domenica 7 dicembre 2008

DOBBIAMO ESSERE FIERI DEI NOSTRI SOLDATI (click).

Un ponte italiano nel cuore di un'area talebana
Pubblicato da Lorenzo Bianchi Sab, 06/12/2008 - 18:34

Dal 5 al 7 agosto, per tre interminabili giorni i talebani tentarono inutilmente di spazzare via i novanta fucilieri della Brigata aeromobile Friuli asserragliati nella “base remota” di Bala Murghab, 250 chilometri a nord di Herat.

Il caporalmaggiore Pasquale Campopiano, 27 anni, di Caserta, descrive la battaglia con poche, scarne, parole: “Ci tiravano razzi rpg da tutte le parti. Non dimenticherò mai le fiammate delle esplosioni all’interno del fortino, dal quale la mia compagnia, la terza del 66° reggimento “Trieste”, rispondeva al fuoco”. Fu la brigata aeromobile Friuli a creare nell’ex cotonificio, il 4 agosto, la “Fob”, acronimo inglese per base avanzata. Fino a quel momento Bala Murghab era saldamente in mano integralista. Nella stessa località il primo dicembre il generale Paolo Serra, comandante della brigata alpina “Julia” e il ministro afgano per le opere pubbliche Alì Safari hanno inaugurato un ponte lungo 45 metri sul fiume Murghab. Solo tre giorni prima, il 28 novembre, trecento miliziani avevano attaccato un convoglio del 207° corpo d’armata dell’Ana, l’esercito nazionale afgano. Per risolvere la situazione erano intervenuti alcuni F 16 (a Kandahar sono schierati velivoli, statunitensi e olandesi), che avevano distrutto i mezzi finiti nelle mani degli “insorgenti”. I morti delle forze armate di Kabul erano stati tredici. I soldati afgani feriti furono soccorsi dagli italiani e ricoverati all’ospedale militare di Herat.Tre giorni dopo il taglio del nastro. Safari ha ringraziato: “Il manufatto porterà grandi benefici alla popolazione”. Il ponte è un pezzo importante della Ring Road, la grande strada che dovrebbe collegare tutte le città più popolate del Paese fieramente osteggiata dai talebani. Non a caso all’inaugurazione hanno partecipato anche il generale statunitense David McKiernan, comandante di Isaf, il contingente della Nato in Afganistan, e il capo di stato maggiore di Kabul Bismullah Khan.

Come è stato possibile il miracolo italiano? Il portavoce del contingente, il capitano Antonio Bernardo, rivela una realtà semplice solo in apparenza: “Sono state le autorità politiche e gli elders, gli anziani, locali a chiedere il ponte. I materiali sono stati portati a Bala Murghab da afgani”. L’ufficiale descrive tre fasi: “A metà ottobre i genieri del II reggimento della Julia, inquadrati nel comando regionale di Kabul, hanno raccolto i materali e li hanno sistemati nei container. Il secondo passo è stato la consegna a contractor locali che li hanno trasportati a Bala Murghab con un viaggio di seicento chilometri. Nel terzo stadio i genieri del Comando Regionale Ovest, quello a guida italiana, lo hanno montato”. I pezzi sono stati collocati su due piloni di calcestruzzo armato. “Prima – spiega Berardo – potevano passare solo veicoli leggeri. Ora il ponte è collaudato per mezzi che pesano fino a sessanta tonnellate, ossia grossi camion. Così è possibile non attraversare il sud. Sono circa 250 chilometri in meno”.

E si corrono meno rischi. La Ring Road nel suo braccio meridionale passa per Kandahar, che fu ed è tornata ad essere una roccaforte talebana. Il ponte è presidiato? Berardo spiega la politica della “faccia afgana” adottata dal corpo di spedizione tricolore: “Ci sono pattuglie dell’Ana, l’esercito afgano, che controllano la zona supportate da forze della coalizione (ndr. italiani, spagnoli e americani). Nel fortino di A Bala Murghab sono schierati, su base del battaglione Tolmezzo, gli alpini dell’Ottavo reggimento comandato dal tenente colonnello Paolo Radizza”. Il confine con il Turkmenistan è vicinissimo. E anche il flusso della droga diretto verso l’Asia centrale. La presenza di forze della coalizione è un pugno nell’occhio. La task force “Grifo” della guardia di finanza italiana sta addestrando la polizia di frontiera afgana che dovrà sorvegliare la linea di demarcazione.

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