
M. P. Gianni
Pubblicato il giorno: 28/04/09
L’orfanotrofio voluto dall’Italia
Shala, dieci anni appena compiuti, da grande vuole fare il dottore. Non ha mai visto sua madre. Ma conosce bene il clima pesante dell’Afganistan, e ha un sogno: diventare una persona importante, in un Paese dove i diritti della donna hanno ancora molta strada da fare. Malgrado la triste condizione del popolo afgano che fatica a risollevarsi, dagli occhi di queste bimbe si legge un messaggio di speranza e di grande rivalsa. Come in quelli di Shala, una delle cento ragazzine dai cinque ai diciott’anni ospitate nell’orfanotrofio “Shahid” di Herat, nella regione ovest, realizzato dal “Provincial Reconstruction Team” (Prt) italiano. È qui che il colonnello Michele Brandonisio ci porta in visita, per mostrare uno dei progetti della preziosa opera di ricostruzione portata avanti dai nostri militari italiani in Afganistan. Soldati che da anni rischiano la vita per aiutare questo popolo a riprendere possesso del proprio territorio. Le bambine ci accolgono gioiose, sono tutte vestite a festa, chi col foulard, chi con una collana speciale. Tutte amano farsi fotografare, le fa sentire importanti. La struttura è accogliente, ampia 470 mq, distribuita su tre piani, con dodici camerette ben ordinate e rifinite ad otto letti, disposti a castello, complete di ogni comfort e con tanti giocattoli. Non manca l’assalto ai dolciumi portati dal colonnello Brandonisio. La struttura mira ad accogliere e formare le donne del domani. Qui si vivono storie davvero incredibili. Come quella di Robbie, istruttrice, 28 anni, senza genitori, che ha conosciuto suo marito, anche lui orfano, in una struttura per i “figli di nessuno”. Oggi è madre di tre maschi e una femmina, che vivono a “Sharid” insieme agli altri bambini. È qui che Robbie lavora, è lei che pensa alla sua famiglia, visto che è vedova da cinque anni: suo marito, è stato ucciso in un’azione militare.
L’orfanotrofio, nel cuore di Herat, è anche una sorta di scuola, qui si studia, si fanno i compiti, si gioca, si guarda la tivù. E ci si innamora. A poca distanza, infatti, c’è la struttura omologa al maschile, e durante i numerosi incontri gioviali, spesso sbocciano anche gli amori.
La struttura è una dei tanti progetti umanitari e di cooperazione realizzati dal Prt italiano. L’unità è costituita da una componente militare dei paracadutisti della Folgore e da un team civile del ministero degli Esteri e della Cooperazione Italiana, che opera nella regione di Herat dal 2005 a sostegno delle istituzioni locali afgane in più campi, tra cui spicca quello della ricostruzione e dello sviluppo.
Il progetto è nato come tutti quelli realizzati dal Prt italiano: su richiesta delle autorità locali, in questo caso il dipartimento per gli affari sociali di Herat. Realizzata in pochi mesi da un’impresa locale, l’orfanotrofio è stato progettato da un ingegnere afgano che lavora per il Prt con la supervisione dei tecnici militari specializzati in cooperazione civile-militare. Una delle priorità è quella di favorire il coinvolgimento delle donne nella società afgana: le scuole realizzate per il ministero dell’Istruzione devono tassativamente avere una sezione femminile e il centro di accoglienza per giovani orfane rientra in questa logica. Per assicurare la continuità del progetto, il Prt italiano coinvolge le autorità competenti affinché non manchino personale e fondi. Ecco perché qui le orfane afgane hanno un futuro, grazie ai militari italiani.
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