L’Italia è la mia patria perché
È l’Italia dei campanili
Dei polentoni
Dei terroni
È l’Italia della Superga, del Dom De Milan,
de Rialto,
de gli Uffizi.
Er Colosseo
O Vesuvio e a Pummarola engoppa
È l’Italia degli Italiani
È la Mia ITALIA
E GUAI A CHI ME LA TOCCA.
venerdì 30 gennaio 2009
Piccola Richiesta.
Scusa Mamma Ambra se sfrutto questo spazio.
Volevo chiedere ai conoscenti che leggono il blog, laddove fosse possibile: di utilizzare le proprie "ferie". Per una piccola gita in Brasile. Ci sarebbe una persona che ha smarrito la via per l'Italia. Un aiuto da parte vostra sarebbe utile.
Grazie per il vostro aiuto
BattistaD
Volevo chiedere ai conoscenti che leggono il blog, laddove fosse possibile: di utilizzare le proprie "ferie". Per una piccola gita in Brasile. Ci sarebbe una persona che ha smarrito la via per l'Italia. Un aiuto da parte vostra sarebbe utile.
Grazie per il vostro aiuto
BattistaD
giovedì 29 gennaio 2009
Notte di San Rocco -- Tazenda -- Madre terra
Me la chiese Dag da Herat.
Che suoni come preghiera per lui.
martedì 27 gennaio 2009
lunedì 26 gennaio 2009
DAL LEGNO STORTO (click)
Oggi è la Festa di Corpo del mio Battaglione, il Battaglione Alpini TIRANO del 5° Reggimento Alpini.
Si ricordano gli Alpini sacrificatisi eroicamente per aprire la strada alla colonna in ritirata nella località di ARNAUTOWO.
Per Onorare la loro memoria scriverò una preghiera particolare.
Fu trovata nel taschino della giubba di un Caduto rimasto Ignoto il giorno di Natale del 1915 dal suo Cappellano Militare che raccoglieva gli effetti personali per spedirli alle Famiglie. Primo Natale di Guerra.
A MEZZANOTTE SULLA ROCCIA IMMANE
E NELLE CHIESE GIU’, S’OFFRE LA MESSA :
LA SUONINO IL CANNONE O LE CAMPANE
L’OSTIA BIANCA CHE APPAR SEMPRE LA STESSA.
E UNO STESSO PREGARE;
CESSI O SIGNORE
TRA I FIGLI TUOI LA MICIDIALE GUERRA,
CADA L’ODIO, RIVIVAN DEL TUO AMORE
E RITORNI LA PACE IN SULLA TERRA.
Si ricordano gli Alpini sacrificatisi eroicamente per aprire la strada alla colonna in ritirata nella località di ARNAUTOWO.
Per Onorare la loro memoria scriverò una preghiera particolare.
Fu trovata nel taschino della giubba di un Caduto rimasto Ignoto il giorno di Natale del 1915 dal suo Cappellano Militare che raccoglieva gli effetti personali per spedirli alle Famiglie. Primo Natale di Guerra.
A MEZZANOTTE SULLA ROCCIA IMMANE
E NELLE CHIESE GIU’, S’OFFRE LA MESSA :
LA SUONINO IL CANNONE O LE CAMPANE
L’OSTIA BIANCA CHE APPAR SEMPRE LA STESSA.
E UNO STESSO PREGARE;
CESSI O SIGNORE
TRA I FIGLI TUOI LA MICIDIALE GUERRA,
CADA L’ODIO, RIVIVAN DEL TUO AMORE
E RITORNI LA PACE IN SULLA TERRA.
sabato 24 gennaio 2009
mercoledì 21 gennaio 2009
Dedicata a Mamma Ambra
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l'infima lacuna
de l'universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l'ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co' prieghi tuoi,
sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l'orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati;
indi a l'etterno lume s'addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s'invii
per creatura l'occhio tanto chiaro.
E io ch'al fine di tutt'i disii
appropinquava, sì com'io dovea,
l'ardor del desiderio in me finii.
Bernardo m'accennava, e sorridea,
perch'io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:
ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l'alta luce che da sé è vera.
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
Qual è colui che sognando vede,
che dopo 'l sogno la passione impressa
rimane, e l'altro a la mente non riede,
cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visione, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.
Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
O somma luce che tanto ti levi
da' concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,
e fa la lingua mia tanto possente,
ch'una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;
ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,
più si conceperà di tua vittoria.
Io credo, per l'acume ch'io soffersi
del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,
se li occhi miei da lui fossero aversi.
E' mi ricorda ch'io fui più ardito
per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi
l'aspetto mio col valore infinito.
Oh abbondante grazia ond'io presunsi
ficcar lo viso per la luce etterna,
tanto che la veduta vi consunsi!
Nel suo profondo vidi che s'interna
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume,
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch'i' dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
Un punto solo m'è maggior letargo
che venticinque secoli a la 'mpresa,
che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
Omai sarà più corta mia favella,
pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
che bagni ancor la lingua a la mammella.
Non perché più ch'un semplice sembiante
fosse nel vivo lume ch'io mirava,
che tal è sempre qual s'era davante;
ma per la vista che s'avvalorava
in me guardando, una sola parvenza,
mutandom'io, a me si travagliava.
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
è tanto, che non basta a dicer `poco'.
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l *velle*,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
sabato 17 gennaio 2009
Nuovo contatto con Battistad
Tre ore fa battistad è riuscito a contattarci. Sta bene, è un poco ammaccato. Comunque ha avuto l'ordine di rientrare. Questa sera andrò a "recuperarlo" :D
martedì 13 gennaio 2009
RICEVO DAL COLONNELLO GIOACCHINO GAMBETTA

Il giorno 26 di gennaio è la Festa di Corpo del Battaglione Alpini Tirano.
Si ricorda il Sacrificio degli Alpini del Tirano nel combattimento di Arnautowo che aprì, unitamente al combattimento di Wararowka del Battaglione Alpini Morbegno il giorno prima, la strada per la vittoriosa Battaglia di Nikolajewka.
Ti invio lo Stralcio del Rapporto del Comandante del 5° Reggimento Alpini sul fatto d'armi.
Gioacchino.
