domenica 24 febbraio 2008

PAROLE DI GIOACCHINO, UN ITALIANO VERO

QUESTO ACCADE PER LE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE.

Carissimi Amici per la libertà ebbene ho saltato il fosso e ho deciso di candidarmi per le elezioni amministrative, ma
voglio confessarvi un qualcosa che mi sta capitando in questi giorni e che francamente mi sta provocando qualche dispiacere, come tutte le cose che non ti aspetti.
Mi è stato chiesto tempo fa di entrare in una lista civica per le elezioni amministrative del mio comune.
Lista civica fuori dai partiti per dare una sterzata al nostro comune in mano alle sinistre da diverse tornate.
Ho aderito anche perchè avendo molto tempo a disposizione e perchè stimo molto il candidato Sindaco che è un giovane Avvocato di indubbia moralità orientato verso il centro destra.
Siamo un gruppo di persone che vengono da diverse esperienze e che messi assieme possono formare una compagine in grado di amministrare il comune con una certa sollecitudinee probità.
Credo che abbiate capito cosa voglio dire, per noi militari è difficile accettare una cosa del genere perchè siamo abituati, si a parlare, ma poi ad agire e ad andare fino in fondo senza lasciare nulla al caso.
Ebbene indovinate chi mi ha aperto le ostilità per primo ed in modo subdolo.....il responsabile di Forza Italia provinciale... ex maresciallo dell'Esercito, arrivando perfino a definire il sottoscritto come un persona inaffidabile.
Sta ricorrendo perfino ad elementi dichiaratamente di sinistra, il libera uscita perchè vicini a rifondazione comunista, per formare una lista raccogliticcia per fare uin modo che ci siano tre liste, nel quale caso la vittoria sarebbe molto incerta, con buone provabilità per la sinistra di rimanere in sella.
Una cosa è sicura se rimangono due liste le possibilità di vittoria sarebbero quasi certe, dopo lo sfascio che la sinistra ha combinato, pensate che è ricorsa perfino a mutui bancari per la manutenzione ordinaria di alcune strade, non vi dico con quale banca perchè potete sicuramente immaginarlo
Siamo il Comune della Provincia maggiormente tassato con le aliquote ICI e l'addizionale IRPEF al massimo consentito.
Bene se c'è qualcuno di voi che può arrivare alla Dirigenza di Forza Italia mi deve usare questa gentilezza di avvertire qualche Dirigente, perchè quello che sta succedendo è una cosa inaudita a meno che non ci siano degli interessi ben precisi.
Il Reponsabile di Forza Italia che è anche Presidente della locale Comunità Montana ha incassato la partecipazione del mio comune, contrario da sempre, ad un programma di informatizzazione locale e il figlio dell'attuale ViceSindaco Comunista da sempre è stato impigato nella Comunità Montana come adetto al programma.
Era Carabiniere ed ha preso un anno di aspettativa appunto per questo lavoro.
Insomma i mastellla non ci sono solo a Napoli e dintorni, mi sa che anche qui e sguazzano nella melma più viscida che ci sia.
Grazie per l'aiuto che mi potrete dare, anche a nome di tutti i componenti del mio gruppo
Gioacchino

Da come si stanno mettendo le cose sarà cambiato anche il nome di questo partito, si chiami pure popolo della libertà o partito della libertà ma chi muove ancora tutte le pedine sono gli stessi.
Dei famosissimi club di Forza Italia è rimasta ben poca gente, sono stati quasi tutti messi in un cantuccio dai soliti personaggi della politica emigrati in massa dalla vecchia democrazia cristiana in disfacimento.
Qualche barlume di novità arriva dai Circoli della libertà ma è notizia di ieri il Vicepresidente Nazionale dei Circoli della libertà , che è un giovane indistriale Valtellinese DEL TENNO, si è dimesso per protesta con la rossa Presidentessa, perchè troppo riverente verso il Cavaliere, non per questioni di candidature perchè gia due
Da come si stanno mettendo le cose sarà cambiato anche il nome di questo partito, si chiami pure popolo della libertà o partito della libertà ma chi muove ancora tutte le pedine sono gli stessi.
Dei famosissimi club di Forza Italia è rimasta ben poca gente, sono stati quasi tutti messi in un cantuccio dai soliti personaggi della politica emigrati in massa dalla vecchia democrazia cristiana in disfacimento.
Qualche barlume di novità arriva dai Circoli della libertà ma è notizia di ieri il Vicepresidente Nazionale dei Circoli della libertà , che è un giovane indistriale Valtellinese DEL TENNO, si è dimesso per protesta con la rossa Presidentessa, perchè troppo riverente verso il Cavaliere, non per questioni di candidature perchè gia due anni fa ha rinunciato alla candidatura alla Camera.
Gioacchino

Non mi hanno impressinato i fucili figurati se mi faccio impressionare da questi ......balabiot......tradotto in Italiano ballare nudi.
Solo che queste cose amareggiano quando si crede veramente in qualche cosa e io credo profondamente alla libertà.
I danni fatti dal comunismo li ho toccati con mano e li ho visti con i miei occhi.
Ma qui siamo di fronte ad una specie di mafia che serpeggia all'interno di istituzioni libere e democratiche e che deve essere estirpata assolutamente prima che provochi ulteriori danni.
Gia basta la mafia di sinistra a rovinare tutto, se ci si mette anche qualcuno di centro destra allora come si fa, crolla qualcosa ......
Gioacchino

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martedì 19 febbraio 2008

VECCHI PENSIERI DI UNA MAESTRA.

Ho insegnato per trent'anni nella Scuola Elementare e, sempre, in ogni occasione possibile ho cercato di far fiorire nei cuori dei miei bimbetti l'amor di patria.
E' così bella la nostra Italia e così ricca di antica ed eterna cultura !
Per mia ribellione personale, concretizzata sempre come disobbedienza civile e secondo un criterio didattico individuale, non ho mai seguito pedissequamente i programmi ministeriali imposti, ma ho cercato di formulare un preciso quadro formativo dell'individuo-bambino, secondo le sue possibilità oggettive per età e capacità di apprendimento.
I miei scolari erano i miei figli e, come tali, mi preoccupavo di insegnar loro ad imparare a 'leggere' 'scrivere' e 'far di conto', ma soprattutto a saper usare di questi mezzi per diventare persone coscienti del proprio essere cittadini con diritti e doveri, a saper pretendere i propri diritti, ma a non dimenticare mai i doveri contrapposti.
Per raggiungere questo fine erano utili tutte le discipline d'insegnamento indistintamente, bastava solo far prendere coscienza ai ragazzi dell'utilità pratica di ciascuna materia e indirizzarli
verso il giusto e corretto uso della stessa nella vita di ogni giorno. Anche la musica era utile, non solo cantandola per esprimere i propri sentimenti e gioirne, ma anche ascoltarla e con essa pensare, immaginare, farsi cullare quando era dolce e corroborare quando il ritmo e il tema erano più complessi. Nessuna musica, che tale possa chiamarsi, è difficile per le anime semplici che sanno ascoltare e ne ho avuto spesso la conferma dai miei ragazzi. Nè il teatro, né la poesia, né la letteratura alta sono proibitive per i bambini, è solo necessario guidarli e prepararli spiritualmente all'ascolto, motivarli e incitare la loro mente a pensare ed immaginare.
I bimbi sono materia preziosa nelle mani di noi grandi, impariamo l'arte di farne gioielli, ma soprattutto non dimentichiamoci mai che ogni tocco sbagliato resta segnato e indelebile in quella materia, tocchiamola con delicatezza e innanzi tutto con rispetto assoluto.
Tocca a ciascuno di noi farne uomini sani e soprattutto degni della nostra Italia (quella di ieri almeno).

domenica 17 febbraio 2008

Spazzatour - un giro turistico per i rifiuti campani

Sindaco di Napoli-Rosa Russo Iervolino
Governatore Regione Campania-Antonio Bassolino

DUEPASSI HA SCRITTO QUESTO

Non ho visto il video, ma, vivendo a Napoli, non mi perdo lo spettacolo (purtroppo) ogni volta che esco di casa.
Vorrei far notare come non si dica "Napoli" o "Campania", ma si dica "Paese" e cioè "Italia".
Il problema, a qualcuno sfugge, coinvolge il sistema Italia, e lo danneggia tutto.
Puzza, spazzatura e diossina sono in Campania, ma gli effetti negativi colpiscono tutta l'Italia.

