giovedì 26 novembre 2009

Sulle foibe e l'esodo uno sconcertante libro negazionista e filo-titino

Giuseppe Parlato, rettore dell’università S. Pio V, ha commentato su “Libero” (http://www.iltricolore.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1097) un libro scritto dallo “storico” sloveno Pirjevec e dedicato al tema delle foibe e dell’esodo degli Italiani dalle terre orientali perdute:
“Pensavamo che la questione delle foibe, dell’esodo e di tutto quello che era successo tra il 1943 e il 1947 nella Venezia Giulia, nell’Istria, a Fiume e in Dalmazia fosse avviata su una buona strada: la storia prevale sulla politica; il metodo degli studi, rigoroso e serio, prescinde dalle passioni e dalle ideologie; si riconosce la necessità di fare entrare quelle vicende nell’ambito di una memoria pubblica. Lo pensiamo ancora, anche se il volume scritto e curato per Einaudi dallo storico sloveno Joze Pirjevec fa davvero pensare il contrario, spostando indietro nel tempo il clima, l’approccio, le interpretazioni del fenomeno.
Foibe. Una storia d’Italia (pp. XVIII-376, euro 32) è un volume che si muove su un’unica tesi di fondo: le foibe sono un’operazione politica che ha consentito all’Italia, dopo la caduta del Muro di Berlino e dopo la crisi politica di Tangentopoli, di recuperare destra e sinistra in nome del vecchio nazionalismo che aveva gli stessi connotati di quello fascista.” Le critiche del rettore Parlato al lavoro di Pirjevec sono molte e ben argomentate, e di per sé sufficienti a respingerne la validità.
Avendo avuto modo di consultare lo scritto in questione, mi permetto da parte mia di aggiungere alcune considerazioni. Questo “storico” sloveno pretende di ricostruire il passato operando dei drastici tagli nella propria analisi, per cui egli omette tutti gli accadimenti storici che infrangerebbero la sua tesi. Tale sua arbitraria selezione del materiale, consistente nell’espungere i dati contrari alla sua ricostruzione, risulta sistematica nel corso della trattazione, che parte sin dall’Ottocento.

1) Egli così non parla dell’alleanza fra governo austriaco e nazionalisti slavi nella persecuzione anti-italiana del periodo 1868-1918, che condusse alla scomparsa dell’italianità della Dalmazia, regione che era stata italiana sin dai tempi dell’antica Roma e slavizzata a forza in circa mezzo secolo, e rischiò di fare lo stesso in Venezia Giulia. Il Pirjevec non parla delle violenze anti-italiane degli Slavi durante il dominio austriaco, della chiusura di scuole, giornali, centri culturali, delle espulsioni di massa di Italiani, dei cognomi italiani slavizzati, dell’immigrazione massiccia di Slavi dalle zone rurali del Balcani promossa dal regime asburgico per sommergere gli Italiani, dei favori concessi a Sloveni e Croati dall’amministrazione asburgica nelle attività lavorative e nelle assunzioni ecc. La verità è che il governo austriaco si prefisse, secondo il verbale del Consiglio della Corona asburgica riunitosi nel 1868, di “germanizzare e slavizzare il Tirolo, il Litorale [ovvero la Venezia Giulia] e la Dalmazia, con la massima energia e senza riguardo alcuno”: ciò avvenne in stretta alleanza con gli Slavi del sud, che da sempre odiavano ed invidiavano gli Italiani per il loro ben maggiore livello culturale, economico e sociale. Anziché ricordare tutto ciò, il Pirjevec si sofferma unicamente sul nazionalismo italiano dell’800, che però non perseguitò in alcun modo gli Slavi, né avrebbe potuto farlo, essendo questi ultimi sotto l’amministrazione dell’impero asburgico, nettamente filo-slavo ed anti-italiano.
In questo modo, questo “storico” sloveno giunge ad un vero capovolgimento della realtà storica, facendo dei perseguitati (gli Italiani) dei persecutori, e dei persecutori (gli Slavi) dei perseguitati. La slavizzazione forzata della Dalmazia, le cui città erano, da sempre, interamente italiane è completamente dimenticata.

2) Similmente, nel proseguimento della sua analisi il Pirjevec non parla del terrorismo slavo in Venezia Giulia posteriore al primo conflitto mondiale, che fu guidato, organizzato, finanziato dal governo di Belgrado. In termini contemporanei, la Jugoslavia nel 1918-1020 agì da vero e proprio “stato canaglia”, promuovendo il terrorismo nella vicina regione della Venezia Giulia, e muovendo una guerra non dichiarata all’Italia. Gli scontri che vi furono in questa regione fra Italiani e Slavi negli anni ’20 furono provocati dal terrorismo slavo, promosso da Belgrado. Anche qui il nostro “storico” tace sulle origini dei contrasti, e sulle attività terroristiche slave, limitandosi a parlare delle reazioni italiane.