STRALCIO DELLA RELAZIONE SUL RIPIEGAMENTO DEL 5° ALPINI DALLE LINEE DEL
MEDIO DON ( COLONNELLO GIUSEPPE ADAMI )
15 – 31 GENNAIO 1943
DESCRIZIONE DEL COMBATTIMENTO AVVENUTO IL 26 GENNAIO 1943 AD ARNAUTOWO ( RUSSIA )
--------------
26 GENNAIO 1943
Circa le ore 2 elementi sbandati della Divisione “ Cuneense “, invadono la strada centrale del paese affermando che a Sud-Ovest del paese stesso, erano stati attaccati da truppe russe e partigiani. La notizia è avvalorata dal fatto che la sparatoria, che aveva continuato tutta la notte in direzione di Arnautowo, si era intensificata ed estesa ai margini del bosco proprio a Sud-Ovest dell’abitato; per di più tra le case cadono colpi di mortaio, di cannoncino anticarro e traccianti. Di ciò avuta la diretta percezione dopo di essere uscito all’aperto, comunico l’allarme ai Battaglioni e dispongo la eventuale difesa del posto e lo sbarramento delle vie di accesso.
La luna ed il cielo chiarissimo permettono una buona visibilità. Poco dopo arriva il Generale Reverberi che, reso da me edotto delle misure prese, ordina di anticipare la partenza di un’ora e di rafforzare nel frattempo con una Compagnia la difesa del quadrivio, presso il quale si era sistemato il Comando di Corpo d’Armata: al quale provvedo mandando in luogo la 48^ Compagnia del Battaglione “Tirano” rinforzata con i pezzi di artiglieria. Contro ogni previsione l’attacco non si sviluppa ed anzi viene a cessare anche l’azione nemica. Alle ore 5 il Battaglione “Tirano” inizia il movimento, tosto seguito dalle molte slitte del Gruppo Fischer. Esso appena giunto alle prime case di Arnautowo, quando il Comandante del Plotone Esploratori informa di avere preso contatto con il nemico che sta avanzando.
Il Maggiore Maccagno, Comandante del Battaglione, si porta subito avanti per rendersi personalmente conto della situazione mentre mortai e mitragliatrici russe aprono il fuoco sui reparti e può constatare che l’avversario sta premendo sul fianco sinistro della colonna, che la strada oltre la selletta di Arnautowo è potenzialmente sbarrata da cannoni anticarro, mortai e mitragliatrici e che inoltre, grosse pattuglie russe operano sull’alto del costone di destra.
Dispone allora per lo spiegamento del Battaglione in formazione di combattimento, con la 49^ Compagnia a sinistra, la 46^ Compagnia al centro e la C.C.T sulla destra con compito, quest’ultima, di operare un largo movimento sul fianco del nemico. Fa inoltre piazzare le armi di accompagnamento che aprono subito il fuoco. Sulla indicazione di un Ufficiale di Cavalleria, pratico del posto, incanalo il movimento della colonna, meno le slitte e gli automezzi del Gruppo Fischer, lungo una strada secondaria che, deviando a destra e in basso, porta direttamente alla selletta, mentre ordino alle predette slitte e automezzi di procedere per la strada principale alta protetti dalla 48^ Compagnia.
Alla Selletta dal Maggiore Maccagno ho relazione dello stato di cose. In quel momento forti nuclei avversari premono al centro e alla sinistra ed avanzano rapidi cantando. La difficilissima situazione mi induce a far inviare sulla destra una Squadra mitraglieri della 48^ Compagnia, per dare maggiore efficacia alla controffensiva sul fianco e a chiedere l’immediato intervento dei Gruppi “ Vicenza e Val Camonica”, onde appoggiare al centro e sulla sinistra l’azione del “Tirano”. Ordino inoltre di far sgomberare con qualunque mezzo la strada invasa di slitte e di salmerie cosi da permettere alla artiglierie una rapida avanzata. Successivamente ordino al Battaglione “Edolo” di portarsi in testa alla colonna. In attesa dell’arrivo delle richieste batterie, che a fatica procedono verso la selletta, un pezzo da 105 del Gruppo Fischer, appena sopraggiunto, su richiesta del Maggiore Maccagno apre il fuoco contro una casa sulla quota 210 a Nord-Est dalla quale escono elementi nemici diretti verso la antistante Balka – colpendola e demolendola in breve con evidente vantaggio per la C.C.T. ed i mitraglieri che procedono in quella direzione. Anche la Batteria a disposizione del Battaglione “Tirano” un mortaio da 81 e due cannoni da 47 anticarro, svolgono efficace azione contro centri di fuoco nemici stando allo scoperto, tanto che due Ufficiali, impegnati personalmente a sparare, restano feriti alle braccia e alle mani da pallottole di mitragliatrice.
Le tre Compagnie del Battaglione a stretto contatto con il nemico resistono bravamente e sotto violento fuoco reagiscono a brevissima distanza con lancio di bombe a mano.
L’ora eroica del “ Tirano” è pagata a duro prezzo: cadono due Comandanti di Compagnia, cadono numerosi altri Ufficiali ed Alpini, altri ancora restano feriti per continuare a combattere.
La situazione permane critica affinché, a decidere favorevolmente le sorti, intervengono due fatti: l’azione violenta di fuoco iniziata dalla C.C.T. e dalla Squadra mitraglieri della 48^ Compagnia, che dopo avere snidato il nemico dalla casa di quota 210 erano piombati sul fianco ed a tergo e l’entrata in azione de una Batteria del Gruppo “ Val Camonica” che opera efficaci tiri di distruzione dei centri avversari. La Batteria del Gruppo”Vicenza” non riesce invece a partecipare all’azione per l’insufficienza delle sue armi. A distruggere un centro avanzato del nemico concorre il S.Tenente Gariboldi, Ufficiale di Collegamento del 5° Reggimento Alpini, che fa uso di una mitragliatrice lasciata sul posto dalla 33^ Batteria del Gruppo”Bergamo” attaccata e messa fuori combattimento durante la notte. Lo scontro è ormai sul finire. I russi fuggono abbandonando sul terreno numerosi morti. Il Maggiore Fischer, che arriva alla selletta, scende dal carro cingolato per congratularsi con me del magnifico comportamento degli Alpini del “Tirano” .