Ciò nonostante pecoraro scanio sembra proprio che la passerà liscia e così tutto il suo partito del No (formato non solo da lui e dai suoi, ma anche dai suoi amici di estrema sinistra) che continua a mettere cartelli, in Campania, contro ogni soluzione concreta, proponendo la sola raccolta differenziata come il rimedio miracoloso che metterebbe tutto a posto.... siii, a Napoli ? Ma lo vadano a raccontare a qualcun altro, non a uno come me che a Napoli ci vive.

Per quanto io sia da lunga data favorevole alla raccolta differenziata (come provato da miei post del 2000....) so bene che la raccolta differenziata stenta e stenterà a concretizzarsi in qualcosa di decente, qui a Napoli, per molti fattori, e non solo per colpa della gente,
e non può (maledizione NON PUO'.... come si fa a non capirlo ?), NON PUO' risolvere il problema di Napoli (e quindi - come abbiamo visto - il problema del sistema Italia) nei tempi richiesti dall'emergenza dovuta al disastro ambientale, e non potrà impedire - se non si interviene con provvedimenti seri - il DISASTRO SANITARIO a cui andiamo incontro per colpa di verdi e sinistra estrema.

Per i disastri causati dalla loro condotta, qualcuno dei verdi e di quei groppuscoli di estremisti di sinistra dovrebbe pagare.
Perché non si può metter in galera chi rovina l'Italia ?
Dobbiamo aspettare i morti del disastro sanitario ?
Quanti morti dobbiamo aspettare prima che qualcuno si convinca che il partito del No è andato ben oltre una forma di lotta civile e comprensibile ?

Io sono esterefatto, e non vedo partire soluzioni serie.
Non vedo chi prenda in pugno la situazione e tenti di risolverla.
Ma finché ci faremo ricattare dal partito del No, non faremo che avvicinarci al baratro.

Non basta non esserci arrivati, per illudersi di scapolarla.
Ricordate la barzelletta di quello che era caduto dall'undicesimo piano, e mentre era arrivato, cadendo, al terzo piano commentava
"fin qui tutto bene"....ù
si, ma fra tre piani ? Quando ci si schianterà al suolo, avremo la forza di sorridere ?

Secondo me.

sabato 16 febbraio 2008

L'orgoglio dell'origine orientale

Grazie Marco per il tuo post, davvero interessante.
Sono questi i post che vorrei leggere, e che danno veramente qualcosa.
Se posso aggiungere qualcosina, avendo letto tutto Tito Livio (una lunghissima lettura) e tutto Erodoto, condivido le perplessità sull'attendibilità di notizie così antiche (Livio è contemporaneo di Augusto).
Erodoto, poi, ha creduto ai serpenti alati...
Anche i suoi dati numerici sull'esercito persiano mi sembrano assai gonfiati.

Vorrei aggiungere qualche considerazione.

Non ho letto le Origines di Catone (ahi, mi manca, ed invidio furiosamente chi ha potuto farlo), e di Catone ho letto solo il de agricultura.
Catone era un "burino", direbbero i Romani de Roma. Era di Tusculum, non di Roma. Persona da rivalutare, direi, rispetto al trattamento ingiusto che gli viene riservato dalla storiografia di sinistra, come ho avuto modo di evidenziare in un mio post su Catone, dove ho smascherato le menzogne dette sul suo conto. Cosa grave, mi pare che quelle menzogne fossero intenzionali e volte a stravolgere il suo pensiero.
Ma questo è altro discorso.
Catone era preoccupato per l'avanzare dell'ellenismo, e, diciamocelo francamente, non aveva tutti i torti, anche se paragoniamo le sue preoccupazioni con l'attuale, analogo ma non identico, sfacelo nei confronti dell'invasione (anche culturale) medioorientale. Almeno allora l'Oriente era più avanzato, mentre ora ci si vuole imporre il medioevo...

Catone rimane però una persona lucida che individua un reale pericolo per la Società in cui è vissuto ed ha amato.

Su Tito Livio mi sono fatto un'idea diversa.
Innanzitutto, nonostante lui si senta un rappresentante di Roma, e come tale sia visto, era di Padova, e non di Roma, e i suoi accenni a quei miti sono motivati da un malcelato orgoglio cittadino, come Padovano, prima che Romano.
Del resto siamo abituati a pensare a Cicerone come il rappresentante poer eccellenza della cultura romana, eppure Cicerone apparteneva ai Volsci, secolari nemici di Roma.

Io credo che entrambi, e tanti altri letterati considerati Romani, si sentissero Romani, e si possano considerare tali a tutti gli effetti, ma proprio questa loro identificazione con Roma testimonia dell'inesattezza della visione di chi guarda a Roma solo come l'esercito odiato ed invasore.

Livio rivendica un mito che ai suoi occhi nobilita la sua città, come l'etrusco Virgilio, nato nell'enclave etrusco di Mantova, ma anch'egli convinto Romano, rivendica il mito della discendenza dei Romani dai Troiani.

Perché tanto fascino in una parentela con popoli anatolici ?

Perché non dobbiamo guardare a quei tempi con gli occhi di oggi, ma tuffarci nell'atmosfera di allora.
Cogliamo gli indizi che possono illuminarci:
Egitto e Mesopotamia, soprattutto, ma in generale il medio oriente, e la Grecia poi, sono stati le culle della civiltà, raggiungendo livelli non confrontabili con le rozze (al confronto) civiltà europee di allora.
Dal punto di vista culturale, artistico, filosofico, l'Oriente (ivi comprendendo la Grecia, che poi, con Alessandro aveva conquistato l'Oriente, dando luogo all'ellenismo) era molto avanzato rispetto a Roma, e all'Europa in genere.
Dal punto di vista economico, chi non ricorda nomi come Creso e Mida, sinonimi leggendari di ricchezza.

Voglio dire che l'Oriente costituiva un punto di riferimento in qualche maniera simile a quello che ora è lAmerica per il resto del mondo.
Ecco perché i letterati facevano a gara ad attribuire alle proprie patrie paternità orientali.
Oggi tutto ciò sarebbe incomprensibile.
E magari qualcuno pensa semplicemente al fascino delle opere omeriche.
Resta da vedere, però, se Troia era davvero in Oriente, o magari ha ragione l'ing. Vinci a collocarla in Finlandia...
Una ricollocazione dell'intera vicenda eroica della guerra di Troia in ambientazione orientale, agli occhi di allora, avrebbe enormemente nobilitato quei guerrieri, quei popoli e quella storia.

Ma tutto ciò è da dimostrare.

Secondo me.

