lunedì 11 maggio 2009

Raina e i suoi tappeti, passaporto per la libertà (click)

Herat Ha gli occhi neri, la bocca piccola e le mani veloci, Raina, 27 anni dei quali quattro trascorsi nel carcere di Herat. Deve scontare una pena di dieci anni per aver tentato di uccidere, con la complicità della sorella, il marito che abusava di entrambe. Il velo color amaranto le copre il capo mentre lavora al telaio con un'altra compagna.
Seduta a terra con le gambe incrociate e i piedi nudi, in silenzio, senza un movimento stonato che possa interrompere il viavai dei fili da imbastire.
Solo quando gli uomini si allontanano dal laboratorio, prende coraggio e si volta, incuriosita da questa visita inaspettata. «Chi siete?», chiede in un inglese stentato e non si tira indietro quando scopre che la sua storia finirà su un giornale. Sorride quando le diciamo che siamo italiani e, mettendosi una mano sul cuore, ci fa un inchino.
«Devo scontare dieci anni - spiega parlando sottovoce, senza mai interrompere il lavoro -, ma non sono pentita per quello che ho fatto. Mio marito ci trattava come delle bestie, non voglio più vederlo. Qui sto bene e forse potrò uscire prima del previsto».
Lavorare paga nel carcere di Herat, come un indulto che arriva in base alle tue capacità, come spiega Raina: «Dopo quattro anni passati a fare tappeti, sono diventata una "teacher". Questa qualifica mi serve per uscire prima da qui dentro e forse tra un anno sarò libera».
Diventare la responsabile di un laboratorio è una posizione ambita, che anche dentro il carcere permette piccoli privilegi, come una mezz'ora di aria in più o maggior tempo da trascorrere con in figli. «Ho avuto fortuna - spiega la donna dal volto di bambina -, la mia teacher è stata trasferita e io ho preso il suo posto. Sono brava, chiedilo al direttore, i nostri tappeti sono i migliori».
La speranza di rifarsi una vita rende i suoi occhi ancora più luminosi e le mani ancora più veloci, come se i movimenti rapidi imprimessero un'accelerazione anche al tempo che dentro queste quattro mura sembra non passare mai. «Ho voglia di uscire - prosegue -, di camminare per strada, di incontrare nuovi amici. La prima cosa che farò è cercare mia sorella, da quel giorno non l'ho più rivista, non so che fine abbia fatto. Poi voglio aprire un negozio di tappeti sulla strada principale di Herat».
Quando le guardie tornano indietro per vedere che sta succedendo, Raina si ammutolisce, davanti agli uomini non è conveniente parlare. China il capo e si volta a guardare la sua tela: quei fili che crescono sono il suo biglietto per la libertà.

7 commenti:

Luchy ha detto...

Pakistan, l'esodo biblico dei profughi
Un milione in fuga dai talebani
13:12 ESTERI Battaglia nella valle di Swat contro i gruppi talebani: migliaia in fuga verso i campi profughi. Scatta l'allarme umanitario di Lorenzo Cremonesi Le immagini Il video
Audio - «Il rischio è l'effetto boomerang» di L.Cremonesi

Il generale Petraeus: «Minacciata l'esistenza del Paese» Olimpio


Sono 2 articoli sulla Home del Corriere della Sera, penso che sia bene sperare che il milione di Pakystani che stanno scappando, possano ritornare a casa loro senza nessuno di quelli che cercano di togliere loro un futuro di Libertà.
Anche perchè se non fosse così come auspico, rimarrebbe poco da fare per "pulire l'area".

Saluti.

ambra ha detto...

http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_11/pakistan_cremonesi_2de6a944-3def-11de-b135-00144f02aabc.shtml

http://video.corriere.it/

I limk a corredo

Marco De Turris ha detto...

Non voglio essere disfattista, però, da quel che so, ritengo che la guerra in Afghanistan sia perduta. Un mio vicino di casa è un ex capo di Stato Maggiore, che conserva, come è ovvio, conoscenze ed amicizie nell'ambito militare. In una banale conversazione mi ha detto che "nelle alte sfere" si dà la sconfitta per certa: i Talebani controllano sempre più il paese reale, estendendo la propria influenza in ogni modo e ricorrendo alle armi contro le truppe NATO solo in caso di assoluta necessità.
Il sottoscritto non ne sa nulla, però, se ciò che mi ha detto questo personaggio, benissimo informato, risponde al vero, la guerra in Afghanistan è perduta.
In verità, opinioni analoghe le ho rintracciate anche altrove, come sulla rivista geopolitica "Limes".
Sarà vero?

ambra ha detto...

Sarà vero ?
Credi che in questo caso Obama manderebbe altri soldati ?
Chi potrebbe darci una risposta credibile da un po' non si fa vivo.
Anche questa è una grossa preoccupazione.
Ciao Marco, passa ogni tanto da aquaeductus.

Marco De Turris ha detto...

Cara Ambra,
mi fa molto piacere sentirti.
Il problema, da quel che ne so, è che l'Afghanistan è un territorio quanto mai ostile, abitato da popolazioni bellicose. Tutti gli imperi che hanno provato ad occupare questa regione sono stati, prima o poi, sconfitti e costretti ad andarsene:
-India
-Persia
-Cina
-Gengis Khan (subì a Kabul l'unica sua vera sconfitta)
-Inglesi
-URSS

I precedenti sono preoccupanti, per le sorti di questa guerra: nessuna potenza straniera ha mai potuto occupare stabilmente l'Afghanistan. Nessuna.

Un caro saluto a Te ed a tua sorella

Marco

ambra ha detto...

Eì vero, Marco, quello che dici, ma i nostri ragazzi dicono anche che la popolazione è buona e anche stanca di quei predoni talebani...
Che tristezza !

Maria ha detto...

Ho letto le parole di Marco che, purtroppo, ritengo molto attendibili.
Ma il pericolo è il Pakistan dove, non dimentichiamo, ci sono le armi nucleari: se Al Qaida riuscisse ad impossessarsene non oso pensare a cosa succederebbe