Sta di fatto che questo Battaglione, chiamato con forze ridotte e stanche dall’estenuante marcia di nove giorni tra stenti di ogni genere e con armi in gran parte inefficienti a cozzare contro un nemico fresco, imbaldanzito dai recenti successi, dotato di armi formidabili, ha saputo col solo appoggio di pochi pezzi di artiglieria e mediante l’eroico sacrificio di ben 11 dei suoi Ufficiali e Alpini – volgere al successo una situazione difficilissima che avrebbe potuto compromettere la salvezza di tutta la colonna. Il Battaglione “Edolo” nonostante tutti gli sforzi per obbedire al mio ordine di portarsi in testa, non vi è ancora riuscito, chiuso, come si trova, dalla ressa pressante degli automezzi, delle slitte, degli uomini che si accalcano dappertutto: né vi sarebbe riuscito nell’ ipotesi disgraziata che , sopraffatto il “ Tirano”, si fosse reso necessario il suo concorso. Le conseguenze che sarebbero derivate in tale eventualità sono facilmente intuibili.
Gloria, dunque al “Tirano e meritato un segno che ne ricordi l’eroismo e il sacrificio.
Arriva il Generale Reverberi che senz’altro, quando ancora le pattuglie vittoriose inseguono il nemico, dà ordine a tutta la colonna di riprendere la marcia verso Nikolajewka.
Dati gli ordini al Comandante del Battaglione “Tirano” di raccogliere i superstiti e di proseguire, mi avvio alla C.C.R. al seguito del Generale Reverberi. Dopo qualche ora di marcia in prossimità di Nikolajewka la colonna si arresta. Le artiglierie del Gruppo Fischer si stanno mettendo in posizione.
Dal Comandante della Divisione ho notizia che da parte del Gruppo “Vestone” e di elementi del “Val Chiese” i quali però, portatisi alla ferrovia che limita il lato est del paese, non riescono a procedere oltre per la violenta reazione di fuoco nemica. Pure in posizione trovo una Batteria del Gruppo “Bergamo” mentre il Gruppo”Vicenza” sta affluendo e il Gruppo”Val Camonica” risulta ancora indietro………………..(omissis)……………………
Il 26 gennaio 1943 segna una delle giornate più sanguinose ma anche delle più gloriose della Divisione Tridentina; più che per tutti gloriosa per il 5° Reggimento Alpini, il quale, con duri decisivi combattimenti di Nikitowa e Nikolajewka, sostenuti a poche ore di distanza, in condizioni assolutamente sfavorevoli, ha saputo imporsi al rispetto di un nemico agguerrito e prevalente di uomini e per mezzi e tenere sempre alto il buon nome della Patria a la tradizione della Bandiera.
PERDITE Ufficiali Sottufficiali ed Alpini
Morti 11 63
Feriti e Congelati 15 399
Dispersi 5 497
IL COMANDANTE DEL REGGIMENTO
f.to Colonnello Giuseppe ADAMI
Ora tocca a me informarvi.
Battistad,
è ormai partito. Per ora abbiamo avuto un paio di contatti, e le informazioni che ci ha passato hanno avuto la loro efficacia. Vi garantisco che Battistad passa per un Arabo, parla correntemente l'arabo e due o tre dialetti. Ma questa volta ha un obiettivo in più. Come ho detto ad ambra, è l'unico che possa portare davanti ad una corte di giustizia, terrena o celeste, gli assassini di Dago.
è ormai partito. Per ora abbiamo avuto un paio di contatti, e le informazioni che ci ha passato hanno avuto la loro efficacia. Vi garantisco che Battistad passa per un Arabo, parla correntemente l'arabo e due o tre dialetti. Ma questa volta ha un obiettivo in più. Come ho detto ad ambra, è l'unico che possa portare davanti ad una corte di giustizia, terrena o celeste, gli assassini di Dago.
lunedì 12 gennaio 2009
PER CAPIRE (click)


lunedì 12 gennaio 2009, 07:00
Gli sporchi trucchi di Hamas e Tsahal
di Gian Micalessin
Una guerra sporca, infida e crudele. Non la vedono i giornalisti stranieri tenuti alla larga dalla Striscia di Gaza dai divieti israeliani. Non la raccontano quelli palestinesi minacciati e vessati da Hamas. È un buco nero da cui non affiorano neppure le foto dei telefonini «ingoiate» a mezz'aria dalle nuove tecnologie dello Shin Bet, il servizio segreto interno dello stato ebraico. E l'inferno in terra di Gaza dove Hamas si fa scudo dietro alle proprie donne e ai propri figli, mentre Tsahal, l'esercito israeliano, non più disposto a mettere a repentaglio i propri soldati per risparmiare la popolazione, combatte senza risparmiare i colpi. «Siamo violenti, usiamo ogni arma a disposizione, non siamo più disposti a compromessi perché Hamas grazie ai soldi e alle armi dell'Iran è diventato un esercito vero e proprio, capace di mescolare terrore e guerriglia» – spiega un ufficiale di Sayeret Yahalom, l'unità «diamante», la forza élite dei guastatori incaricati di aprire la strada agli altri soldati nei formicai di Gaza.
Hanno imparato la lezione nella tremenda estate libanese del 2006, sanno che Hamas conta sugli stessi maestri di Hezbollah e che ogni passaggio, ogni strada, ogni casa, nasconde una trappola. Avanzano a colpi di esplosivo, fanno saltare i muri laterali degli edifici, i blindati vi accostano, le truppe saltano nelle voragini, aprono il fuoco contro chiunque si muova, seguono i cani anti-mina che sniffano il tracciato, si riparano dietro il giubbotto anti proiettile di chi sta davanti. Se in una casa c'è puzza di nemico l'unico espediente per risparmiar i civili è la «bussata sul tetto». Non è una gentilezza e neppure una cortesia. È un missile contro l'ultimo piano del palazzo, lì dove Hamas concentra gli abitanti dei condomini e nasconde i cecchini che battono i dintorni. Il missile esplode senza penetrare nel tetto, ma l'effetto è terrorizzante. E su chi non fugge immediatamente s'abbattono, subito dopo, le Gbu 39 americane, i nuovi minuscoli ordigni intelligenti per bombardamenti urbani capaci con solo 40 chili di carica di far implodere un edificio. «Mors tua vita mea» è l'unica e l'ultima legge della sopravvivenza in un teatro dove ogni militare di Tsahal è una preda preziosa.