LA VENEZIA GIULIA PRE-ROMANA. LE ORIGINI DI VENETI ED ILLIRI

LA VENEZIA GIULIA PRE-ROMANA. LE ORIGINI DEI VENETI E DEGLI ILLIRI

Evitando di parlare del Paleolitico e del Mesolitico, ciò che sarebbe veramente eccessivo ai fini dell’argomento qui considerato, le più antiche popolazioni storicamente conosciute del territorio giulio-veneto furono i Liguri, stirpe mediterranea, ovvero pre-indoeuropea, estesa all’intera Italia del nord nel III millennio a.C. ed affine agli Etruschi.
Ai Liguri si sovrapposero e si fusero le popolazioni indoeuropee che immigrarono ed invasero la Venezia Giulia a partire circa dal principio del II millennio. Queste stirpe, sicuramente indo-europee, sono rispettivamente quelle degli Illiri e quella chiamata dagli studiosi coi nomi di Paleo-Veneti, Veneti Antichi, Venetici, e talora (di fatto, in passato, come si spiega subito dopo) Heneti.
Gli studiosi, almeno sino alla seconda guerra mondiale, hanno prestato grande interesse alla questione delle origini dei vari popoli che componevano il panorama etnico e culturale dell’Italia pre-romana. Una particolare attenzione è stata prestata certo agli Etruschi, per la loro grande importanza e l’originalità della loro civiltà, ma anche i Veneti sono stati attenti oggetto d’indagine.
Un’ipotesi sulla provenienza dei Paleo-Veneti e degli Illiri, senz’altro stretti parenti dal punto di vista etnico-linguistico (ciò che è stato sempre riconosciuto) è stata quella della loro origine dal Mediterraneo orientale, ovvero dal Vicino Oriente antico.
Questa teoria si fonda su quattro testi fondamentali: l’Iliade, le Storie di Erodoto, le Origines di Marco Porcio Catone (perdute, ma conosciute per sommi capi attraverso altri autori, soprattutto Cornelio Nepote), e naturalmente Tito Livio.

Che cosa si può opporre ad una simile teoria? Il sottoscritto premette di conoscere assai poco l’argomento qui affrontato. Pure, a conoscenza di chi scrive, la suddetta teoria ha incontrato il sostegno degli storici in passato, mentre oggigiorno è pressoché totalmente abbandonata, almeno in ambito accademico.
Gli argomenti contro la teoria suddetta si possono proporre nel seguente modo.

A] Inaffidabilità delle fonti scritte.
1) Anzitutto, esiste una contraddizione fra i dati forniti da Erodoto (ispiratosi ad una breve descrizione di Omero) da una parte, e quelli di Catone e Livio dall’altra, poiché Paflagoni e Troiani erano due popoli distinti
2) Inoltre, queste fonti hanno un carattere indiretto, poiché non appartengono ad autori di stirpe veneta, ma d’altre civiltà. E’ questo anche il caso di Livio, il quale è pur sempre un Romano, e d’altronde riprende sullo specifico punto qui esaminato l’insegnamento di Catone. Si pone quindi il problema d’una testimonianza che non è quella del popolo interessato, ma mediata da un’altra cultura, anche molto diversa. In realtà, Erodoto e Catone non informano sulle tradizioni realmente venete riguardo al passato di questa stirpe, ma su quelle formatesi in ambito greco e romano. Non è dato sapere se i Veneti le condividessero.
3) Ancora, la lontananza cronologica fra queste fonti ed il presunto evento riportato è davvero notevole. La cosiddetta “Troia omerica” (poiché questa città conobbe una storia di oltre 3000 anni, con la stratificazione di diverse città l’una sull’altra) fu distrutta attorno al 1200 a.C. I poemi omerici conoscono una redazione definitiva attorno al X-IX secolo, Erodoto al V secolo, le Origines di Catone al II secolo, Livio al I a.C. Considerando la certa assenza di fonti scritte capaci di tramandare tale supposto accadimento nei secoli frapposti fra Catone (il primo sostenitore della discendenza troiana dei Veneti) e la distruzione micenea di Troia, si hanno ben mille anni affidati unicamente a tradizioni orali. In tale lungo periodo il ricordo degli eventi avrebbe ben potuto deformarsi in misura a dir poco decisiva. Gli studi sul “folklore”, ad esempio, attestano come per il sorgere d’una leggenda, anche assai complessa, sia sufficiente un lasso di tempo non di generazioni, e neppure di anni, ma talora anche solo di giorni.
4) E’ possibile, se non probabile, che queste fonti cadano in errori interpretativi (Erodoto) od in intenzionali mistificazioni (Catone, Livio).
Erodoto parla di Henetoi in riferimento appunto ai “Veneti” dell’Adriatico, con ciò sostenendo essere i discendenti degli Henetoi della Paflagonia di cui parla Omero (II, 852). Però, il greco antico, come è noto, non conosceva l’uso del suono corrispondente all’italiano “V”, per cui il termine “Veneti” poteva ben conoscere da parte di un Greco un fenomeno di elisione della consonante iniziale, divenendo “eneti”, da cui l’identificazione, arbitraria, con gli Henetoi omerici. Questa supposizione appare rafforzata da un esame etimologico dei termini henetos (greco) e della radice –wenet, da cui “Veneti”. Henetos in greco può significare sia “fermaglio, fibbia”, sia “suddito, sottoposto, indotto, subornato”. Il passo in cui Omero parla degli Henetoi potrebbe intendersi pertanto non come riferito ad un popolo così chiamato (“Eneti Paflagoni”, giunti a Troia sotto il comando di Pilemene), bensì come “i sudditi Paflagoni” di Pilemene. Però, Erodoto lo avrebbe interpretato, erroneamente, come proprio di una specifica popolazione.
In ogni caso, comunque, henetos e –wenet sono due termini distinti, con significati e radice differenti. Infatti, -wenet designa “colui che viene da oriente”, “invasore dell’est”, il normale luogo geografico di provenienza degli Indoeuropei occidentali. Ciò spiega perché esistessero anche altri popoli indoeuropei, distinti dai “Veneti” dell’Adriatico, che avessero un nome simile od anche identico, come i Celti dell’Armorica, vinti da Cesare, che si chiamavano anch’essi Veneti. Questa analisi linguistica obsta ad un’identificazione fra gli Henetoi ed i Veneti.
In quanto a Catone, egli costituì il personaggio che più di tutti s’oppose all’ellenizzazione di Roma, incarnando il più schietto orgoglio nazionalista romano. Le Origines costituivano certamente una parte della sua battaglia politica e culturale contro l’influenza greca sull’Urbe, venendo scritte con consapevole intento polemico contro la storiografia greca e nella finalità d’esaltare la storia romana, anzi quella di tutti i popoli italici.
Un esempio d’un celebre mito, somigliantissimo a quelle delle origini troiane dei Veneti ed assai più celebre, può aiutare a comprendere le intenzioni di Catone. Il mito dell’origine di Roma dai discendenti di Enea, oggigiorno rifiutato da tutti gli storici, è certamente molto posteriore alle più antiche leggende su questa città (il duello degli Orazi e dei Curiazi, Muzio Scevola ecc.), le quali, come ha mostrato magistralmente Georges Dumèzil nella sua amplissima analisi comparativa, rientrano nell’ambito della mitologia religiosa indoeuropea. La sua formazione non rientra pertanto nella fase più antica della storia cittadina, ma è posteriore al contatto con la grecità, presentandosi quale strumento d’esaltazione nazionalistica, paragonabile al tentativo di un parvenu di nobilitarsi, inventandosi l’ascendenza da un antenato nobile.
E’ possibile, se non probabile, che il racconto d’Antenore ed alcuni superstiti Troiani quali antenati dei Veneti, che risulta speculare a quello della fondazione dell’Urbe da parte degli Eneadi, risponda alle medesime esigenze ed anzi sia stata elaborata prendendo a modello proprio il celeberrimo aneddoto d’Enea riparatosi nel Lazio. Questo d’altronde avrebbe consentito a Catone di presentare i Romani ed i Veneti loro fedeli alleati, quali erano all’epoca (il Veneto rimase a lungo indipendente e semplicemente socius di Roma) quali popoli con un’origine comune e quindi fratelli.
5) Allargando la prospettiva, la tipologia offerta dai racconti di Erodoto e di Catone rientra nei cosiddettio“miti delle origini”, ben noti agli antropologi ed agli storici delle religioni (in primis Eliade), i quali conoscono una diffusione praticamente universale. Fra le loro funzioni, esiste quella di giustificare e legittimare determinate istituzioni, riti od anche possesso di territori.


