
Il contingente italiano nella base di Herat
Afghanistan, Natale al fronte
Sveglia alle ore più impensate, un briefing, una veloce colazione e poi subito al lavoro. Comincia così la giornata in prima linea dei militari italiani a Herat, nella regione ovest dell'Afghanistan.
I nostri soldati "abitano" principalmente nella Forward support base (Fsb) vicino all'aeroporto. Ma ce ne sono altri dislocati anche nei comandi distaccati nelle altre province della regione. Ognuno continua a essere concentrato nei suoi compiti, nonostante la lontananza dalle famiglie che si fa sentire soprattutto in questo periodo con il natale alle porte. Quel giorno a camp Arena - sede del Regional command West (Rc-W) di Isaf, dove è di stanza il contingente italiano (su base brigata alpini Julia) e il cui comando è affidato al generale Paolo Serra, ci sarà la funzione religiosa, celebrata da don Giuseppe Ganciu, chiamato da tutti "don Peppino", e poi un cenone.
Il lavoro, comunque non si fermerà, ma proseguirà con i soliti ritmi. Nulla cambierà, a parte un menù ad hoc e le linee telefoniche intasate a causa degli auguri. Dai cuochi della mensa alle unità di manovra, agli operatori delle forze speciali; tutti rimarranno concentrati sui loro compiti, convinti che quello a Herat sarà un Natale speciale, in quanto la missione aiuterà la popolazione locale. Ad accompagnarli e sostenerli, oltre a vari alberi e decorazioni natalizie, ci sarà anche numerosi presepi (i cui progetti dovranno essere approvati preventivamente da don Peppin), tra cui uno fatto di cartone. Le statuine, invece, sono di carta fotografica plastificata. Dalla Natività ai pastori, alle pecore, ai cammelli. Non manca nulla.
"Festeggeremo il Natale con una grigliata, ma se ci sarà da lavorare lo faremo senza alcun problema e con lo spirito di sempre", hanno raccontato al TEMPO Renato e Mauro, membri della Task Force 45, l'unità di forze speciali italiana su base 9° reggimento "Col Moschin" e di cui fanno parte elementi di tutte le forze armate, dislocata in Afghanistan. Il primo è un operatore del Gruppo operativo incursori (Goi) del Comsubin della Marina. Il secondo, invece, appartiene al 17 esimo stormo incursori. Si tratta della neonata (2003) unità di forze speciali dell'Aeronautica. "Siamo persone normali, nonostante ciò che si possa pensare - hanno proseguito Renato e Mauro -. Abbiamo famiglie con mogli e figli, con gli annessi e connessi che ne derivano. Per dialogare con loro usiamo ciò che abbiamo a disposizione. Io, per esempio chatto con mia moglie quando ho del tempo (molto poco, ndr.) a disposizione. Anche perché, grazie alla webcam ci sentiamo meno lontani potendo vederci reciprocamente. Sono molto orgogliosi di noi - spiegano i due incursori -, anche se capiamo perfettamente che è dura per loro. Noi, allo stesso tempo, siamo molto orgogliosi di loro e li ringraziamo. Tra noi ci sono legami indissolubili, tanto che quando rientriamo a casa si verificano momenti molto intensi".
In Italia, comunque, le famiglie degli operatori impegnati all'estero possono contare su un'organizzazione che assiste loro e sul sostegno di amici e colleghi rimasti "a casa". "Senza il supporto dei nostri cari non potremmo svolgere il nostro lavoro", hanno aggiunto Renato e Mauro. Soprattutto perché gli incursori sono lontani da casa per molto tempo. Per fare un esempio, nel 2006 erano impegnati contemporaneamente in tre teatri operativi principali: l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano. Peraltro, anche se le storie sono molto diverse, i nostri incursori riescono a essere vicini l'un l'altro sia in patria sia in Area di operazione. "Io sono nato in un luogo di mare, mi sono arruolato in Marina e poi ho scelto di entrare nell'elite del corpo, il Goi del Comsubin", ha detto Renato. "Io, invece, provengo dal reparto paracadutisti dell'Aeronautica militare e sono entrato nel 17 esimo stormo incursori perché ambivo a far parte della componente operativa della forza armata 'land oriented'". Il risultato, comunque, per entrambi è lo stesso. "Svolgo un lavoro che mi piace fare e che comprende molti dei miei hobbies".
Tutti sono determinati a portare a termine la missione, nonostante i sacrifici cui sono sottoposti. Lo capisci da quando parli con loro. Nominando, infatti, le parole "Natale e famiglia", a parte un istante di non celata malinconia, tutti rispondono col sorriso e con sguardi fieri. Lo conferma anche il contrammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, comandante del Comsubin, che in questi giorni si trova a Herat in visita ai suoi "ragazzi". "Li ho trovati sereni, motivati e pronti", sono state le sue parole. Anche per i militari "convenzionali" è lo stesso. Negli ultimi giorni è aumentato il traffico di sms da e verso l'Italia e a "Piazza Italia" è facile imbattersi in discorsi sui regali per i parenti a casa, acquistati rigorosamente al mercato della domenica, o sui menù che verranno serviti nelle case del nostro Paese il 25 dicembre. Ciò vale anche per gli altri contingenti presenti a camp Arena: quello spagnolo, quello lituano, quello albanese e quello sloveno, quello croato e quello ungherese.
"Passeremo il Natale lavorando - ha spiegato al TEMPO il capitano Antonio Bernardo, portavoce del nostro contingente a Herat -. Ma non per questo la festa sarà meno sentita. Sarà un'occasione per stare tutti quanti insieme, ricordando però che siamo qui con uno scopo ben preciso: aiutare la popolazione afghana". Per quanto riguarda gli alberi, all'esterno non ce ne saranno per motivi di sicurezza. Infatti, le luci renderebbero la struttura troppo visibile. All'interno delle strutture abitative e degli uffici, invece, è tutta un'altra storia. C'è chi lo ha adornato con stelle argentate di carta stagnola e chi ha optato per uno stile minimalista, mentre a mensa e al comando ce sono due tradizionali.
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