Ron Ben-Yishai, unico corrispondente di guerra israeliano al seguito dei militari ha incontrato la «trappola del manichino», un pupazzo vestito da guerrigliero seminascosto nel cortile interno di un palazzo. «Se gli spari - racconta – innesca una carica, fa crollare il pavimento, ti fa precipitare in un antro sotterraneo dove Hamas attende i suoi prigionieri». In due anni i «topi» fondamentalisti hanno attrezzato l'intero sottosuolo con basi e arsenali e tunnel, emergono da un capo all'altro delle città, combattono in abiti civili, spariscono di nuovo. Si guardano bene dallo sfidare elicotteri e aerei senza pilota. Colpiscono da lontano utilizzando, come hanno imparato dagli istruttori di Hezbollah, i nuovi mortai iraniani da 81 millimetri. Cercano le unità di Tsahal nascoste nei palazzi, c'infilano dentro i razzi delle nuovi micidiali armi anticarro. Ma restano in superficie solo il tempo indispensabile, poi riguadagnano i tunnel e riemergono altrove. I loro capi, dati ieri in fuga verso l'Egitto, si sarebbero nascosti per 14 giorni in un bunker sotto una delle due ali dell'ospedale di Gaza.
Per impossessarsi di questi e altri segreti lo Shin Bet ricorre a tutti i mezzi. Da giorni nelle case palestinesi di Gaza arrivano decine di misteriose telefonate. Dall'altro capo voci arabe esprimono solidarietà, s'informano, tastano il terreno, chiedono a chi si dimostra disponibile informazioni su guerriglieri, depositi di armi e missili. E quando scattano le tre ore di cessate il fuoco pomeridiano tocca ai Duvdevan, le unità «ciliegia» addestrate a parlare l'arabo e a vestirsi come il nemico, girare le zone abitate per strappare notizie a chi, ignaro, li saluta e li chiama «nostri mujaheddin».
domenica 11 gennaio 2009
Il mio testamento
Cari amici,
vi saluto, quando leggerete sarò entrato nella Striscia, il mio compito lo considero come il proseguo dell'ultima missione di Dago. Per arrivare al mio obbiettivo, sarò costretto a.... Per me Satana ha preparato un bel cantuccio, durante questa mia via lascerò le tracce spero che TSAHAL segua le mie mollichine....
Ambrarosa, Luciano, un bacio e per favore...
Ricordate dago, io vado..... e non ritorno
Luca Battista D
addi gennaio 2009
vi saluto, quando leggerete sarò entrato nella Striscia, il mio compito lo considero come il proseguo dell'ultima missione di Dago. Per arrivare al mio obbiettivo, sarò costretto a.... Per me Satana ha preparato un bel cantuccio, durante questa mia via lascerò le tracce spero che TSAHAL segua le mie mollichine....
Ambrarosa, Luciano, un bacio e per favore...
Ricordate dago, io vado..... e non ritorno
Luca Battista D
addi gennaio 2009
venerdì 9 gennaio 2009
Una veloce ventata di notizie
Allora,
siete stai informati della distruzione della scuola Onu, e che nessuno sparava da quella zone. Tutto vero e tutto falso. A trenta metri da quella scuola c'è il sito di uscita per i caricare i missili Qassam. La scuola è stata colpita, ma la colpa dei morti è esclusiva di Hamas, perché hanno costretto i civili ad entrare nel momento in cui spostavano 10 razzi Qassam, purtroppo un drone ha lanciato colpendo il camion, ma l'esplosione dei razzi ha investito la scuola uccidendo così le persone PRIGIONIERE in quella scuola.
siete stai informati della distruzione della scuola Onu, e che nessuno sparava da quella zone. Tutto vero e tutto falso. A trenta metri da quella scuola c'è il sito di uscita per i caricare i missili Qassam. La scuola è stata colpita, ma la colpa dei morti è esclusiva di Hamas, perché hanno costretto i civili ad entrare nel momento in cui spostavano 10 razzi Qassam, purtroppo un drone ha lanciato colpendo il camion, ma l'esplosione dei razzi ha investito la scuola uccidendo così le persone PRIGIONIERE in quella scuola.
sabato 3 gennaio 2009
QUESTA LA SCUOLA IN ITALIA (click)
Scuola, il sistema pedagogico-insurrezionale
Scritto da Simonde de Sismondi
sabato 03 gennaio 2009
Come molti hanno osservato, l'aspetto più rilevante delle proteste del mondo della scuola non è costituito dalla loro presunta "novità", quanto piuttosto dalla continuità rispetto al passato. Da oltre quarant'anni non vi è stato anno scolastico che non abbia visto il consueto rituale delle autogestioni, delle occupazioni, con relativo cascame di cortei e manifestazioni di protesta varie. Tutto ciò non può essere quindi considerato un fatto eccezionale, quanto piuttosto una realtà "istituzionale", e strutturale della scuola italiana. In questi anni, per più ragioni, si è progressivamente sviluppato un sistema formativo che potremmo definire pedagogico-insurrezionale, di cui occorre analizzare con attenzione logiche, organizzazioni e finalità educative. Il carattere principale di tale sistema è costituito da una concezione della vita associata in chiave populistico- ribellistica. Il modello di società cui fa riferimento è un comunitarismo di ascendenza roussoviano-totalitaria, in cui convivono contemporaneamente dirigismo centralista da un lato e assemblearismo dall'altro. Entrambi questi due elementi, non sono affatto in contraddizione ma spesso e volentieri complementari. In primo luogo, per entrambi ogni aspetto dell'esistenza deve essere determinato e gestito da decisioni politiche: non c'è spazio per scelte autonome, funzioni o ruoli prestabiliti e chiaramente disciplinati per legge; tutto deve essere estremamente fluido e indistinto, pronto ad eseguire decisioni politiche assunte a livello centrale o condizionabile da decisioni assembleari a livello locale.