B] Differenza linguistica.
I popoli antichi che abitarono nel territorio geografico della Venezia-Giulia, prima della conquista romana, furono dapprima gli antichi Liguri, di stirpe mediterranea, pertanto non indo-europea, affini agli Etruschi, poi Veneti ed Illiri, in seguito anche Celti. La presenza dei Liguri, talora detti anche, nell’area nord-orientale, Reti, è antichissima e risale in pratica al più remoto neolitico italiano. Per quanto riguarda i Celti, è ben noto come la loro lingua sia indoeuropea, mentre l’area di provenienza nella Venezia Giulia è senz’altro l’Europa continentale: il loro popolamento nel territorio giulio-veneto fu piuttosto tardo (vi giunsero nei secoli V e IV, mescolandosi ai Veneti ed agli Illiri) e non tale da cancellare le popolazioni preesistenti. In quanto ai Veneti ed agli Illiri, essi sono senz’altro stirpi indo-europee, strettamente imparentate fra loro.
E’ appena il caso di ricordare come la “famiglia” delle lingue indo-europee si ramifichi progressivamente in ulteriori ceppi linguistici, secondo un procedimento filetico di ripartizione comunemente adoperato in campo linguistico e che consente altresì d’individuare e studiare la parentela etnica, oltre a quella appunto della lingua. Il Veneto è solitamente considerato dagli studiosi quale appartenente al “Gruppo Romanzo” (esistono molti altri “Gruppi”, come il “Gruppo germanico”, il “Gruppo celtico”, il “Gruppo slavo”, il “Gruppo greco” ecc.), il quale sia le moltissime lingue neo-latine ovvero derivate dal latino, sia il raggruppamento originario in cui rientrava il latino stesso, ovvero il cosiddetto “Italico”. L’Italico comprendeva il Latino-Falisco (ulteriormente suddiviso in Falisco e Latino), l’Umbro, l’Osco ed appunto il Venetico. Insomma, la lingua degli antichi Veneti era una lingua italica, strettamente apparentata alle altre popolazioni indo-europee della penisola.
In quanto agli Illiri, essi vengono fatti rientrare in un altro “Gruppo”, chiamato “Gruppo Illirico”, che comprendeva la lingua degli Illiri, residenti in Dalmazia, e quella dei Messapi, popolazione che viveva in Puglia. Nonostante appartengano a due “Gruppi” differenti, pure gli studiosi hanno riconosciuto la notevole vicinanza linguistica e quindi etnica fra Veneti da una parte, Messapi ed Illiri dall’altra.
Si deve a questo punto notare che i popoli indoeuropei abitanti nel Vicino Oriente antico nel II e I millennio a.C. appartenevano a “Gruppi” linguistici diversi da quello “Romanzo” ed “Illirico”. Il territorio anatolico avevano conosciuto il popolamento, beninteso per quanto concerne le stirpi indo-europee, dapprima degli Hittiti e dei Lidi, poi anche dei Frigi. Hittiti e Lidi appartenevano al “Gruppo Anatolico”, mentre i Frigi a quello detto “Traco-Frigio”.
E’ possibile pertanto concludere come, sotto l’aspetto linguistico, gli abitanti della Venezia-Giulia pre-romana non potessero considerarsi d’origine vicino-orientale, essendo in parte di lingua venetica, in parte illirica, differenti da quelle in uso nel Vicino Oriente ed oltretutto piuttosto simili fra loro.

C] Diversità economica, tecnologica e culturale coi popoli del Vicino Oriente.
Non è il caso di ricordare che il Vicino Oriente antico ha rappresentato, in maggiore o minore misura, la fons et origo di tutte le principali civiltà eurasiatiche ed in ogni caso la sede delle più antiche culture storiche. Al contrario, l’Italia, intesa come regione geografica, rimase per molti millenni una terra marginale ed, in termini contemporanei, sottosviluppata. E’ facile constatare come Veneti ed Illiri per oltre un millennio della loro storia, non avessero lo stesso livello tecnologico e culturale dei popoli vicino-orientali
La fabbricazione del ferro, la scrittura, la moneta, l’organizzazione politica di tipo statale furono tutte ignorate da Veneti ed Illiri per secoli e secoli dopo il loro arrivo nelle sedi stanziali definitive (ad esempio, la scrittura veneta compare solo nei secoli VI-V a.C, laddove le prime tracce della presenza dei Paleoveneti risalgono, come si è detto, al XX secolo a.C.). Tuttavia, le conoscenze culturali a ciò necessarie erano possedute nel Vicino Oriente già da prima dell’invasione veneto-illirica in terra italiana e dalmatica, ossia tali “conquiste” erano già state raggiunte. Appare difficile spiegare perché tali forme di sapere, gelosamente conservate per la loro importanza (basti pensare a ciò che significava la metallurgia del ferro dal punto di vista militare!), avrebbero potuto venir meno con l’ipotetica migrazione d’un popolo dall’Anatolia verso ovest.
Inoltre, non esistono in pratica reperti archeologici di derivazione vicino-orientale nelle regioni popolate da Veneti ed Illiri per tutto il II millennio a.C. Si rintracciano unicamente alcuni manufatti di derivazione micenea, quindi di un popolo residente in Grecia anziché in Anatolia, non-indoeuropeo e quindi improbabile come antenato dei Veneto-Illiri, ed oltretutto il primo responsabile della fine sia della città di Troia, sia dell’impero Hittita. Si tenga inoltre conto del fatto che i suddetti reperti si rintracciano in quantità alquanto scarsa e sono perciò frutto verosimile di commerci e scambi anziché d’una colonizzazione affatto indimostrata sia dai dati archeologici (nessuna colonia micenea è mai stata scoperta in Dalmazia ed Adriatico settentrionale), sia da quelli documentari.

D] Discrasia cronologica.
1) I dati cronologici dell’arrivo di Veneti ed Illiri nelle loro sedi non combaciano affatto con quelli della caduta di Troia, la distruzione dell’impero Hittita o l’arrivo dei Frigi (i futuri Paflagoni delle fonti greche, come Senofonte) in Anatolia. Le prime attestazioni della presenza di Veneti nell’Italia nord-orientale e di Illiri sull’Adriatico risalgono al XX secolo a.C., mentre la distruzione della “Troia omerica” (Troia VIIa nella stratigraficazione degli scavi archeologici) è databile nel XIII secolo, in pratica contemporanea al crollo dell’impero ittita e dell’espansione delle genti frigie verso l’Anatolia centrale. Si ha quindi uno iato temporale di ben sette secoli fra la documentata presenza veneto-illirica, anche in Venezia Giulia (Albona è forse il più antico dei siti illirici attestati), ed il momento della supposta partenza
2) Inoltre, sempre i dati archeologici, con la lenta espansione delle aree interessate dalla presenza degli invasori, confortano l’idea che gli antenati dei Veneti e degli Illiri non siano pervenuti con un solo, massiccio evento migratorio, bensì attraverso una successione d’arrivi, protrattisi per qualche generazione. Anche questo obsta all’idea d’una migrazione compiuta in un momento ben determinato da un intero popolo, chiaramente strutturato come tale.

