Nacque il 9 dicembre 1894 a Licata. Partecipò alla 1ma Guerra Mondiale, ma non si hanno notizie certe.
Dopo la guerra, si laurea in Giurisprudenza e nel 1919 lo troviamo ad Alessandria, dove sposa Corinna Bassi che gli regala una magnifica bambina, il 2 aprile 1923.
Rimangono a vivere ad Alessandria: nel frattempo, il nostro uomo ha intrapreso la carriera militare e vive fra caserme e diversi insediamenti militari del Nord Italia. La vita procede tranquilla, ma, nel 1935, Alfonso, già Colonnello, è costretto a lasciare l’Italia: destinazione Eritrea. Qui, con 11 sergenti alle sue dipendenze, costruisce il fortino Soleotom, sulle colline tra Asmara e Massaua.
Per 4 anni si dedica alle normali operazioni militari per favorire l’egemonia italiana su quella zona d’Africa, dove gli inglesi occupano solamente una piccola striscia della Somalia.
Si dedica tenacemente all’addestramento dei negri locali, formando diversi drappelli di “truppe”, che si riveleranno poi gloriose!
Come si può leggere nelle cronache militari…
... “secondo gli esperti della Regia Marina, soltanto attraverso il potenziamento e la difesa dei principali scali eritrei e somali (Massaua, Assab, Dante, Mogadiscio e Chisimaio) l’Italia avrebbe potuto garantire la completa pacificazione ed un normale sviluppo economico dei territori suddetti e soprattutto la permanenza in Oceano Indiano e nel Mar Rosso di due squadre navali composte anche da unità pesanti di superficie.
Già durante il corso della guerra con l’Etiopia, il genio militare della Marina e dell’Esercito aveva provveduto a ristrutturare, almeno in parte, i vecchi approdi di Massaua e di Mogadiscio, ma questi lavori (che inclusero, tra l’altro, la costruzione di ospedali, caserme e officine; l’allestimento di una stazione di carica per sommergibili; l’installazione di ben 20 serbatoi di nafta, distribuiti tra Massaua, Assab, Dante, Mogadiscio e Chisimaio; due depositi di carbone, sei di munizioni, due di torpedini, due di viveri e acqua; il trasferimento, a Massaua, di due bacini galleggianti per unità da 7.500 e 1.600 tonnellate) non risultarono comunque sufficienti in vista dei nuovi impegni derivanti dall’evolversi, per nulla positivo, dei rapporti diplomatici con Francia e Inghilterra che, come è noto, non vedevano di buon occhio l’allargamento della presenza italiana sulle rive dell’Oceano Indiano.
Verso la fine del 1936, fu poi avviato un programma per provvedere urgentemente alla protezione armata degli scali, almeno i più importanti (Massaua, Assab, Mogadiscio e Chisimaio): un piano che purtroppo non venne mai portato a compimento nella sua globalità per mancanza di fondi e di tempo. Comunque sia, nel periodo compreso tra la fine del ‘36 e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il Comando di Massaua riuscì, meglio di altre piazzeforti, ad allestire una rete abbastanza completa di centri cognitivi di difesa (stazioni di vedetta e segnalazione, stazioni radiotelegrafiche, di identificazione e di avvistamento contraerei) collegati ad un sistema di batterie antinave e antiaeree. Nella fattispecie, batterie di piccolo e medio calibro (composte da pezzi da 76/30 AA, 74/40 AA, 76/50, 102/35, 120/45 e 152/45) furono installate nell’area della base e su parte delle isole che formano l’arcipelago ad essa antistante (le Isole Dahlach).
I cannoni furono affiancati da nove cellule fotoelettriche da 120 e 150 cm. Per quanto concerne la difesa passiva, questa poggiava su sbarramenti di torpedini tipo “Bollo” ed ex austro-ungariche (gli ordigni vennero adagiati sui fondali delle Dahlach dal posamine Ostia e dalla nave coloniale Eritrea). Anche una delle tre locali batterie (quelle di Ras Garibale, Ras Gombo, Om ed Baker) di Assab si trovava su un’isola, quella di Fatma, mentre l’entrata della rada era sbarrata da due campi minati deposti dal caccia Pantera. A protezione del porto erano alcune mitragliere da 13.2 millimetri. Ad Assab risultavano inoltre installate tre fotoelettriche da 120 cm. Complessivamente, il 9 giugno 1940, 30 batterie (11 di medio e 19 di piccolo calibro) difendevano i due scali italiani d’Eritrea...
...(continua)….qui…..
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Alla fine di questa tragedia militare, il nostro Alfonso è fatto prigioniero ed inviato nei campi di concentramento …non sappiamo se come Militare o come prigioniero vero….
Corinna e Concetta rimangono sole ad Alessandria, senza aiuto economico. Corinna affitta due camere alle studentesse, Cetta, giovane e bella studentessa delle Magistrali, conosce Ermanno, militare ad Alessandria! Lei ha solamente 14 anni e scrive al padre in Eritrea che la maledice: un Tenente è un nonnulla!
Per molti anni non sapremo nulla del Colonnello, lo ritroviamo solamente al matrimonio della figlia, il 7 Luglio 1945, in lutto perché nel frattempo è stato fucilato dai partigiani il consuocero Ezechiello.
Morirà solamente nel 1964 in ospedale a Origine di Modena, vedovo e triste, dopo non aver mai più ritrovato la sua identità: afflitto dal “mal d’Africa”, da un’incurabile cecità e dalla tristezza di essere stato “catapultato” in una terra di industriali che lavorano e lavorano e lavorano!
Nota personale in ricordo di nonno Alfonso.
Mi diceva…. “Ombretta sdegnosa del Missisipì…non far la ritrosa e baciami qui….!”, porgendomi la guancia……
Lo adoravo e lo abbracciavo con tanto amore…perché capivo che non era capito………(scritto doppio volutamente!)
Un particolare ringraziamento agli amici che mi hanno aiutato a conoscere, non solo la vita di mio nonno, ma anche un pezzo di storia che mi mancava!
4 commenti:
Grazie
Ciao, Mistral...sono felice che tu abbia letto...ma non ti conosco....come mai ti interessi???
Custa manera de fagher gherra l'han batida issos in Sardigna...
Uttura! Uttalabì
Est propriu tando chi bessit in campu, pro sa prima orta, sa chistione di sa limba
ogni vento sa leggere
Mistral non ho capito nulla!
Vado in sardegna e cerco un traduttore...
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