia (Albona è forse il più antico dei siti illirici attestati), ed il momento della supposta partenza
2) Inoltre, sempre i dati archeologici, con la lenta espansione delle aree interessate dalla presenza degli invasori, confortano l’idea che gli antenati dei Veneti e degli Illiri non siano pervenuti con un solo, massiccio evento migratorio, bensì attraverso una successione d’arrivi, protrattisi per qualche generazione. Anche questo obsta all’idea d’una migrazione compiuta in un momento ben determinato da un intero popolo, chiaramente strutturato come tale.
E] Ricostruzione del dinamismo dei Veneto-Illiri su base archeologica.
1) I dati archeologici paiono attestare la provenienza dei Veneti e degli Illiri da nord-est, via terra, passando dall’area danubiana verso sud-ovest. I più antichi reperti Paleoveneti rintracciani si trovano nella valle dell’Adige, attorno al lago di Benaco, sui colli Euganei, ed in generale nelle zone alpine e pre-alpine del Veneto attuale, ciò che suggerisce una derivazione da nord, passando per l’attuale Austria (la città di Vindebona pare avere proprio un toponimo venetico, il che confermerebbe tale ipotesi), non certo via mare da sud, e nemmeno direttamente da Oriente. A partire da queste zone montuose e collinose si sviluppò la progressiva venetizzazione delle pianure dell’Italia nord-orientale.
Per quanto riguarda gli Illiri, la loro prima “città”, anche se all’epoca doveva essere in pratica un villaggio, è Albona, all’estremo confine dell’Istria. La successiva espansione illirica proseguì in direzione meridionale, finendo poi coll’arrivo, nel secolo XVI a.C., in Puglia, popolata dagli Iapigi o Messapi. Gli iapigi (o japigi) erano un'antica popolazione indoeuropea che si era stabilita tra il II e il I millennio a.C. nell'attuale regione italiana della Puglia. Provenivano molto probabilmente dall'Illiria e parlavano il messapico. I messapi erano la tribù più meridionale degli iapigi. Altre loro tribù erano i dauni e i peucezi. La prima città fondata dagli iapigi fu Oria (Uria, XVI secolo a.C.).
Le tracce archeologiche lasciate dai probabili ascendenti dei Veneti e degli Illiri prima del loro arrivo in Italia ed in Dalmazia sembrano confermare la suddetta teoria d’una loro provenienza da nord-est, quindi dall’area a settentrione del Danubio. Infatti, i sepolcri caratteristici di tali popoli (la sepoltura con incinerazione) lasciano come una scia che si diparte dall’odierna Ungheria, la cui pianura rimase per millenni un punto d’arrivo per le popolazioni nomadi giunte dalle steppe, come appunto anche gli Indo-europei, per dirigersi verso sud-ovest.
2) La suddetta ricostruzione trova ulteriore valore nel fatto che gli storici comunemente ammettono che l’arrivo degli altri popoli indoeuropei in Italia, anteriore a quella dei Veneti e dei Messapi-Iapigi, sia avvenuta secondo modalità e spostamenti sostanzialmente identici, con un percorso sud-ovest a partire dai Balcani e dalle pianure a nord del Danubio.
3) Inoltre, si può ancora aggiungere come la ricostruzione del dinamismo dei popoli in area anatolica non conservi indizio alcuno d’uno spostamento da est verso ovest. Gli Hittiti provengono dal Caucaso ed occupano quasi tutta l’Anatolia, senza però giungere al mare Egeo. I Frigi, la cui espansione è contemporanea al crollo dell’impero ittita, probabilmente causato anche da tale migrazione, sboccano dalla penisola balcanica, passando per l’Ellesponto, dirigendosi verso est e ricacciando indietro gli ittiti. Un’ipotetica migrazione via terra dall’Anatolia all’Italia non solo non ha prove, ma è affatto improbabile, poiché avrebbe cozzato frontalmente con flusso migratorio, ovvero con l’invasione, dei Frigi che si dirigevano in direzione opposta. Neppure una migrazione marittima risulta verosimile, non che attestata, in quanto la fine dell’impero ittita fu dovuta all’azione convergente dei Frigi e dei cosiddetti “popoli del mare” (Micenei, Filistei, Sherdana, una specie di filibusteria), che aggredirono gli Hittiti sulla sua costa meridionale. D’altronde, gli Hittiti non furono mai un “popolo di navigatori”.
Riassumendo i dati raccolti si deve dire che:
1) le fonti riguardanti l’origine vicino-orientale dei Veneti sono inattendibili
2) la civiltà e la lingua dei Veneti e degli Illiri sono piuttosto lontane da quelle del Vicino Oriente antico, mentre risultano assai simili a quelle dei popoli italici indo-europei
3) i dati archeologici consentono di ricostruire il percorso migratorio dei Veneti e degli Illiri, largamente corrispondente a quello seguito dagli Italici propriamente detti prima di loro. Non si hanno invece tracce di una migrazione dall’Anatolia verso l’Italia, anzi ciò appare persino inverosimile, sia per il marcato iato temporale fra le diverse migrazioni indo-europee in area italiana ed anatolica, sia per il contrasto tra tale ipotetico spostamento e quelli effettivamente accertati di popoli indoeuropei nell’area e nel periodo storico interessati.
Aggiungo ancora come l’analisi si sia svolta su piani diversi e con metodi differenti, che pure tutti hanno dato esiti simili ed anzi convergenti. La parentela linguistica fra Veneti ed Illiri trova spiegazione proprio nella loro origine etnica assai prossima
Questa brevissima dissertazione sull’origine dei Veneti e degli Illiri, se corretta, permette però di porre in evidenza come le popolazioni della Venezia-Giulia, a partire dal II millennio a.C, offrissero una facies culturale ed etnica analoga a quella delle restanti regioni italiane. Infatti, essa era segnata dalla mescolanza fra stirpi mediterrane ed indo-europee. Inoltre, i gruppi indo-europei parlavano una lingua legata da uno stretto grado di parentela (il Venetico è una lingua del Gruppo Romanzo-Italico, ma anche molto simile all’Illirico), attestazione della loro vicinanza etnica.
Per il momento ho concluso. Dopo aver discusso della questione delle “origini” dei popoli Veneto ed Illirico, in verità un poco marginale rispetto al problema del presente filone di discussione, ma comunque capace di fornire informazioni e stimoli utili, al mio prossimo intervento cercherò di meglio spiegare perché, dal mio punto di vista, si desse in Venezia Giulia, anzi nell’Italia pre-romana, una base culturale ed etnica fondamentalmente comune, per poi muovere da questo assunto al fine di parlare della romanizzazione della terra giulio-veneta e dei suoi abitanti.
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1 commento:
Carissimo De Turris, alias stimatissimo Lucius, anzichè sgattaiolare in altri siti per raccontarci le sue apodittiche considerazioni sulla origine dei popoli veneti, perchè non si degna di rispondere prima a tono (qualora vi riuscisse) alle mie incalzanti risposte che appaiono in Legno Storto? Lei sarebbe egualmente seguito dai lettori di questo sito perchè i nostri interventi che appaiono in L.S. compaiono AUTOMATICAMENTE anche in questo! In Legno Storto ci son già 9000 lettori che ci leggono con naso all'insù : perchè rifugge dal continuare là il nostro "discorso" dal momento che apparirebbe AUTOMATICAMENTE anche in questo sito? Va forse in cerca di consensi sgattaiolando dalle mie continue contestazioni?
Un cordiale saluto da Adalberto
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