3) Allo stesso modo, il Pirjevec ricorda l’occupazione italiana di parte della Jugoslavia nella seconda guerra mondiale, senza però dire che era stata la Jugoslavia stessa a dichiarare guerra all’Italia, sottoscrivendo un’alleanza politica e militare con il Regno Unito, in cambio della promessa di ottenere la Venezia Giulia, inclusa Trieste. Ancora, il Pirjevec non ricorda che l’occupazione italiana, lungi dall’essere oppressiva, all’inizio fu accolta positivamente dalle popolazioni slave, e che si giunse a violenti scontri armati in seguito all’inizio dell’azione di guerriglia dei comunisti locali, insorti dopo l’inizio della guerra fra Germania ed URSS. Le origini della guerra italo-jugoslava, e le crudeltà e violenze della guerriglia anti-italiana, sono quindi passate sotto silenzio da questo “storico”, in modo da poter presentare le foibe quale una “resa dei conti” con “fascisti”, una sorta di vendetta per l’operato italiano nei Balcani.

4) Infine, l’opera del Pirjevec giunge, dopo tale preparazione, all’argomento prefisso: le foibe e l’esodo di 350.000 Italiani dalla Venezia Giulia. Questo “storico” nega che tutto ciò abbia avuto connotazioni di pulizia etnica, e sostiene che le stragi colpirono quasi esclusivamente fascisti e furono vendette. In quanto ai 350.000 Italiani che fuggirono dalle terre avite e dai propri beni, egli dichiara che erano “indottrinati dal nazionalismo e dal fascismo a sentirsi razza eletta” e pertanto incapaci d’accettare di essere governati da slavi e comunisti. E’ facile osservare che soltanto una piccola parte delle vittime delle foibe erano fascisti, e che la grande maggioranza non aveva mai avuto a che fare con la politica, ed ancor meno si era resa responsabile di violenze. Similmente, non ha senso alcuno, ed uno storico dovrebbe capirlo, sostenere che l’intera popolazione italiana dell’Istria fosse compattamente fascista, e pretendere di spiegare in tal modo la loro rapidissima fuga di massa dalle terre in cui vivevano da sempre, dalle loro attività e dalle loro proprietà.