E] Ricostruzione del dinamismo dei Veneto-Illiri su base archeologica.
1) I dati archeologici paiono attestare la provenienza dei Veneti e degli Illiri da nord-est, via terra, passando dall’area danubiana verso sud-ovest. I più antichi reperti Paleoveneti rintracciani si trovano nella valle dell’Adige, attorno al lago di Benaco, sui colli Euganei, ed in generale nelle zone alpine e pre-alpine del Veneto attuale, ciò che suggerisce una derivazione da nord, passando per l’attuale Austria (la città di Vindebona pare avere proprio un toponimo venetico, il che confermerebbe tale ipotesi), non certo via mare da sud, e nemmeno direttamente da Oriente. A partire da queste zone montuose e collinose si sviluppò la progressiva venetizzazione delle pianure dell’Italia nord-orientale.
Per quanto riguarda gli Illiri, la loro prima “città”, anche se all’epoca doveva essere in pratica un villaggio, è Albona, all’estremo confine dell’Istria. La successiva espansione illirica proseguì in direzione meridionale, finendo poi coll’arrivo, nel secolo XVI a.C., in Puglia, popolata dagli Iapigi o Messapi. Gli iapigi (o japigi) erano un'antica popolazione indoeuropea che si era stabilita tra il II e il I millennio a.C. nell'attuale regione italiana della Puglia. Provenivano molto probabilmente dall'Illiria e parlavano il messapico. I messapi erano la tribù più meridionale degli iapigi. Altre loro tribù erano i dauni e i peucezi. La prima città fondata dagli iapigi fu Oria (Uria, XVI secolo a.C.).
Le tracce archeologiche lasciate dai probabili ascendenti dei Veneti e degli Illiri prima del loro arrivo in Italia ed in Dalmazia sembrano confermare la suddetta teoria d’una loro provenienza da nord-est, quindi dall’area a settentrione del Danubio. Infatti, i sepolcri caratteristici di tali popoli (la sepoltura con incinerazione) lasciano come una scia che si diparte dall’odierna Ungheria, la cui pianura rimase per millenni un punto d’arrivo per le popolazioni nomadi giunte dalle steppe, come appunto anche gli Indo-europei, per dirigersi verso sud-ovest.
2) La suddetta ricostruzione trova ulteriore valore nel fatto che gli storici comunemente ammettono che l’arrivo degli altri popoli indoeuropei in Italia, anteriore a quella dei Veneti e dei Messapi-Iapigi, sia avvenuta secondo modalità e spostamenti sostanzialmente identici, con un percorso sud-ovest a partire dai Balcani e dalle pianure a nord del Danubio.
3) Inoltre, si può ancora aggiungere come la ricostruzione del dinamismo dei popoli in area anatolica non conservi indizio alcuno d’uno spostamento da est verso ovest. Gli Hittiti provengono dal Caucaso ed occupano quasi tutta l’Anatolia, senza però giungere al mare Egeo. I Frigi, la cui espansione è contemporanea al crollo dell’impero ittita, probabilmente causato anche da tale migrazione, sboccano dalla penisola balcanica, passando per l’Ellesponto, dirigendosi verso est e ricacciando indietro gli ittiti. Un’ipotetica migrazione via terra dall’Anatolia all’Italia non solo non ha prove, ma è affatto improbabile, poiché avrebbe cozzato frontalmente con flusso migratorio, ovvero con l’invasione, dei Frigi che si dirigevano in direzione opposta. Neppure una migrazione marittima risulta verosimile, non che attestata, in quanto la fine dell’impero ittita fu dovuta all’azione convergente dei Frigi e dei cosiddetti “popoli del mare” (Micenei, Filistei, Sherdana, una specie di filibusteria), che aggredirono gli Hittiti sulla sua costa meridionale. D’altronde, gli Hittiti non furono mai un “popolo di navigatori”.


Riassumendo i dati raccolti si deve dire che:
1) le fonti riguardanti l’origine vicino-orientale dei Veneti sono inattendibili
2) la civiltà e la lingua dei Veneti e degli Illiri sono piuttosto lontane da quelle del Vicino Oriente antico, mentre risultano assai simili a quelle dei popoli italici indo-europei
3) i dati archeologici consentono di ricostruire il percorso migratorio dei Veneti e degli Illiri, largamente corrispondente a quello seguito dagli Italici propriamente detti prima di loro. Non si hanno invece tracce di una migrazione dall’Anatolia verso l’Italia, anzi ciò appare persino inverosimile, sia per il marcato iato temporale fra le diverse migrazioni indo-europee in area italiana ed anatolica, sia per il contrasto tra tale ipotetico spostamento e quelli effettivamente accertati di popoli indoeuropei nell’area e nel periodo storico interessati.
Aggiungo ancora come l’analisi si sia svolta su piani diversi e con metodi differenti, che pure tutti hanno dato esiti simili ed anzi convergenti. La parentela linguistica fra Veneti ed Illiri trova spiegazione proprio nella loro origine etnica assai prossima


Questa brevissima dissertazione sull’origine dei Veneti e degli Illiri, se corretta, permette però di porre in evidenza come le popolazioni della Venezia-Giulia, a partire dal II millennio a.C, offrissero una facies culturale ed etnica analoga a quella delle restanti regioni italiane. Infatti, essa era segnata dalla mescolanza fra stirpi mediterrane ed indo-europee. Inoltre, i gruppi indo-europei parlavano una lingua legata da uno stretto grado di parentela (il Venetico è una lingua del Gruppo Romanzo-Italico, ma anche molto simile all’Illirico), attestazione della loro vicinanza etnica.
Per il momento ho concluso. Dopo aver discusso della questione delle “origini” dei popoli Veneto ed Illirico, in verità un poco marginale rispetto al problema del presente filone di discussione, ma comunque capace di fornire informazioni e stimoli utili, al mio prossimo intervento cercherò di meglio spiegare perché, dal mio punto di vista, si desse in Venezia Giulia, anzi nell’Italia pre-romana, una base culturale ed etnica fondamentalmente comune, per poi muovere da questo assunto al fine di parlare della romanizzazione della terra giulio-veneta e dei suoi abitanti.

IN MEMORIA DELLE PENNE MOZZE E DI GIOVANNI PEZZULO


Questa sera alle ore 18 andrò ad assistere alla Santa Messa in ricordo di tutti Gli Alpini Caduti, le Penne Mozze come diciamo di solito.
Ma prema della preghiera dell'Alpino avrei intenzione, sempre che il Sacerdote che celebra la messa me lo consente di dire queste poche parole.
Ambra non riesco a postare questa Preghiera nel tuo sito, pensaci Tu
Saluti a Tutti Gioacchino ( Leone 20)

Oggi, come tanti altri Militari che sono stati impegnati nelle Missioni di Pace, avrei voluto essere presente nel Duomo di ODERZO per assistere alle Onoranze Funebri dell’Amico Maresciallo Giovanni Pezzullo, compagno e fedele collaboratore di tante missioni di pace nel mondo.

La Figlia nella lettera che gli ha dedicato lo ha salutato con un

“ Ciao Vagabondo” perché è stato sempre presente in molte altre missioni.

Sincero operatore di pace, disposto al sacrificio della vita per la pace e non solo a gesti o a manifestazioni esteriori.

Mi sia consentito, in questa bella Chiesa in occasione di questa messa officiata in memoria di tutte le Penne Mozze andate avanti, in suo ricordo dedicargli, prima della preghiera dell’Alpino, una preghiera speciale di un Soldato rimasto Anonimo, scritta in occasione del primo Natale di guerra nel 1915

A MEZZANOTTE SULLA ROCCIA IMMANE

E NELLE CHIESE GIU’, S’OFFRE LA MESSA :

LA SUONINO IL CANNONE O LE CAMPANE

L’OSTIA BIANCA CHE APPAR SEMPRE LA STESSA.

E UNO STESSO PREGARE;

CESSI O SIGNORE

TRA I FIGLI TUOI LA MICIDIALE GUERRA,

CADA L’ODIO, RIVIVAN DEL TUO AMORE

E RITORNI LA PACE IN SULLA TERRA.

__._,_.___

.