Il carattere centralistico e dirigista non è certamente una novità dell'attuale scuola di stato, ma è ad essa connaturato, sin dalla sua nascita, con l'unità d'Italia: più che occuparsi della formazione degli italiani, il nuovo sistema scolastico doveva creare un senso di appartenenza alla nuova nazione, creare una cultura e una sensibilità nazionale. Realizzata l'unità d'Italia per via autoritaria ed elitaria, ben poco condivisa dal resto della popolazione, con procedure il più delle volte sommarie e approssimative (i famosi plebisciti) si dovevano "fare gli italiani". Un obiettivo questo, come si vede, non puramente istituzionale, ma ideologico. Questa centralità della dimensione etico-politica non subirà alcun mutamento nelle vicende successive della storia italiana. D'altra parte, una volta creato uno strumento propagandistico di questo genere, è alquanto difficile, per chi detiene il potere rinunciarvi. Molto meglio usarlo per i propri scopi. E infatti il fascismo ne amplierà a dismisura il carattere ideologico-propagandistico: non soltanto le materie di studio dovevano evidenziare la centralità del regime, ma viene introdotto anche lo studio della cultura fascista, in linea con le più aggiornate esperienze totalitarie. Oltre a questo, si amplierà ulteriormente la presenza dello stato in ambito educativo, attraverso l'attribuzione ad esso di compiti specificamente assistenziali. Questa sorta di cavallo di Troia dello statalismo, la necessità di intervenire per rispondere a "bisogni"fondamentali", resterà una costante della cultura scolastica italiana e verrà adottato nel dopoguerra della sinistra cattolica e comunista, sotto forma di lotta per l'imposizione del "tempo pieno". Il comunismo il fascismo e il cattolicesimo "adulto" di sinistra sono accomunati dalla convinzione che, nella società moderna, le normali famiglie non siano in grado di educare i propri figli e che questo compito debba essere assunto da illuminate élite pedagogico-politiche che gravitano attorno alla scuola pubblica in diretto collegamento on la politica. Esse, in varie forme e partendo da diverse ispirazioni, fanno propria una visione millenaristica e utopistica della modernità, come nuova e irreversibile fase della storia umana che ha creato un mondo "nuovo" caratterizzato dalla dominanza di paradigmi scientistico-positivistici cui deve essere assimilata l'attività educativa. In questo contesto, l'educazione e l'istruzione non è più trasmissione di regole di vita, ma pura applicazione delle tecniche ritenute più adeguate alle emergenze di uno stato-società idraulica, per usare le parole di Wittfogel, che per funzionare e vivere la sua "eccezionalità" storica richiede la cooperazione disciplinata di tutte le possibili energie umane.
Nel dopoguerra, la scuola è progressivamente diventata terreno di dominio della sinistra marxista e di quella democristiano-cattolica, entrambe interessate alle potenzialità ideologiche e politiche che questa consentiva. Erano forse queste le uniche forze che avevano un programma di gestione della scuola pubblica adeguato alle sue potenzialità totalitarie. A seguito delle rivolte del '68, in breve tempo monopolizzate politicamente dalla sinistra marxista, essa si è sempre più trasformata in strumento di propaganda politica e di agitazione politica della società. E' a partire da questo periodo che il sistema pedagogico insurrezionale si viene istituzionalizzando ed assume i caratteri "strutturali" tuttora presenti. In particolare, il monopolio culturale della sinistra fa della scuola pubblica il canale privilegiato per la diffusione delle sue idee e delle sue politiche e , per certi versi, per il reclutamento del suo personale politico. La quotidianità stessa della scuola è ormai intrisa dei suoi riti e delle sue liturgie: in particolare, la tipica tecnica dell'utilizzo a scopo propagandistico dello spontaneismo insurrezionale. Se non ci fosse la scuola pubblica, non esisterebbero forse movimenti estremistici di sinistra o per lo meno mancherebbe loro un adeguato mezzo di diffusione delle loro idee, che richiedono, per essere accettate e condivise il particolare stato emozionale ed esagitato che si viene creando nelle occupazioni e nelle "assemblee" cui spesso e volentieri i loro referenti, spesso convocati come "esperti" e vari insegnanti rigorosamente "democratici" non mancano di dare spontaneamente e con abnegazione il loro contributo, in gran parte nella totale assenza di un adeguato contraddittorio.
La presenza ubiqua di assemblee e consigli vari non è quindi un aspetto marginale di questo tipo di scuola: il testo dei decreti delegati del 1974, integrato e ampliato dal testo unico del 1994, prevede, infatti, assemblee di classe per una durata di due ore al mese e una intera giornata anch'essa mensile per le assemblee di istituto. Tutte quante queste manifestazioni devono utilizzare il tempo dedicato alla normale attività didattica.
Se nel 1974, in occasione dell'istituzione dei decreti delegati, ciò sanciva la provvisoria e confusa accettazione "istituzionale" all'interno del sistema scolastico delle forme organizzative di un movimento studentesco che doveva in primo luogo mantenere canali di collegamento tra vertici politicizzati e base studentesca, esso è, con l'andare tempo, diventato rito e prassi pedagogica. Sono numerose le dichiarazioni e le circolari che ribadiscono l'equiparazione delle ore di assemblea alle ore di lezione: il testo unico del 16\4\94 ribadisce, all'art. 13 che le assemblee studentesche "nella scuola secondaria superiore costituiscono occasione di partecipazione democratica per l'approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti." Ulteriori interventi normativi, quali quella del MIUR del novembre 2003, precisano che le le assemblee "dedicate a problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, alle quali abbiano partecipato esperti, regolarmente autorizzati dal Consiglio d'istituto, (comma 7, art. 13 T.U.), sono da considerare a tutti gli effetti come lezioni". E' praticamente difficile, se non impossibile, trovare assemblee che, almeno nominalmente, non siano convocate per la trattazione di importanti problemi sociali ecc. ecc. Ovviamente, nessuno si sogna di negare la libertà di riunione, ma un'interruzione annuale dell'attività didattica, e quindi dell'apprendimento delle materie di studio, pari a circa 15 giorni di scuola non ha il minimo senso, specie se si pensa che nulla vieterebbe di svolgere queste assemblee in ore non scolastiche e che in gran parte esse vedono la partecipazione di ristrette minoranze e sono in gran parte dedicate all'apprendimento di vari giochi o forme di espressione artistica (la dama, gli scacchi, il ricamo, le libere composizioni in carta o altre attività ludiche). Due o, al massimo, tre assemblee annuali sarebbero più che sufficienti. A questo vanno poi aggiunte le varie occupazioni e autogestioni, che normalmente comportano la perdita di almeno un mese di scuola all'anno.