Il discorso di Pirjevec è reso ancora più insostenibile dal fatto che esistono incontestabili documentazioni e testimonianze sulla natura pianificata ed organizzata della pulizia etnica compiuta dagli Slavi, e che fu predisposta da Tito stesso sulla base di un piano preciso. Già negli anni ’30 un Serbo, Cubrilovic, redasse un manuale, detto appunto “manuale Cubrilovic”, in cui veniva spiegato nel dettaglio come condurre un’operazione di pulizia etnica. Cubrilovic divenne poi uno stretto collaboratore di Tito, ed ebbe modo di applicare le sue teorie nelle diverse stragi e cacciate di popolazione che il regime comunista compì: a danno di Italiani in Venezia Giulia, di Tedeschi in Carinzia, di Ungheresi nel “triangolo magiaro”, di Bulgari in Dobrugia. Inoltre, M. Gilas, che fu per molti anni il braccio destro di Tito, confessò anni più tardi di essere stato inviato in Venezia Giulia con l’incarico di cacciare gli Italiani. Soprattutto, le violenze, le persecuzioni, le angherie contro gli abitanti dell’Istria e della Dalmazia che avevano la sola colpa di essere Italiani sono ben attestate, e furono esse la causa dell’esodo di massa.
Oltre agli errori storici, numerosi e gravi, dell’opera di Pirjevic, e tali da togliere ogni valore alle ipotesi di fondo, si deve ancora aggiungere che il testo è stato scritto con intenti chiaramente politici, ed è accompagnato da commenti, osservazioni ed interpretazioni inequivocabilmente ideologici.
Commenta ancora il Parlato: “la lettura ci fa ripiombare in piena «guerra fredda»: da un lato ci sono «le simpatie del proletariato per la causa della Jugoslavia» e dall’altro «le forze borghesi triestine». Gli antifascisti del Cln che contestano Tito sono preda di «una barriera psicologica (che) impediva agli antifascisti “borghesi” di collaborare con gli “slavi” per costituire un fronte unico contro i nazisti». Anche l’esodo che vide la fuga disperata lasciando i propri beni ha per protagonisti, secondo l’autore, italiani «indottrinati dal nazionalismo e dal fascismo a sentirsi razza eletta». […] Un particolare rivelativo è costituito dalla ricostruzione dell’eccidio di Porzûs. Pirjevec ricorre al vecchio armamentario togliattiano per gettare discredito sulla brigata Osoppo: era filofascista, anzi, filonazista, era responsabile di «maneggi», doppi e tripli giochi. Alla fine, l’eliminazione dei partigiani anticomunisti (che avvenne, come l’autore ricorda con eleganza, «a rate») viene definita un episodio «marginale» avvenuto all’insaputa del IX corpus jugoslavo. L’autore evidentemente dimentica che dal novembre 1944 all’eccidio (febbraio 1945) si realizza da parte titina una vera e propria persecuzione e snazionalizzazione contro gli italiani, con la connivenza delle formazioni del Pci, come testimoniano molti documenti inglesi: per cui Porzûs non è affatto un episodio marginale, ma è la conclusione di un percorso mirato all’eliminazione dell’unica formazione che non voleva accettare l’annessione del Friuli alla Jugoslavia.”
Si ha quindi nell’opera di Pirjevic una visione manichea ed ideologica delle vicende storiche, con una contrapposizione fra gli Slavi, considerati quali comunisti ovvero "democratici" e proposti in maniera positiva, e gli Italiani, giudicati tutti come fascisti e valutati del tutto negativamente. E’ degno di nota che questo “storico” sloveno è stato candidato, in Slovenia, nelle liste del locale partito ex comunista. Non a caso egli nel suo scritto appare un estimatore dichiarato di Claudia Cernigoi, una dilettante in ricerca storica che è stata definita da Raoul Pupo, contemporaneista docente all'università di Trieste e fra i maggiori esperti della storia triestina, quale una vera e propria "negazionista" in materia di foibe ed esodo. Anche Claudia Cernigoi, come i membri del suo gruppo politico-culturale di cui è membra, è d'idee personali decisamente di sinistra, ed improntate alla mitologia resistenziale. La stessa casa editrice che pubblica il volume in questione, la Einaudi, è notoriamente schierata a sinistra.
In fondo, lo studio di Pirjevic non presenta alcuna originalità sostanziale nelle tesi presentate, che non fanno altro che riprendere e riformulare, in termini nuovi e con argomenti nuovi, quanto già sostenuto nei decenni passati dalla pubblicistica jugoslava e da quella marxista italiana: una negazione e giustificazione della pulizia etnica ai danni degli Italiani. Questo "storico" giunge ad ipotizzare la presenza di un quanto mai improbabile "nazionalismo" di marca fascista nell'Italia degli anni Novanta del '900, coinvolgente persino la sinistra (!), quale causa della maggiore attenzione verso le foibe e l'esodo rispetto al silenzio durato per cinquant'anni. Il frequente richiamo nel testo di Pirjevic ai concetti di "resistenza" e di "antifascismo", concepito quest'ultimo quale affine a "comunismo", i cui principi sarebbero minacciati dal "nazionalismo" fascista supposto pervadere la società italiana contemporanea e che aavrebbe trovato espressione nella "giornata della memoria" del 10 febbraio, fornisce una chiave di lettura all'opera di questo studioso sloveno: emblematica, fra le molte, la contestazione indirizzata a Giampaolo Pansa ed ai suoi libri sulle stragi partigiane. In questo modo, con le critiche e le polemiche rivolte alla politica italiana stessa, inclusi persino ex comunisti come il presidente Napolitano, egli dimostra inequivocabilmente il suo intento, di polemista e propagandista anziché di studioso.
Si può serenamente concludere affermando che lo studio di Joze Pirjevec sulle foibe e l'esodo sia più un'opera di polemica politica che di ricerca storica.

8 commenti:

ambra ha detto...

Caro Marco, dirò a Duepassi che legga questo tuo pezzo, perché appena stamattina al telefono mi parlava del problema ed era fuori di sé.
Ma perché non lo hai messo anche sul Legno ? Avrai visto che già qualcuno ha aperto un Thread sul tema.

Marco De Turris ha detto...