__,_._,___

PER GIOVANNI PEZZULO E GLI ALTRI CHE LO HANNO PRECEDUTO

Una prece.

giovedì 14 febbraio 2008

Nini Rosso - Il silenzio

PER I NOSTRI CADUTI IN MISSIONE

Giovanni Pezzulo


ti voglio ricordare così!

martedì 12 febbraio 2008

Alfonso Greco



Nacque il 9 dicembre 1894 a Licata. Partecipò alla 1ma Guerra Mondiale, ma non si hanno notizie certe.
Dopo la guerra, si laurea in Giurisprudenza e nel 1919 lo troviamo ad Alessandria, dove sposa Corinna Bassi che gli regala una magnifica bambina, il 2 aprile 1923.
Rimangono a vivere ad Alessandria: nel frattempo, il nostro uomo ha intrapreso la carriera militare e vive fra caserme e diversi insediamenti militari del Nord Italia. La vita procede tranquilla, ma, nel 1935, Alfonso, già Colonnello, è costretto a lasciare l’Italia: destinazione Eritrea. Qui, con 11 sergenti alle sue dipendenze, costruisce il fortino Soleotom, sulle colline tra Asmara e Massaua.
Per 4 anni si dedica alle normali operazioni militari per favorire l’egemonia italiana su quella zona d’Africa, dove gli inglesi occupano solamente una piccola striscia della Somalia.
Si dedica tenacemente all’addestramento dei negri locali, formando diversi drappelli di “truppe”, che si riveleranno poi gloriose!
Come si può leggere nelle cronache militari…

... “secondo gli esperti della Regia Marina, soltanto attraverso il potenziamento e la difesa dei principali scali eritrei e somali (Massaua, Assab, Dante, Mogadiscio e Chisimaio) l’Italia avrebbe potuto garantire la completa pacificazione ed un normale sviluppo economico dei territori suddetti e soprattutto la permanenza in Oceano Indiano e nel Mar Rosso di due squadre navali composte anche da unità pesanti di superficie.
Già durante il corso della guerra con l’Etiopia, il genio militare della Marina e dell’Esercito aveva provveduto a ristrutturare, almeno in parte, i vecchi approdi di Massaua e di Mogadiscio, ma questi lavori (che inclusero, tra l’altro, la costruzione di ospedali, caserme e officine; l’allestimento di una stazione di carica per sommergibili; l’installazione di ben 20 serbatoi di nafta, distribuiti tra Massaua, Assab, Dante, Mogadiscio e Chisimaio; due depositi di carbone, sei di munizioni, due di torpedini, due di viveri e acqua; il trasferimento, a Massaua, di due bacini galleggianti per unità da 7.500 e 1.600 tonnellate) non risultarono comunque sufficienti in vista dei nuovi impegni derivanti dall’evolversi, per nulla positivo, dei rapporti diplomatici con Francia e Inghilterra che, come è noto, non vedevano di buon occhio l’allargamento della presenza italiana sulle rive dell’Oceano Indiano.
Verso la fine del 1936, fu poi avviato un programma per provvedere urgentemente alla protezione armata degli scali, almeno i più importanti (Massaua, Assab, Mogadiscio e Chisimaio): un piano che purtroppo non venne mai portato a compimento nella sua globalità per mancanza di fondi e di tempo. Comunque sia, nel periodo compreso tra la fine del ‘36 e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il Comando di Massaua riuscì, meglio di altre piazzeforti, ad allestire una rete abbastanza completa di centri cognitivi di difesa (stazioni di vedetta e segnalazione, stazioni radiotelegrafiche, di identificazione e di avvistamento contraerei) collegati ad un sistema di batterie antinave e antiaeree. Nella fattispecie, batterie di piccolo e medio calibro (composte da pezzi da 76/30 AA, 74/40 AA, 76/50, 102/35, 120/45 e 152/45) furono installate nell’area della base e su parte delle isole che formano l’arcipelago ad essa antistante (le Isole Dahlach).
I cannoni furono affiancati da nove cellule fotoelettriche da 120 e 150 cm. Per quanto concerne la difesa passiva, questa poggiava su sbarramenti di torpedini tipo “Bollo” ed ex austro-ungariche (gli ordigni vennero adagiati sui fondali delle Dahlach dal posamine Ostia e dalla nave coloniale Eritrea). Anche una delle tre locali batterie (quelle di Ras Garibale, Ras Gombo, Om ed Baker) di Assab si trovava su un’isola, quella di Fatma, mentre l’entrata della rada era sbarrata da due campi minati deposti dal caccia Pantera. A protezione del porto erano alcune mitragliere da 13.2 millimetri. Ad Assab risultavano inoltre installate tre fotoelettriche da 120 cm. Complessivamente, il 9 giugno 1940, 30 batterie (11 di medio e 19 di piccolo calibro) difendevano i due scali italiani d’Eritrea...

...(continua)….qui…..
http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.regiamarina.net/others/redsea/images/120mm_massaua.jpg&imgrefurl=http://www.regiamarina.net/others/redsea/aoi_defenses_it.htm&h=269&w=454&sz=10&hl=it&start=6&sig2=eFuGR_2nXdBu8P4BP2YutQ&um=1&tbnid=3xd3yWb1Nrn5kM:&tbnh=76&tbnw=128&ei=bmqtR66ZB5qq-gLLmIzFCg&prev=/images%3Fq%3D1936%2BPorto%2Bdi%2BMassaua%26um%3D1%26hl%3Dit%26rlz%3D1T4GGIH_itIT213IT213%26sa%3DG
Alla fine di questa tragedia militare, il nostro Alfonso è fatto prigioniero ed inviato nei campi di concentramento …non sappiamo se come Militare o come prigioniero vero….

Corinna e Concetta rimangono sole ad Alessandria, senza aiuto economico. Corinna affitta due camere alle studentesse, Cetta, giovane e bella studentessa delle Magistrali, conosce Ermanno, militare ad Alessandria! Lei ha solamente 14 anni e scrive al padre in Eritrea che la maledice: un Tenente è un nonnulla!

Per molti anni non sapremo nulla del Colonnello, lo ritroviamo solamente al matrimonio della figlia, il 7 Luglio 1945, in lutto perché nel frattempo è stato fucilato dai partigiani il consuocero Ezechiello.
Morirà solamente nel 1964 in ospedale a Origine di Modena, vedovo e triste, dopo non aver mai più ritrovato la sua identità: afflitto dal “mal d’Africa”, da un’incurabile cecità e dalla tristezza di essere stato “catapultato” in una terra di industriali che lavorano e lavorano e lavorano!

Nota personale in ricordo di nonno Alfonso.
Mi diceva…. “Ombretta sdegnosa del Missisipì…non far la ritrosa e baciami qui….!”, porgendomi la guancia……
Lo adoravo e lo abbracciavo con tanto amore…perché capivo che non era capito………(scritto doppio volutamente!)



Un particolare ringraziamento agli amici che mi hanno aiutato a conoscere, non solo la vita di mio nonno, ma anche un pezzo di storia che mi mancava!

domenica 10 febbraio 2008

sabato 9 febbraio 2008

DAL PROSSIMO GOVERNO CI ASPETTIAMO...


UNA SECCA INVERSIONE DI MARCIA.
(Questa va meglio ?)

giovedì 7 febbraio 2008

UN ALTRO PICCOLINO IN ARRIVO PER NOI


E' vero Giovanna ?
Grazie a Francisca avremo un Italiano in più.

mercoledì 6 febbraio 2008

AMBRA, HELP ME

Ambra
ho scritto un post, ma non me lo pubblica

che devo fare???

Albert

DA 60 ANNI FUNZIONA COSI'

La ex moglie di un caro amico, ovviamente non di sinistra, ha un cugino dirigente alla Coop di Bologna. E' un acquisitore, che per comperare latticini al limite della scadenza di legge, si becca oltre 7.000 € al mese, più premi ed altri benefits, leggi premi speciali, acquistando roba scadente ed al minor costo possibile. (la coop sei tu, chi può incul.......... di più?). Recentemente ha inaugurato una villa da poveretto, solo 500 mq, più dependance e giardino. Mutuo Banca Unipol, 50 anni a tasso che pagano i compagni.