Appare quindi chiaro che l'obiettivo principale del sistema pedagogico insurrezionale non è costituito dall'apprendimento di conoscenze disciplinari: queste, in realtà, costituiscono un aspetto secondario del percorso scolastico. Gli stessi programmi scolastici hanno di fatto un valore puramente indicativo e possono essere facilmente decurtati, a seconda della durata effettiva dell'anno scolastico. Tutto quanto questo spiega molto bene la disinvoltura con cui si occupano le scuole, o se ne interrompe il loro normale funzionamento, spesso per intere settimane se non mesi.Una scuola in cui l'attività didattica è costantemente interrotta per i motivi più disparati non fornisce alcuna seria competenza disciplinare, non conosce standard qualitativi rigidamente definiti con cui gli studenti devono confrontarsi, non è in altre parole una scuola seriamente selettiva. Studiare seriamente una qualsiasi disciplina richiede, infatti, una costante applicazione, una continua verifica delle conoscenze raggiunte. Non si può interromperne lo studio per settimane o mesi o magari proseguirlo distrattamente e superficialmente, limitandosi a qualche nozione malamente raffazzonata in pochi giorni. Occorre infatti entrare nello spirito di ciò che si impara, comprenderne il linguaggio e il significato. Tutto ciò non si ottiene certamente con un impegno saltuario e superficiale. Chi accetta di studiare in questo contesto, è del tutto lontano dall'idea che ciò che impara è importante e può determinare il proprio futuro. Nella migliore delle ipotesi, si limita ad un comportamento da travet sfaticato, che distribuisce sagacemente i giorni di interruzione e di aassenza in concomitanza con feste o alte interruzioni, o da soldato obbligato alla naia. Si impara solo a passare il tempo e a mettersi disciplinatamente in fila, in attesa di concorsi fasulli e assunzioni di precari vari. In pratica, usciti come studenti dalla scuola, ci si rientra come insegnanti spesso per effetto della solita sanatoria o abilitazione riservata.
Al disinteresse degli studenti corrisponde la tendenza tipica della pedagogia dominante a svalutare totalmente i "contenuti" rispetto all'apprendimento di astratte e confuse metodologie. Nella pratica, tali metodologie, si traducono in acritica esibizione di schemi banalmente behavioristici, di fatto indifferenti ad ogni contenuto culturale. Non si apprendono né contenuti né concetti, ma è tutto un farneticare di procedure, livelli di apprendimento, prove comuni, parametri di verifica, che non verificano niente eccetto il tempo perso nella messa in produzione di un costoso e incomprensibile fordismo burocratico
La stesse modalità di partecipazione dei genitori lasciano non poco a desiderare e contribuiscono ad abbassare ulteriormente la qualità della scuola. Sotto questo punto di vista, il legislatore è riuscito nel duplice "miracolo" di impedire un serio e trasparente controllo dei risultati da parte dei singoli genitori e degli studenti e allo stesso tempo di rallentare quando non demonizzare l'azione del docente. I primi, se chiedono una qualche spiegazione, si trovano di fronte ad una ipertrofica produzione cartacea priva di significato, gli altri vengono puntualmente colpevolizzati nel caso in cui la maggioranza della classe non ottenga risultati soddisfacenti(cosa che non corrisponde alla conoscenza degli elementi previsti nei programmi). Con una "saggia"gestione sinergetica tra studenti e genitori, dirigenze inebetite e insegnanti fannulloni una classe può quindi tranquillamente sbarcare il lunario studiando poco o nulla.
Si può anzi dire che in questo ambito gli studenti come individui non esistono nemmeno: ci sono solo le classi con relativi consigli. Tutto è deciso dai consigli di classe, per cui uno studente anche a 17\18 anni può avere una grave insufficienza in una materia ed essere promosso a maggioranza. Tutto ciò dà luogo ad una insostenibile ipertrofia assembleare: francamente non si capisce quale cruciale motivo possa esservi per convocare consigli di classe su base mensile; l'apprendimento del teorema di Pitagora o della consecutio temporum non avvengono su base assembleare. Sotto questo punto di vita la scuola funziona come se in un ospedale l'operato di un medico fosse sottoposto assemblearisticamente al controllo di un "consiglio di reparto" di cui farebbero parte i rappresentanti e i parenti dei pazienti.
Oltre a ciò, nella normativa non vi è una chiara distinzione tra le responsabilità e gli ambiti propri dei docenti e quelli dei genitori. Basta semplicemente pensare che le ridicole procedure assemblearistiche previste dalla normativa scolastica obbligano i docenti ad adottare libri di testo per classi in cui non insegneranno, e a sottoporli al parere di genitori ovviamente anch'essi appartenenti ad altre classi. Per adottare il libro di testo da lui ritenuto idoneo, un docente deve quindi passare clandestinamente, a mo' di roba distribuita al parco del Lambro, l'elenco delle sue adozioni ad un collega che a sua volta le sottoporrà alla vidimazione del consiglio classe.
Una scuola organizzata e gestita in questo modo è semplicemente una "morta gora", non produce nulla, eccetto il consueto rito mediatico delle insurrezioni-occupazioni. E' un apparato propagandistico utilizzabile a fini politici In pratica una mimesi di stampo totalitario, che prevede una partecipazione alla vita sociale in termini di ribellistici, con buona pace di chi crede che a scuola si impari l'educazione.
Scritto da Simonde de Sismondi
sabato 03 gennaio 2009
Come molti hanno osservato, l'aspetto più rilevante delle proteste del mondo della scuola non è costituito dalla loro presunta "novità", quanto piuttosto dalla continuità rispetto al passato. Da oltre quarant'anni non vi è stato anno scolastico che non abbia visto il consueto rituale delle autogestioni, delle occupazioni, con relativo cascame di cortei e manifestazioni di protesta varie. Tutto ciò non può essere quindi considerato un fatto eccezionale, quanto piuttosto una realtà "istituzionale", e strutturale della scuola italiana. In questi anni, per più ragioni, si è progressivamente sviluppato un sistema formativo che potremmo definire pedagogico-insurrezionale, di cui occorre analizzare con attenzione logiche, organizzazioni e finalità educative. Il carattere principale di tale sistema è costituito da una concezione della vita associata in chiave populistico- ribellistica. Il modello di società cui fa riferimento è un comunitarismo di ascendenza roussoviano-totalitaria, in cui convivono contemporaneamente dirigismo centralista da un lato e assemblearismo dall'altro. Entrambi questi due elementi, non sono affatto in contraddizione ma spesso e volentieri complementari. In primo luogo, per entrambi ogni aspetto dell'esistenza deve essere determinato e gestito da decisioni politiche: non c'è spazio per scelte autonome, funzioni o ruoli prestabiliti e chiaramente disciplinati per legge; tutto deve essere estremamente fluido e indistinto, pronto ad eseguire decisioni politiche assunte a livello centrale o condizionabile da decisioni assembleari a livello locale.