Cara Ambra,
non l'ho inserito sul Legno, almeno non ancora, per alcune ragioni, in primis perché preferirei approfondire il soggetto. Sul "Legno" arriverebbero subito i filo-slavi dichiarati od occulti, come il solito Guelfi od il solito Degni Carando.
Capisco la reazione di Duepassi, il libro di Pirjevec sembra essere stato scritto tenendo sulla scrivania una fotografia di Tito.
Un abbraccio
Marco

mari ha detto...

Parlare di questo argomento è per me riaprire una ferita mai del tutto rimarginata, fa male, molto male al punto che a volte non riesco neppure a leggere il pezzo sino alla fine, anche questa volta è stato così, ho iniziato ieri e ho finito oggi, e sì che dovrei essere ormai abituata a leggere verità manipolate dallo “storico” o dal politico di turno, eppure non ci riesco, sarà forse perchè alle ingiustizie non ci si abitua mai.
Questo sedicente “storico” è l’ennesimo esempio di come i comunisti non vogliano affrontare la realtà, di come siano incapaci di ammettere le proprie colpe e riconoscere i loro errori, sono proprio delle nullità.
Una sola cosa vorrei evidenziare: personaggi come questo, che insegna storia dei popoli slavi all’Università di Trieste e ha insegnato storia contemporanea in quella di Padova, occupano posti chiavi nella società e possono manipolare le menti dei giovani che li ascoltano annullandole, o meglio, marchiandole con il pensiero unico continuando così a mettere in atto quel progetto di annientamento delle menti iniziato molti decenni orsono.
E qualcuno ha anche il coraggio di dire che i comunisti non esistono più!
Grazie Marco.

Mari

Marco De Turris ha detto...

Cara Marinella,
grazie a te per queste tue parole.
Il sottoscritto non è un esulo od un discendente di esuli, e non può pretendere di capire che cosa significhi per chi è stato reso profugo leggere le singolari teorie di un negazionista con tanto di cattedra universitaria.
Posso solo comprendere che il dolore sia veramente grande, poiché, dopo essere stati discriminati e dimenticati per cinquant'anni, infine l'Italia ufficiale si era ricordata dei profughi istriani e dàlmati, e seppur tardivamente ed in modo inadeguato, aveva deciso se non altro di commemorare il loro dramma e la mutilazione del territorio nazionale.
Il signor Pirjevec stronca in un colpo solo un lavoro lento e paziente, non solo storiografico, ma anche sociale e civile, e ripropone degli stereotipi inquisitori degni del titinismo.

La verità su Pirjevec è purtroppo peggiore, poiché, oltre ad aver insegnato a Padova ed ad insegnare a Trieste, è anche rettore del dipartimento di storia dell'università slovena di Capodistria. Inoltre, egli è stato anche presidente della Commissione mista italo-slovena, nominata anni addietro dai due governi, ovvero dai ministeri dei due stati, per sintetizzare in modo congiunto i rapporti fra Italiani e Sloveni nel periodo 1880-1956.
La relazione è risultata interamente appiattita sulle posizioni slovene (la scelta dei membri italiani lasciava pochi dubbi in proposito ...), ed è stata così criticatissima in Italia.
Pirjevec nel suo libro sulle foibe veramente si supera, poiché riesce a contestare persino ... se stesso, negando valore alle conclusioni della commissione mista italo-slovena, da egli stesso presieduta.

Ha detto bene Giorgio Rustia, uno studioso di storia della Venezia Giulia, da sempre accanito avversario dei negazionisti e giustificazionisti: il lupo sloveno perde il pelo, ma non il vizio.
Arrivederci a presto, cara Mari

mari ha detto...

Sei sicuro Marco che il Pirjevec fu presidente della Commissione mista italo-slovena?
A me risulta come presidente un certo Milica Kacin Wohinz e mi sembra che lo "storico" non ne facesse parte neppure in qualità di membro.
A parte questo, ho letto solo una parte del resoconto di questa Commissione e mi è bastato, pochi giorni fa, dopo anni che la tenevo nell'archivio del PC, l'ho cancellata.
Perchè farmi del male?

Per me è sempre un piacere leggerti.
Ciao.

ambra ha detto...

Bentornata Marinella.
Mi sei mancata.
Ambra

mari ha detto...

Grazie Ambra, in realtà non me ne sono mai andata, vi seguo sempre.
Un abbraccio.

Mari

Marco De Turris ha detto...

Cara Marinella,
penso che abbia ragione tu, poiché fra gli autori citati nella commissione mista italo-slovena quello di Pirjevec non compare. Eppure avevo letto che ne era stato il presidente; un'informazione erronea, evidentemente.
Anche per me è sempre un piacere leggerti.
a presto
Marco