Tratto e rivisto in lungua normale, di tutti i giorni, da un manuale che effettivamente fa parte della scuola dirigenti delle Coop Rosse, di qualsiasi tipo e in qualsiasi campo di lavoro. Il linguaggio effettivamente scritto, è una sorta di burocratese tipico della scuola sovietica. La copia di cui siamo entrati in possesso, riporta stampata la prefazione di Palmiro Togliatti, antico compagno di Stalin, ed una seconda prefazione moderna di Massimo D'Alema. (che detto per inciso riceve, dalla Coop Italia, un compenso, non sottoposto a tassazione, di 10.000.000 di € ogni anno, più una serie infinita di benefit e il pagamento delle rate del leasing dell'Ikarus, barca da 2 mil €, di sua totale proprietà)


Dal manuale coop per i suoi dirigenti


Quando la discussione tratta uno degli argomenti descritti al capitolo “minacce per la giusta causa rossa” intervenire immediatamente (retribuzione aumentata del 3.8% per ‘urgenza’).

Il post deve essere di poche righe (siamo in cost reduction) e il messaggio deve essere semplice, anzi una osservazione da cretino (questo vale per i dirigenti di categoria 1 che ancora non hanno ricevuto la patente di scemo).

La osservazione deve rispondere ai seguenti requisiti: distrarre la discussione parlando d’altro; usa uno degli argomenti previsti al capitolo “ma voi avete fatto …”; usare un tono di saputello e di amicone cretino (vedi il sottocapitolo “lo stupido del villaggio” nel capitolo”tipologie del disturbatore di discussioni e assemblee”); usare sospensivi che stimolano la replica.


L’argomentazione fuorviante non deve, tirare in ballo persone di cui all’elenco “agenti intoccabili della rivoluzione rossa” e, solo se necessario, deve tirare in ballo una persona dell’elenco “agnelli sacrificali pseudo rossi o fiancheggiatori” (controllare l’elenco prima di agire dato che viene cambiato frequentemente)

La reazione giusta deve essere di insulto, commiserazione, derisione, attacco, replica all’input fuorviante, innesco di una discussione tra gli altri (in questo caso non intervenire ma lasciarli concionare).

La linea guida è che la discussione deve essere indirizzata verso una chiacchiera da bar che deve fare dimenticare da dove è cominciata.


tanto per invitare i dirigenti al rispetto del manuale

ECCOVI ROSALUNA


Ceatura nostra, portaci rinnovamento e pace.

Ho bisogno dell'aiuto dei militari ed addetti ai lavori!

Asmara, 14 Febbraio 1939
Mentre, in grande uniforme, mi reco ad assistere ad una
Messa in suffragio del Papa defunto


Carissimi, sto cercando di mettere insieme la storia di mio nonno materno: Alfonso Greco, nato a Licata (?) il 9 dicembre 1894 - morto a Formigine il 7 gennaio 1964, laureato in giurisprudenza ( penso a Catania, ma non trovo più la sua laurea, prima o poi salterà fuori!: sono sicura di averla!!!).


So per certo che ha iniziato la sua carriera militare ad Alessandria.

Ho un suo bellissimo albo di fotografie...

a) le primissime immagini sono del 1935 a Padova SG.5 Fanteria (???????)
b) sempre del 1935 veduta dell'imbarco sul "Calabria"
c) Febbraio 1936 Adigrat villaggio
d) Febbraio 1936 SOLEOTOM: scrive "mio fortino in costruzione"....è una foto in una landa deserta....
e) Febbraio 1936 foto di alcuni militari: scrive "7 dei miei 11 sergenti"
g) Marzo 1936 sua fotografia davanti all'ingresso del fortino terminato, dove si legge chiaramente la scritta SOLEOTOM
e) Febbraio 1937 fotografia di Massaua
f) 11 Novembre 1938 diverse foto della città di Asmara

....qui finisce l'unico album che ho: o meglio, continua, con tantissime fotografie di personaggi locali...indigeni!

So ancora che era Colonnello, che è stato fatto prigioniero e che è tornato in Italia verso la fine della guerra...lo vedo, in altro album, presente al matrimonio di mia madre il 7 luglio 1945 (in lutto per la morte del nonno Ezechiello)

Spero che possiate partecipare a questa ricerca...io non ho nessuno che risponda alle mie domande!

Grazie a quanti mi potranno aiutare e anche a quelli che mi stanno già affiancando in questa "impresa"!
giovanna


P.S. Sono solamente interessata a ricostruire la sua vita militare, perchè dopo il matrimonio di mia madre, rimase a vivere con sua moglie, vicinissimo a casa nostra.

martedì 5 febbraio 2008

Luigi Boccherini-Menuet

Un Lucchese di vaglia

lunedì 4 febbraio 2008

ECCO, QUESTO E' ADALBERTO.

adalberto ha detto...

Non mi sbizzarrirò di certo, cara Ambra, in un sito che ha per titolo "L'Italia è la mia Patria" perchè ritengo sia bene entrarvi tenendo ben presente la finalità che è celata in quelle parole. Tu sai bene che non sono un infatuato nazionalista, che son vissuto con un piede di qua e uno al di là di molte etnìe foreste e che la penso un pò come Ivo Andric, senza odiare nessuno. E che infine desidero goethianamente essere cittadino del mondo. Mi limiterò pertanto a introdurre qualcosa di valido, così spero, di natura precipuamente storica. Perchè se di "Italia Patria nostra" dovessi parlare incapperei probabilmente in molte contestazioni ricordando trascorse intraprendenze partite dalle sabaude rive del Po, le tre "S" di Sedan Sadowa e Solferino, alcuni paesi del meridione tra cui Casalduni,una repubblicana eredità di accorpati territori, una popolazione specificatamente multietnica,....-
No cara Ambra, sarà bene lasci spazio a chi sostiene con esuberante entusiasmo che "una Italia è la sua Patria ". Sono troppo amareggiato, sulla dirittura di arrivo degli Ottanta, nel constatare come naviga l'Italia su questo mare di sprovveduta indifferenza. Un caro saluto da Adalberto

4 febbraio 2008 17.08

domenica 3 febbraio 2008

POESIE PER UNA MADRE di M. CRISTINA LA TORRE

Come te nessuno mai

Come te nessuno mai
ha riempito i miei giorni
di parole, di amore
di un legame profondo
nell’animo, come adesso, sempre.
Sento l’armonia, la quietezza
che l’amore dà al mio pensiero
e nell’immaginarmi questo legame
mi fa dire
come te nessuno mai
ha aperto il mio cuore.

sabato 2 febbraio 2008

BENVENUTA DOLCE ANNUK

LA CANDELORA

Il popolo dice :
Se piove e se gragnola dell'inverno siamo "fora"
Se è il sole e tira vento dell'inverno siamo "drento"

La colonna sommersa.