Il carattere centralistico e dirigista non è certamente una novità dell'attuale scuola di stato, ma è ad essa connaturato, sin dalla sua nascita, con l'unità d'Italia: più che occuparsi della formazione degli italiani, il nuovo sistema scolastico doveva creare un senso di appartenenza alla nuova nazione, creare una cultura e una sensibilità nazionale. Realizzata l'unità d'Italia per via autoritaria ed elitaria, ben poco condivisa dal resto della popolazione, con procedure il più delle volte sommarie e approssimative (i famosi plebisciti) si dovevano "fare gli italiani". Un obiettivo questo, come si vede, non puramente istituzionale, ma ideologico. Questa centralità della dimensione etico-politica non subirà alcun mutamento nelle vicende successive della storia italiana. D'altra parte, una volta creato uno strumento propagandistico di questo genere, è alquanto difficile, per chi detiene il potere rinunciarvi. Molto meglio usarlo per i propri scopi. E infatti il fascismo ne amplierà a dismisura il carattere ideologico-propagandistico: non soltanto le materie di studio dovevano evidenziare la centralità del regime, ma viene introdotto anche lo studio della cultura fascista, in linea con le più aggiornate esperienze totalitarie. Oltre a questo, si amplierà ulteriormente la presenza dello stato in ambito educativo, attraverso l'attribuzione ad esso di compiti specificamente assistenziali. Questa sorta di cavallo di Troia dello statalismo, la necessità di intervenire per rispondere a "bisogni"fondamentali", resterà una costante della cultura scolastica italiana e verrà adottato nel dopoguerra della sinistra cattolica e comunista, sotto forma di lotta per l'imposizione del "tempo pieno". Il comunismo il fascismo e il cattolicesimo "adulto" di sinistra sono accomunati dalla convinzione che, nella società moderna, le normali famiglie non siano in grado di educare i propri figli e che questo compito debba essere assunto da illuminate élite pedagogico-politiche che gravitano attorno alla scuola pubblica in diretto collegamento on la politica. Esse, in varie forme e partendo da diverse ispirazioni, fanno propria una visione millenaristica e utopistica della modernità, come nuova e irreversibile fase della storia umana che ha creato un mondo "nuovo" caratterizzato dalla dominanza di paradigmi scientistico-positivistici cui deve essere assimilata l'attività educativa. In questo contesto, l'educazione e l'istruzione non è più trasmissione di regole di vita, ma pura applicazione delle tecniche ritenute più adeguate alle emergenze di uno stato-società idraulica, per usare le parole di Wittfogel, che per funzionare e vivere la sua "eccezionalità" storica richiede la cooperazione disciplinata di tutte le possibili energie umane.
Nel dopoguerra, la scuola è progressivamente diventata terreno di dominio della sinistra marxista e di quella democristiano-cattolica, entrambe interessate alle potenzialità ideologiche e politiche che questa consentiva. Erano forse queste le uniche forze che avevano un programma di gestione della scuola pubblica adeguato alle sue potenzialità totalitarie. A seguito delle rivolte del '68, in breve tempo monopolizzate politicamente dalla sinistra marxista, essa si è sempre più trasformata in strumento di propaganda politica e di agitazione politica della società. E' a partire da questo periodo che il sistema pedagogico insurrezionale si viene istituzionalizzando ed assume i caratteri "strutturali" tuttora presenti. In particolare, il monopolio culturale della sinistra fa della scuola pubblica il canale privilegiato per la diffusione delle sue idee e delle sue politiche e , per certi versi, per il reclutamento del suo personale politico. La quotidianità stessa della scuola è ormai intrisa dei suoi riti e delle sue liturgie: in particolare, la tipica tecnica dell'utilizzo a scopo propagandistico dello spontaneismo insurrezionale. Se non ci fosse la scuola pubblica, non esisterebbero forse movimenti estremistici di sinistra o per lo meno mancherebbe loro un adeguato mezzo di diffusione delle loro idee, che richiedono, per essere accettate e condivise il particolare stato emozionale ed esagitato che si viene creando nelle occupazioni e nelle "assemblee" cui spesso e volentieri i loro referenti, spesso convocati come "esperti" e vari insegnanti rigorosamente "democratici" non mancano di dare spontaneamente e con abnegazione il loro contributo, in gran parte nella totale assenza di un adeguato contraddittorio.
La presenza ubiqua di assemblee e consigli vari non è quindi un aspetto marginale di questo tipo di scuola: il testo dei decreti delegati del 1974, integrato e ampliato dal testo unico del 1994, prevede, infatti, assemblee di classe per una durata di due ore al mese e una intera giornata anch'essa mensile per le assemblee di istituto. Tutte quante queste manifestazioni devono utilizzare il tempo dedicato alla normale attività didattica.
Se nel 1974, in occasione dell'istituzione dei decreti delegati, ciò sanciva la provvisoria e confusa accettazione "istituzionale" all'interno del sistema scolastico delle forme organizzative di un movimento studentesco che doveva in primo luogo mantenere canali di collegamento tra vertici politicizzati e base studentesca, esso è, con l'andare tempo, diventato rito e prassi pedagogica. Sono numerose le dichiarazioni e le circolari che ribadiscono l'equiparazione delle ore di assemblea alle ore di lezione: il testo unico del 16\4\94 ribadisce, all'art. 13 che le assemblee studentesche "nella scuola secondaria superiore costituiscono occasione di partecipazione democratica per l'approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti." Ulteriori interventi normativi, quali quella del MIUR del novembre 2003, precisano che le le assemblee "dedicate a problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, alle quali abbiano partecipato esperti, regolarmente autorizzati dal Consiglio d'istituto, (comma 7, art. 13 T.U.), sono da considerare a tutti gli effetti come lezioni". E' praticamente difficile, se non impossibile, trovare assemblee che, almeno nominalmente, non siano convocate per la trattazione di importanti problemi sociali ecc. ecc. Ovviamente, nessuno si sogna di negare la libertà di riunione, ma un'interruzione annuale dell'attività didattica, e quindi dell'apprendimento delle materie di studio, pari a circa 15 giorni di scuola non ha il minimo senso, specie se si pensa che nulla vieterebbe di svolgere queste assemblee in ore non scolastiche e che in gran parte esse vedono la partecipazione di ristrette minoranze e sono in gran parte dedicate all'apprendimento di vari giochi o forme di espressione artistica (la dama, gli scacchi, il ricamo, le libere composizioni in carta o altre attività ludiche). Due o, al massimo, tre assemblee annuali sarebbero più che sufficienti. A questo vanno poi aggiunte le varie occupazioni e autogestioni, che normalmente comportano la perdita di almeno un mese di scuola all'anno.
Appare quindi chiaro che l'obiettivo principale del sistema pedagogico insurrezionale non è costituito dall'apprendimento di conoscenze disciplinari: queste, in realtà, costituiscono un aspetto secondario del percorso scolastico. Gli stessi programmi scolastici hanno di fatto un valore puramente indicativo e possono essere facilmente decurtati, a seconda della durata effettiva dell'anno scolastico. Tutto quanto questo spiega molto bene la disinvoltura con cui si occupano le scuole, o se ne interrompe il loro normale funzionamento, spesso per intere settimane se non mesi.Una scuola in cui l'attività didattica è costantemente interrotta per i motivi più disparati non fornisce alcuna seria competenza disciplinare, non conosce standard qualitativi rigidamente definiti con cui gli studenti devono confrontarsi, non è in altre parole una scuola seriamente selettiva. Studiare seriamente una qualsiasi disciplina richiede, infatti, una costante applicazione, una continua verifica delle conoscenze raggiunte. Non si può interromperne lo studio per settimane o mesi o magari proseguirlo distrattamente e superficialmente, limitandosi a qualche nozione malamente raffazzonata in pochi giorni. Occorre infatti entrare nello spirito di ciò che si impara, comprenderne il linguaggio e il significato. Tutto ciò non si ottiene certamente con un impegno saltuario e superficiale. Chi accetta di studiare in questo contesto, è del tutto lontano dall'idea che ciò che impara è importante e può determinare il proprio futuro. Nella migliore delle ipotesi, si limita ad un comportamento da travet sfaticato, che distribuisce sagacemente i giorni di interruzione e di aassenza in concomitanza con feste o alte interruzioni, o da soldato obbligato alla naia. Si impara solo a passare il tempo e a mettersi disciplinatamente in fila, in attesa di concorsi fasulli e assunzioni di precari vari. In pratica, usciti come studenti dalla scuola, ci si rientra come insegnanti spesso per effetto della solita sanatoria o abilitazione riservata.
Al disinteresse degli studenti corrisponde la tendenza tipica della pedagogia dominante a svalutare totalmente i "contenuti" rispetto all'apprendimento di astratte e confuse metodologie. Nella pratica, tali metodologie, si traducono in acritica esibizione di schemi banalmente behavioristici, di fatto indifferenti ad ogni contenuto culturale. Non si apprendono né contenuti né concetti, ma è tutto un farneticare di procedure, livelli di apprendimento, prove comuni, parametri di verifica, che non verificano niente eccetto il tempo perso nella messa in produzione di un costoso e incomprensibile fordismo burocratico
La stesse modalità di partecipazione dei genitori lasciano non poco a desiderare e contribuiscono ad abbassare ulteriormente la qualità della scuola. Sotto questo punto di vista, il legislatore è riuscito nel duplice "miracolo" di impedire un serio e trasparente controllo dei risultati da parte dei singoli genitori e degli studenti e allo stesso tempo di rallentare quando non demonizzare l'azione del docente. I primi, se chiedono una qualche spiegazione, si trovano di fronte ad una ipertrofica produzione cartacea priva di significato, gli altri vengono puntualmente colpevolizzati nel caso in cui la maggioranza della classe non ottenga risultati soddisfacenti(cosa che non corrisponde alla conoscenza degli elementi previsti nei programmi). Con una "saggia"gestione sinergetica tra studenti e genitori, dirigenze inebetite e insegnanti fannulloni una classe può quindi tranquillamente sbarcare il lunario studiando poco o nulla.
Si può anzi dire che in questo ambito gli studenti come individui non esistono nemmeno: ci sono solo le classi con relativi consigli. Tutto è deciso dai consigli di classe, per cui uno studente anche a 17\18 anni può avere una grave insufficienza in una materia ed essere promosso a maggioranza. Tutto ciò dà luogo ad una insostenibile ipertrofia assembleare: francamente non si capisce quale cruciale motivo possa esservi per convocare consigli di classe su base mensile; l'apprendimento del teorema di Pitagora o della consecutio temporum non avvengono su base assembleare. Sotto questo punto di vita la scuola funziona come se in un ospedale l'operato di un medico fosse sottoposto assemblearisticamente al controllo di un "consiglio di reparto" di cui farebbero parte i rappresentanti e i parenti dei pazienti.
Oltre a ciò, nella normativa non vi è una chiara distinzione tra le responsabilità e gli ambiti propri dei docenti e quelli dei genitori. Basta semplicemente pensare che le ridicole procedure assemblearistiche previste dalla normativa scolastica obbligano i docenti ad adottare libri di testo per classi in cui non insegneranno, e a sottoporli al parere di genitori ovviamente anch'essi appartenenti ad altre classi. Per adottare il libro di testo da lui ritenuto idoneo, un docente deve quindi passare clandestinamente, a mo' di roba distribuita al parco del Lambro, l'elenco delle sue adozioni ad un collega che a sua volta le sottoporrà alla vidimazione del consiglio classe.
Una scuola organizzata e gestita in questo modo è semplicemente una "morta gora", non produce nulla, eccetto il consueto rito mediatico delle insurrezioni-occupazioni. E' un apparato propagandistico utilizzabile a fini politici In pratica una mimesi di stampo totalitario, che prevede una partecipazione alla vita sociale in termini di ribellistici, con buona pace di chi crede che a scuola si impari l'educazione.
Iscriviti a:
Post (Atom)