perdonate questa mia estemporanea incertezza, gentili lettori.
Al tempo adunque che il Ciani (SEBASTIANO ZIANI) fu creato Doge di Venezia (siamo alla fine del 12° secolo come ci racconta il Procurator di San Marco Marcantonio Sabellico detto il Coccio nel suo "Degli Istorici delle cose veneziane i quali hanno scritto per pubblico decreto) TRE colonne grandissime di Grecia furono portate (alcuni dicono di Costantinopoli; ma come questo far si potesse sotto il bizantino Emmanuel io non veggo).
Adoperarono in portarle alcune grosse navi, che il vulgo addimanda "caracche" (tipiche navi onerarie della Serenissima).
Giunte che furono queste navi , nel tirarsi una di queste colonne con certi ingegni, fu troppo il peso della colonna che, avanzando gli ingegni degli artefici, CASCO' NEL FONDO, e fino a questo dì è ancora sotto l'acqua.
(Probabilmente si trattò della prima colonna che stavano sbarcando con poca esperienza in corrispondenza del molo a quel tempo costituito da una grossa palificata infissa nella velma lagunare a sostegno del terreno non ancora selciato in corrispondenza della celebre Piazzetta dove ora sorgono le altre due ciclopiche chiamate "Marco" e "Todaro").
Le altre due con più diligenza furono ridotte in terra. Le quali, essendo alquanto tempo giaciute distese (forse dall'anno 1124 quando una spedizione veneziana ritornò trionfalmente da Tiro) nè trovandosi, benchè fosse a ciascuno offerta molta mercede, chi avesse ardir di drizzarle: allora per desiderio maraviglioso che ciò si facesse fu per pubblico ordine pubblicato che a ciascuno, che per suo ingegno finisse quell'opera, gli fosse lecito di domandare al Prencipe, e al popolo qualunque cosa volesse la quale per fede pubblica si sarebbe concessa, essendo tale, che dar meritamente si potesse.
( Vogliate perdonare lo stile... rozzamente veneziano del XV° secolo usato qui dal nobile Sabellico ).
Alla fama della proposta molti, come si sa, alcuni per speranza di premio, altri per gloria, tentarono la cosa. Ma uno fra tutti, di Lombardia venuto , così si dice (il Molmenti nella sua celebre "Storia di Venezia nella Vita Privata" dice essere stato un certo Beratterio di Brescia) fornì l'opera, e bagnando le funi con assiduo spargimento di acqua (da qui il detto "Acqua alle corde !") alle quali era legato il peso, di poco spazio lontane dirimpetto al Palazzo (Ducale) , dove ora si vedono (insiste a precisare "il Coccio") drizzò le due colonne (nell'anno di grazia 1172, soggiungo). Sopra il capitello di una delle quali è l'"immagine" di San Marco (il bronzeo androcefalo leone alato dall'aspetto mostruoso e che avrebbe un'altra straordinaria inedita storia da raccontare sulla sua origine e provenienza); su l'altra San Teodoro Martire con lancia, e scudo, e'l serpe sotto i piedi ( statua questa di marmo).
La mercede che quell'ingegnere dimandò fu che tutti quelli che giocassero ai dadi fra l'una e l'altra colonna , ancora che ogni maniera di inganno usassero, potessero ciò fare senza pena.
Io direi che questo uomo fosse stato di grande ingegno se non avesse richiesto sì vergognoso premio della sua virtù; al qual, se il gioco non fosse sommamente piaciuto non gli sarebbe venuto in animo di commendarlo con tal dimanda: ma non è da Iddio a un solo tutte le cose.
Questo artefice fu ancora il primo che fece il Ponte di Rialto (di legno e apribile per il passaggio delle grosse barche), e molti altri edifizi che al pubblico bisogno erano necessari per le quali tutte cose (perchè io trovo che ancora altri premi per lui fu dimandato) dal pubblico ottenne il vivere nel rimanente di sua vita.
Ora mentre si fatte cose nella città si facevano, Emmanuele che aveva l'animo nemico ai Veneziani .........-
Termina qui la storia di una ciclopica colonna di marmo sommersa da oltre otto secoli a pochi passi dall'attuale Molo della Piazzetta tra il fango della laguna . Anni addietro ho insistentemente raccontato questa storia, riconosciuta nei secoli successivi da molti altri autori (!), alla Soprintendeza ai Beni Archeologici di Padova (alla gentilissima Dottoressa Scarfì) e all'allora sindaco di Venezia Mario Rigo. Ottenni in risposta ripetuti complimenti, riconoscenti attestazioni di gratitudine conclusesi però laconicamente con la frase: "mancano i schei per trovarla e per tirarla su".
Vi immaginate quale straordinario evento a livello mondiale se recuperata dal fango dove si trova a non più di tre o quattro metri di profondità , venisse eretta in mezzo alle due della Piazzetta per esaudire finalmente le intenzioni degli antichi veneziani?
Un cordiale saluto ai lettori. Adalberto

La colonna sommersa.

Al tempo adunque che il Ciani (SEBASTIANO ZIANI) fu creato Doge di Venezia, tre colonne grandissime furono portate da.........
(abbiate pazienza cari lettori: la storia è lunga da raccontarvi. Voglio prima accertarmi che l'intervento parta e regolarmente venga inserito - riprenderò il discorso in caso di esito positivo)
Adalberto

Nostalgia

venerdì 1 febbraio 2008

PAROLE VERE DI UN SOLDATO VERO

Mentre il sottoscritto era in Somalia anni 1992-93-94. Le mie figliole molto diligentemente e per farmi un regalo, ritagliarono tutti gli articoli di giornale che riguardavano la nostra Operazione e li incollarono su di un quaderno grande.
C'era anche una cassetta videoregistrata di tutti i servizi televisivi dei telegiornali, perlomeno quelli che erano riuscite a cogliere.
Unico dispiacere non avevano mai visto papà in televisione.
Conoscendo bene certe persone mi era sempre guardato bene dall'apparire in qualche servizio televisivo e meno male.
Quando rientrai definitivamente mi fecero il regalo, per loro bellissimo e tale lo accettai di buon grado, l'impegno c'era stato e come, lavoro fatto da perfette novelle allieve di Ufficiale alla Sicurezza.
Quando ho incominciato a sfogliarlo mi stavo ammazzando dalle risate, notizie stravolte completamente. Idiozie scritte in libertà da qualcuno al quale gli aveva dato alla testa il sole africano. Posso testimoniare che un paio di loro erano stati colpiti dal cosidetto coccolene ed erano stati ricoverati nel mio ospedale da campo per alcuni giorni, ma la gratitudine è tutt'altra cosa, non è propria dei giornalisti peracottari.
Una sola verità che avrebbero fatto opera pia a tacere,la cosa l'avevamo in parte taroccata noi per fare avere alla Vedova del morto una pensione migliore, be almeno ci abbiamo provato, ma loro hanno disfato tutto e la Vedova a tutto oggi deve campare con una pensiocina piccola piccola............mannaggia a loro.
Bazzecole fatte diventare degli elefanti con le ali.
Vi giuro da ammazzarsi dalle risate, poi guardando seriamente la cosa notai che c'era un disegno perverso in tutto quello.
Avevano voluto deliberatamente e scentemente farci passare per degli imbecilli.
Segnalai la cosa al Ministero corredandola di tutte le fotocopie degli articoli,,,,,, ebbene dopo 14 anni sto ancora aspettando una risposta.
Unica cosa da segnalare che in quel periodo nei miei confronti venne messa in atto una specie di ( ora lo chiamano mobbing), raccontarvi tutto sarebbe lungo e tedioso, ma infondo non mi fece poi tanto male, smisi di fare il Pilota di elicotteri e tornai fra gli Alpini.
Indovinate chi era il Generale Ispettore dell'Aviazione Leggera dell'Esercito, quel signor siracusa, vi dice niente, vi ricordate di quello che a capo del sismi usò il bianchetto con la pennellessa su di un certo rapporta, poi il prode rumeno come premio lo nominò comandante del Carabinieri e baffino lo prorogò ben oltre il limite di età.( le minuscole sono perfettamente volute, il tasto funziona ma il dito si rifiuta di batterci sopra)
Dicevo....emhh ....... aria pulita fra gli Alpini perchè mi hanno fatto comandare per oltre quattro anni il Reparto più bello di tutte le Truppe Alpine.
Credevano di farmi un dispetto invece mi fecero passare il più bel periodo della mia vita militare, travagliato, .... avanti e in dreè dall'estero...., con la valigia e lo zaino sempre pronti perchè non si sa mai..., ma bello e intenso.
Saluti a tutti Leone 20
Gioacchino